Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18218 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18218 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 23363-2007 proposto da:
CAROSI

CARLO

CRSCRL21L23A044K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, V.S.TOMMASO D’AQUINO 108, presso
lo studio dell’avvocato FIDUCCIA FABIO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente nonchè contro

BIONDI CLAUDIO, BIONDI ANNA MARIA, BIONDI GIANLUCA,
BIONDI ELIA, BIONDI EMIDIO, BIONDI LUCIA, BIONDI
AGNESE;
– intimati –

Data pubblicazione: 29/07/2013

avverso la sentenza n. 564/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 06/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;

Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16-1-1999 Lucia Biondi, Emidio Biondi, Agnese Biondi, Elia Biondi
ed Anna Maria Biondi, fratelli di Umberta Biondi, e Claudio Biondi e Gianluca Biondi, figli di Saverio
Biondi, altro fratello di Umberta Biondi, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma

testamento, la loro rispettivamente sorella e zia Umberta Biondi, moglie di Domenico Galli, il quale
era deceduto il 23-1-1997 senza lasciare agli attori un terzo delle somme che all’epoca le
appartenevano, come disposto dall’art. 582 c.c.

Gli attori pertanto chiedevano la condanna di Giuseppina Galli, erede del fratello Domenico Galli,
alla consegna di quanto loro spettante quali eredi della defunta sorella e zia Umberta Biondi.

Costituitosi il contraddittorio la convenuta chiedeva il rigetto della domanda.

Il Tribunale adito con sentenza del 30-11-2002 rigettava la domanda attrice.

Lucia Biondi, Emidio Biondi, Agnese Biondi, Elia Biondi, Anna Maria Biondi, Claudio Biondi e
Gianluca Biondi impugnavano tale sentenza; dopo l’interruzione del processo per il decesso di
Giuseppina Galli, procedutosi alla riassunzione, resisteva al gravame Carlo Carosi, marito ed erede
della Galli.

La Corte di Appello di Roma con sentenza dell’8-2-2007, in riforma della sentenza impugnata, ha
condannato l’appellato al pagamento in favore degli appellanti della somma di euro 13.000,00
oltre interessi dalla domanda.

Per la cassazione di tale sentenza il Carosi ha proposto un ricorso affidato a tre motivi; le parti

intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

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Giuseppina Galli assumendo che il 27-1-1992 era deceduta, senza lasciare figli e senza predisporre

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 784
c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver disatteso l’eccezione dell’esponente di mancata
citazione in giudizio di tutti i coeredi del defunto Domenico Galli indicati nell’atto di notorietà

rileva che il giudice di appello ha ritenuto che il litisconsorzio necessario trova applicazione fino
alla cessazione dello stato di comunione mediante l’attribuzione agli eredi delle singole quote a
loro spettanti, e che nella fattispecie era stata effettuata la divisione dei beni ereditari da parte
degli eredi di Domenico Galli, cosicché i coeredi nel presente giudizio non avevano la qualità di
litisconsorti necessari.

Il ricorrente sostiene che le controparti non avevano mai dedotto nulla in ordine alla cessazione
dello stato di comunione, e che anzi la dichiarazione del teste Cipollone, secondo cui le somme di
denaro ed i titoli erano stati liquidati in favore di tutti i coeredi di Domenico Galli congiuntamente,
provava che l’eredità non era mai stata divisa.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, premesso che il litisconsorzio necessario trova applicazione nei giudizi aventi
ad oggetto la divisione dei beni ereditari fino alla cessazione dello stato di comunione mediante
l’attribuzione ai singoli coeredi delle quote loro spettanti (vedi al riguardo Cass. 21-4-1988 n.
3098), ha affermato che nella specie Giuseppina Galli, sorella del defunto Domenico Galli, non era
stata la sola ad immettersi nel possesso dei beni del fratello defunto, costituiti dalla complessiva
somma di lire 98.327.171 depositata presso il Credito Italiano, oltre agli arredi

della casa

coniugale, beni tra i quali erano compresi quelli appartenuti ad Umberta Biondi, moglie di
Domenico Biondi; ha quindi rilevato che il teste Umberto Cipollone, responsabile dell’ufficio legale
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prodotto fin dal primo grado di giudizio, vedendosi in tema di litisconsorzio necessario; il Carosi

