Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18218 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 16/09/2016), n.18218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25835/12 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 71/30/12 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata il 18 luglio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

giugno 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. dello Stato Pietro Garofoli, per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 71/30/12 depositata il 18 luglio 2012 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, accolto l’appello principale di C.A., respinto quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, in parziale riforma della decisione n. 118/06/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, accoglieva in toto il ricorso promosso dal contribuente contro il “diniego di rimborso n. 2786/2010 IRPEF 2006 2007” opposto dall’Ufficio alla richiesta di restituzione di Euro 26.232,08. Una istanza di rimborso che il C. avanzava sia a causa della “erronea liquidazione operata dal Fondo Pensione, in quanto l’importo tassato (Euro 85.950,47) aveva ricompreso sia la parte dei contributi versati dal lavoratore al fondo stesso in misura non eccedente il 4% della retribuzione annua (Euro 23.375,10) che la quota relativa ai rendimenti finanziari del capitale accumulato (Euro 12.286,06) asseritamente già assoggettati ad imposta sostitutiva” e sia a causa “dell’aliquota applicata dal Fondo Pensione per la tassazione della rendita, pari al 30,52%, ritenendo corretta invece l’aliquota del 23%”.

In breve sintesi la CTR riteneva di dover confermare la prima decisione “nella parte in cui la CTP aveva accolto il ricorso del contribuente teso a vedersi riconoscere l’esenzione da tassazione di quota parte della somma capitale erogata dal Fondo Pensioni nel limite del 4%” accertando che in effetti era stata dimostrata la condizione del diretto versamento dei contributi da parte del lavoratore stabilita dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, comma 2, applicabile ratione temporis affinchè “le somme risultanti dalla capitalizzazione della pensione fossero assoggettabili alla tassazione separata al netto dei contributi a carico del lavoratore”. In secondo luogo la CTR riteneva di dover invece riformare la ridetta prima decisione – nella parte in cui la CTP aveva ritenuto che non poteva essere applicato retroattivamente il D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 11, comma 6, che prevedeva che le forme di pensione complementari erogate in forma di rendita fossero “imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta” – reputando in realtà provato “che i rendimenti del Fondo non erano avvenuti entro il 31 dicembre 2000, ma maturati successivamente”. Infine la CTR “in merito all’appello incidentale” – oltre a statuire che l’Ufficio aveva “tra l’altro proposto, senza dimostrarlo la decadenza dal diritto al rimborso a mente del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38” – riteneva che “ricorresse il caso previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”.

Contro la sentenza della CTR l’Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

L’intimato contribuente non si costituiva.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”, l’Ufficio censurava la CTR perchè, con riferimento ai motivi d’appello relativi alla decadenza del contribuente dal diritto al rimborso D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 38, all’omessa pronuncia sull’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente per difetto di motivazione sull’istanza di rimborso, all’omessa pronuncia sulla acquiescenza prestata dal contribuente in ordine all’aliquota da applicare sul capitale, si era solamente limitata erroneamente e “laconicamente” ad affermare che i detti motivi d’appello “non meritavano di essere accolti giusta la previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”, erroneamente in quanto che le censure riguardanti l’omessa pronuncia della CTP circa l’eccezione di “l’inammissibilità ovvero infondatezza del ricorso per difetto di motivazione nell’istanza di rimborso e l’omessa pronuncia sull’acquiescenza prestata dal contribuente in ordine all’aliquota da applicare”, erano da ritenersi senz’altro ammissibili atteso che “riproponevano eccezioni sollevate in primo grado”, laddove inoltre quella di decadenza del contribuente da diritto al rimborso costituiva eccezione “in senso lato” non preclusa in appello.

1.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui l’Ufficio si limita a censurare il rigetto dell’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, sollevata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 unicamente sotto il profilo dell’inapplicabilità della preclusione di cui al cit. D.Lgs. n. 546, art. 57. E questo perchè, come rammentato in narrativa del presente, la CTR aveva altresì fondato il rigetto sull’ulteriore autonoma non denunciata ratio decidendi secondo cui l’Ufficio aveva “tra l’altro proposto, senza dimostrarlo la decadenza dal diritto al rimborso a mente del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38”, con il conseguente passaggio in giudicato della decisione sullo specifico punto (Cass. sez. 3, n. 5832 del 2007; Cass. sez. 3, n. 14740 del 2005).

