Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18216 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 16/09/2016), n.18216

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25579/12 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 69/30/12 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata il 18 luglio 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

giugno 2016 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. dello Stato Pietro Garofoli, per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 69/30/12 depositata il 18 luglio 2012 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, accolto l’appello principale di A.D., respinto quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, in parziale riforma della decisione n. 122/06/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, accoglieva in toto il ricorso promosso dal contribuente contro il “diniego di rimborso n. 13988/2010 IRPEF 2006” opposto dall’Ufficio alla richiesta di restituzione di Euro 5.141,86. Una istanza di rimborso che l’ A. avanzava sia a causa della “erronea liquidazione operata dal Fondo Pensione, in quanto l’importo tassato (Euro 52.371,56) aveva ricompreso sia la parte dei contributi versati dal lavoratore al fondo stesso in misura non eccedente il 4% della retribuzione annua (Euro 6.719,72) che la quota relativa ai rendimenti finanziari del capitale accumulato (Euro 7.643,55) asseritamente già assoggettati ad imposta sostitutiva” e sia a causa “dell’aliquota applicata dal Fondo Pensione per la tassazione della rendita, pari al 26,51%, ritenendo corretta invece l’aliquota del 23%”.

In breve sintesi la CTR riteneva di dover confermare la prima decisione “nella parte in cui la CTP aveva accolto il ricorso del contribuente teso a vedersi riconoscere l’esenzione da tassazione di quota parte della somma capitale erogata dal Fondo Pensioni nel limite del 4%” accertando che in effetti era stata dimostrata la condizione del diretto versamento dei contributi da parte del lavoratore stabilita dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, comma 2, applicabile ratione temporis affinchè “le somme risultanti dalla capitalizzazione della pensione fossero assoggettabili alla tassazione separata al netto dei contributi a carico del lavoratore”. In secondo luogo la CTR riteneva di dover invece riformare la ridetta prima decisione – nella parte in cui la CTP aveva ritenuto che non poteva essere applicato retroattivamente il D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 11, comma 6, che prevedeva che le forme di pensione complementari erogate in forma di rendita fossero “imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta” – reputando in realtà provato “che i rendimenti del Fondo non erano avvenuti entro il 31 dicembre 2000, ma maturati successivamente”. Infine la CTR “in merito all’appello incidentale” – oltre a statuire che l’Ufficio aveva “tra l’altro proposto, senza dimostrarlo la decadenza dal diritto al rimborso a mente del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38” – riteneva che “ricorresse il caso previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”.

Contro la sentenza della CTR l’Ufficio proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’intimato contribuente non si costituiva.

Diritto

1. Con il primo complesso motivo di ricorso rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, l’Ufficio esponeva dapprima come “la sentenza impugnata avesse richiamato erroneamente il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e comunque non avesse indicato le ragioni per cui aveva ritenuto di dover disattendere alcune eccezioni”, limitandosi invece la CTR ad affermare “laconicamente” soltanto che le stesse “non meritavano di essere accolte giusta la previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”, mentre al contrario secondo l’Ufficio le censure contenute nell’atto d’appello incidentale riguardanti l’omessa pronuncia della CTP circa l’eccezione di “l’inammissibilità del ricorso per difetto di motivazione nell’istanza di rimborso e l’omessa pronuncia sull’acquiescenza prestata dal contribuente in ordine all’aliquota da applicare”, erano da ritenersi senz’altro ammissibili “perchè riproponevano motivi di rigetto del ricorso non affrontati dal giudice di prime cure”, laddove inoltre quella di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso costituiva eccezione “in senso lato” non preclusa in appello.

1.1. Il motivo è inammissibile sotto il profilo del denunciato difetto di motivazione, atteso che in realtà l’Ufficio non contesta alla CTR di aver accertato l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo e controverso con una spiegazione insufficiente o contraddittoria, bensì che la CTR abbia senza alcuna idonea spiegazione giuridica statuito che alle “eccezioni” andava applicata la preclusione di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57. E’ in effetti noto come la insufficiente o incongrua motivazione giuridica sia irrilevante, tanto è vero che in caso la decisione sia conforme a diritto, la detta insufficiente o errata giustificazione giuridica deve essere semplicemente integrata o corretta dalla Corte ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, perchè in effetti la ridetta insufficiente o errata motivazione giuridica rileva esclusivamente se si traduce in un error in iudicando censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. sez. trib. n. 5123 del 2012; Cass. sez. lav. n. 16640 del 2005).