del suddetto istituto di credito, aveva precisato che “la somma ed i titoli sono stati liquidati a mani

della signora Giuseppina Galli ed altri sette coeredi”, e che dalla documentazione bancaria
prodotta era emerso che Domenico Galli, dopo la morte della moglie, aveva estinto tutti i conti
correnti che aveva in comune con la stessa; pertanto il giudice di appello ha concluso che tutti gli

tra loro dei beni del “de cuius” senza iniziare il giudizio di divisione, cosicché essi non avevano la
qualità di litisconsorti necessari, e che nella fattispecie, verificatasi la successione “mortis causa” di
più eredi nel lato passivo del rapporto obbligatorio, si era determinato un frazionamento “pro

quota ” dell’originario debito di Domenico Galli tra i vari aventi causa, con la conseguenza che il
rapporto che ne era derivato non era unico ed inscindibile.

Il convincimento espresso dalla sentenza impugnata è corretto ed immune dai profili di censura
sollevati dal ricorrente, in quanto la ritenuta cessazione della comunione ereditaria tra tutti i
coeredi di Domenico Galli è frutto di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica
motivazione, con la conseguenza in diritto della insussistenza di un litisconsorzio necessario nella
presente controversia, nella quale gli attori nel giudizio di primo grado, quali eredi legittimi di
Umberta Biondi, avevano chiesto la liquidazione della loro quota ereditaria nei confronti di
Giuseppina Galli quale coerede di Domenico Galli (a sua volta erede di Umberta Biondi),
deducendo quindi in giudizio un diritto di credito nei confronti del “de cuius” che ben poteva
essere fatto valere nei confronti di uno soltanto dei suoi eredi in base al principio del pagamento

“pro quota ” dei debiti ereditari di cui agli artt. 752 e 754 c.c. (vedi Cass. 4-6-2010 n. 13644).

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 582 c.c.,
assume che la Corte territoriale, nel valutare equitativamente in euro 4.536,38 il valore del mobilio
compreso nell’asse ereditario di Umberta Biondi, avrebbe dovuto dividere per due detta somma e

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eredi di Domenico Galli, e non solo Giuseppina Galli, avevano in concreto effettuato la divisione

poi calcolare il terzo della metà ai sensi dell’art. 582 c.c.; comunque neanche detto importo era
dovuto, in quanto, come confermato dalle stesse controparti, Domenico Galli aveva consegnato
una pelliccia della defunta alla figlia della sorella.

La censura è fondata.

dell’asse ereditario di Umberta Biondi, lo ha aggiunto all’importo di euro 8.463,62 dovuto a titolo
di quota spettante agli appellanti sul denaro originariamente depositato presso il Credito Italiano,
senza quindi detrarre dalla suddetta somma la quota della metà di spettanza di Domenico Biondi,
e poi calcolare sull’altra metà un terzo ai sensi dell’art. 582 c.c.

Con il terzo motivo il Carosi, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,
assume che il giudice di appello non ha considerato la mancanza di una prova certa del fatto che
l’importo dei conti correnti alla morte di Umberta Biondi fosse quello indicato dalle controparti;
invero il teste Cipollone aveva dichiarato che le somme versate agli eredi di Domenico Galli erano
quelle depositate su conti correnti tutti aperti successivamente alla morte di Umberta Biondi.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha rilevato dalla documentazione bancaria prodotta l’entità del conto
corrente e del deposito titoli intestati ad Umberta Biondi e Domenico Galli alla data del decesso di
Umberta Biondi, indicando quindi esaustivamente le fonti del proprio convincimento in ordine alla
determinazione di tale parte dell’asse ereditario; il fatto poi che le somme versate agli eredi di
Domenico Galli siano state prelevate dai conti correnti che quest’ultimo aveva aperto
successivamente alla morte della moglie è irrilevante nel presente giudizio, il cui oggetto riguarda
la liquidazione della quota ereditaria spettante ai Biondi quali eredi legittimi di Umberta Biondi.

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Il giudice di appello, dopo aver valutato in euro 4.536,38 ai valori attuali il mobilio facente parte

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa
deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della
Corte di Appello di Roma.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra
sezione della Corte di Appello di Roma.

Così deciso in Roma il 4-6-2013

Il Consigliere estensore

La Corte

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