1.2. in disparte che la censurata applicazione del cit. D.Lgs. n. 546, art. 57, costituisce più propriamente una violazione di legge processuale denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo sotto questo profilo deve però ritenersi fondato perchè in effetti risulta che l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo del contribuente e l’eccezione di “acquiescenza” dello stesso all’aliquota applicata, erano state formulate davanti alla CTP e non per la prima volta con l’appello incidentale.

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, l’Ufficio censurava l’impugnata sentenza perchè “carente” di motivazione nella parte in cui “non dava conto di quando i pretesi rendimenti fossero maturati e inoltre perchè, nel richiamare gli “atti ufficiali” (neppure indicando quali fossero), affermava che da questi si deduceva che “gli oneri contributivi” (e non i “rendimenti finanziari”) erano a carico del lavoratore e pertanto non dovevano subire una doppia tassazione”.

Il motivo è fondato perchè la CTR si è in effetti soltanto limitata in modo del tutto apodittico semplicemente a dire che il C. aveva “provato inoltre che i rendimenti del Fondo non erano avvenuti entro il 31 dicembre 2000, ma maturati successivamente”, ciò anche alla luce della contraria documentazione evidenziata dall’Ufficio, come per es. la risposta del Fondo alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Amministrazione, documentazione che in adempimento al principio dell’autosufficienza l’Ufficio ha provveduto a trascrivere nelle sue parti essenziali (Cass. sez. 3 n. 5055 del 2012; Cass. sez. lav. n. 21215 del 2010).

3. Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione o falsa dell’art. 2697 c.c.”, l’Ufficio censurava l’identica statuizione sub 2 deducendo che il contribuente non aveva dimostrato che i rendimenti finanziari “costituissero effettivamente l’importo dell’investimento del capitale accantonato sul mercato finanziario e fossero già stati sottoposti a tassazione”, con conseguente violazione delle regole di riparto dell’onere della prova.

Il motivo, più che assorbito, deve essere giudicato infondato atteso che la CTR non ha addossato l’onere della prova all’Ufficio, non ha cioè fatto discendere la soccombenza dell’Ufficio dalla lamentata mancata dimostrazione dei rendimenti finanziari in parola, bensì ha giudicato provato che gli stessi “non erano avvenuti entro il 31 dicembre 2000, ma maturati successivamente”.

4. Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: omessa od insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo (non risultano indagati in punto di fatto i presupposti della deducibilità dal capitale erogato degli importi corrispondenti al contributo del lavoratore nel limite del 4%: il giudice richiama le condizioni stabilite dalla legge, senza verificarne la sussistenza)”, l’Ufficio lamentava appunto che la CTR “non avesse minimamente spiegato se il signor C. avesse contribuito alla costituzione del capitale poi erogatogli dal fondo pensione”.

Il motivo è fondato perchè la CTR si è in effetti soltanto limitata In modo del tutto apodittico semplicemente a dire che “risultava soddisfatta la condizione” del versamento diretto dei contributi da parte del lavoratore cui il cit. D.P.R. n. 917, art. 17, comma 2, subordinava l’abbattimento dell’imponibile, ciò ancora alla luce della contraria documentazione evidenziata dall’Ufficio, cioè di nuovo la risposta del Fondo alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Amministrazione, che in adempimento al principio dell’autosufficienza l’Ufficio ha provveduto a trascrivere nelle sue parti essenziali.

5. Con il quinto motivo di ricorso rubricato “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 6, nel testo vigente sino all’entrata in vigore del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 e dell’art. 2697 c.c., l’Ufficio censurava l’identica statuizione sub 4 deducendo che dal C. “non era stata fornita alcuna prova della effettiva contribuzione alla costituzione del capitale maturato nel fondo pensione”, con conseguente violazione delle regole di riparto dell’onere della prova.

Anche in questo caso il motivo, più che assorbito, deve essere giudicato infondato atteso che la CTR non ha addossato l’onere della prova all’Ufficio, non ha cioè fatto discendere la soccombenza dell’Ufficio dalla lamentata mancata dimostrazione del versamento diretto dei contributi da parte del C., bensì ha giudicato provato che i ridetti contributi erano stati pagati dal lavoratore.

6. Alla cassazione della sentenza deve quindi seguire il giudizio di rinvio per l’accertamento dei fatti indispensabili.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto che in altra composizione dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi e regolare altresì le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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