1.2. Il motivo è poi inammissibile nella parte in cui l’Ufficio si limita a censurare il rigetto dell’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso sollevata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, unicamente sotto il profilo dell’inapplicabilità della preclusione di cui al cit. D.Lgs. n. 546, art. 57. E questo perchè, come rammentato in narrativa del presente, la CTR aveva altresì fondato il rigetto sull’ulteriore autonoma non denunciata ratio decidendi secondo cui l’Ufficio aveva “tra l’altro proposto, senza dimostrarlo la decadenza dal diritto al rimborso a mente del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38”, con il conseguente passaggio in giudicato della decisione sullo specifico punto (Cass. sez. 3 n. 5832 del 2007; Cass. sez. 3 n. 14740 del 2005).

1.3. In disparte che la censurata applicazione del cit. D.Lgs. n. 546, art. 57, costituisce più propriamente una violazione di legge processuale denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo sotto questo profilo deve però ritenersi fondato perchè in effetti risulta che l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo del contribuente e l’eccezione di “acquiescenza” dello stesso all’aliquota applicata, erano state formulate davanti alla CTP e non per la prima volta con l’appello incidentale.

2. Con il secondo complesso motivo di ricorso rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, l’Ufficio censurava l’impugnata sentenza perchè “carente di motivazione nella parte in cui non si curava di spiegare le ragioni della deducibilità dal capitale erogato degli importi corrispondenti ai rendimenti finanziari”, soltanto affermandosi da parte della CTR “che erano maturati ante 31.12.2000, senza chiarire se si trattava effettivamente di rendimenti finanziari (c.d. rendimento netto) oppure di importi di natura diversa (c.d. sorte capitale)”.

2.1. Deve essere lasciata in disparte la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., in effetti nemmeno trattata nell’illustrazione del motivo.

2.2. Il motivo è invece fondato nella parte in cui l’Ufficio lamenta come la CTR sia incorsa nel denunciato vizio motivazionale, questo perchè la ridetta CTR si è in effetti soltanto limitata in modo del tutto apodittico semplicemente a dire che l’ A. aveva “provato inoltre che i rendimenti del Fondo non erano avvenuti entro il 31 dicembre 2000, ma maturati successivamente”, ciò anche alla luce della contraria documentazione evidenziata dall’Ufficio, come per es. la risposta del Fondo alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Amministrazione, che in adempimento al principio dell’autosufficienza l’Ufficio ha provveduto a trascrivere nelle sue parti essenziali (Cass. sez. 3 n. 5055 del 2012; Cass. sez. lav. n. 21215 del 2010).

3. Con il terzo complesso motivo di ricorso rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 6, nel testo vigente sino all’entrata in vigore del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, l’Ufficio lamentava come “la sentenza impugnata fosse infine carente di motivazione nella parte in cui non spiegava le ragioni della deducibilità dal capitale erogato degli Importi corrispondenti al contributo del lavoratore del 4%: il giudice aveva richiamato genericamente le condizioni stabilite dalla legge, senza dimostrarne la sussistenza.

3.1. Anche in questo caso deve essere lasciata in disparte la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., in effetti nemmeno trattata nell’illustrazione del motivo.

3.2. Anche in questo caso il motivo è invece fondato nella parte in cui l’Ufficio lamenta come la CTR sia incorsa nel denunciato vizio motivazionale, questo perchè la ridetta CTR si è in effetti soltanto limitata in modo del tutto apodittico semplicemente a dire che “risultava soddisfatta la condizione” del versamento diretto dei contributi da parte del lavoratore cui cit. D.P.R. n. 917, art. 17, comma 2, subordinava l’abbattimento dell’imponibile, ciò ancora alla luce della contraria documentazione evidenziata dall’Ufficio, cioè di nuovo la risposta del Fondo alla richiesta di chiarimenti formulata dall’Amministrazione, che in adempimento al principio dell’autosufficienza l’Ufficio ha provveduto a trascrivere nelle sue parti essenziali.

4. Alla cassazione della sentenza deve quindi seguire il giudizio di rinvio per l’accertamento dei fatti indispensabili.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto che in altra composizione dovrà decidere la controversia uniformandosi ai superiori principi e regolare altresì le spese di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2016

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