Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18215 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18215 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 22812-2007 proposto da:
RADANO DOMENICO C.F.RDNDNC20P21G887M, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VIGLIENA 2, presso lo studio
dell’avvocato FALCONI AMORELLI ALESSANDRO,
rappresentato e difeso dagli avvocati PESCA DONATO,
CARMINE GIANNATTASIO;
– ricorrente

2013

contro

1556

COM CASAL VELINO IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE
P.T.;
– intimato –

Data pubblicazione: 29/07/2013

avverso la sentenza n. -Er4w512006 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 06/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/05/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;

Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo
_
Radano Domenico e Lisi Palma, con atto di citazione dell’ 11 maggio 1998,
esponevano di aver posseduto pubblicamente e pacificamente due fondi
rustici di Casalvalino, località Verduzio , che i predetti fondi erano attraversati
da una strada vicinale che delimitava la particella 65 e parte della particella

..

77, che avevano iniziato a possedere (ognuno per quanto di ragione) i predetti
fondi sin dalla seconda metà degli anni sessanta (allorché avevano acquistato
altri due fondi limitrofi sui quali erano sorte le rispettive abitazioni),
provvedendo a ripulire i fondi dai cespugli e dai roveti che in precedenza vi
dimoravano; che nel corso degli anni avevano regolarmente coltivato i fondi
destinandoli in parte a vigneto in parte ad uliveto ed in parte ad ortaggi e
piante da frutto, avvalendosi della collaborazione dei familiari e di personale

.

.

competente regolarmente retribuito. Deducevano ancora gli esponenti che
erano venuti a conoscenza che i detti fondi risultavano catastalmente intestati
al Comune di Casalvelino e che, per parte del Consorzio di Bonifica Velia, era
in corso la procedura di occupazione di urgenza, il quale tra l’altro, aveva
provveduto anche a determinare l’indennità di occupazione temporanea
dovuta al Comune.
Pertanto, ciò premesso, chiedevano che venisse accertato il loro diritto di
propneta e per l’effetto dichiarare Palma Lisi e Radano Domenico proprietari,
ciascuno rispettivamente per la parte di fondo posseduto per avvenuta
usucapione dei fondi rustici come sopra indicati..

..

Il C omune non si costituiva.
All’udienza del 12 luglio 2000 Lisi Palma iiiiunciava alla sua domanda.

_

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.

Il Tribunale di Valle della Lucania con sentenza n. 247 del 2004 prendeva
1

atto della rinuncia di Lisi Palma, rigettava la domanda di Radano.
_
Avverso tale sentenza proponeva appello Radano Domenico, chiedendo la
riforma della sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania e l’accoglimento
della domanda avanzata con atto di citazione.

Il Comune non si costituiva in giudizio.

La Corte di Appello di Salerno con sentenza n. 465 del 2006 rigettava
l’appello, integrando la motivazione della sentenza impugnata. Secondo la
Corte salernitana, Radano pur affermando di aver usucapito la proprietà del
cespite in contestazione (per altro di proprietà pubblica) non aveva mai,
quantomeno, dedotto di aver posto in essere atti di dominio a dimostrazione
dell’animus possidendi.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Radano Domenico per

.

.

quattro motivi. Il Comune di Casal Velino regolarmente intimato, non ha
svolta attività giudiziale.
Motivi della decisione
1.= Radano Domenico lamenta:
1) Con il primo motivo: a) la violazione di norme di diritto (art. 132 n. 4 cpc.,
e 111 comma 5 cost.), b) l’omessa motivazione circa un fatto controverso e
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specifica il ricorrente i la Corte territoriale ha affermato che

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osserva che il proposto appello va rigettato con conseguente conferma
dell’impugnata sentenza previa integrazione della relativa motivazione, nei
.

termini seguenti”. Epperò, contro tale decisione il Radano aveva proposto

_’

appello evidenziando che il fondo di cui si chiedeva la declaratoria di

usucapione non apparteneva né al demanio del Comune, né al patrimonio
indisponibile dello stesso, bensì al patrimonio disponibile di quell’Ente e
come tale era perfettamente usucapibile. La Corte territoriale, eccepisce
ancora il ricorrente, avrebbe potuto condividere la decisione del giudice di
primo grado, ritenendo a tal fine infondato il motivo che il Radano adduceva
a fondamento dell’appello, ma il Giudice di Appello aveva l’obbligo (nella
specie non assolto) di evidenziare le ragioni per le quali riteneva infondato lo
specifico motivo di appello.
Ciò posto, conclude il ricorrente, si pone il seguente quesito di diritto:
Adempie o meno all’obbligo di motivazione della propria sentenza imposto
dall’art. 132 cpc. e 111 comma 5 Cost. il Giudice di Appello che, nel
richiamarsi alla decisione del primo Giudice e nel confermarla, non tenga in
alcuna considerazione le ragioni addotte dall’appellante proprio avverso
quella decisione ?”.
b) Aggiunge il ncorrente che il punto relativo alla demanialità o meno del

bene di cui si chiedeva la declaratoria di usucapione o alla sua appartenenza al
patrimonio disponibile o indisponibile oltre ad essere controverso, era
assolutamente decisivo in quanto, laddove si fosse accertato in appello che

_

quel belle nun appartenevu al demanio o al patiinioniu indisponibile del
..

Comune, lo stesso era un bene usueapibile e come tale, delle stesso poteva

essere dichiarato proprictmio il radano per maturata usucapione a suo favore.
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c) Comunque ritiene il ricorrente la decisione che sembra essere stata resa sul
punto dalla Corte territoriale è contraria alle disposizioni di cui agli artt.
822,824,826, 1145, 1158 cc. dato che se è vero che il fondo de quo è un fondo
catastalmente intestato ad un ente pubblico ciò non significa che si tratti di un
fondo insuscettibile di acquisto per usucapione.

Il bene di cui si dice non appartiene, secondo il ricorrente, a quei beni che
secondo l’art. 822 possono appartenere al demanio delle provincie o dei
comuni e neppure ai beni indicati dalla norma di cui all’art. 826 cc.
In conclusione, il ricorrente pone a questa Corte i seguenti quesiti di diritto:
a) è sufficiente, ai fini di farli considerare fuori commercio ai sensi e per gli
effetti di cui all’art. 145 cc. e quindi della possibilità di usucapirli che fondi
rustici siano riportai in catasto come di proprietà di un Ente pubblico
territoriale (nella specie del Comune9?. B) allorché non rientri nella categoria
di beni di cui agli artt. 822 e 824 cc. può essere considerato demaniale un
fondo rustico che risulti in catasto appartenente ad un determinato Comune; c
può esser considerato appartenere al patrimonio indisponibile di un Comune
un fondo rustico che non sia effettivamente destinato ad un pubblico servizio
e rispetto al quale non vi sia stata alcuna manifestazione di volontà dell’ente
tito are • e t iritto rea e pu e e ico ai e estmar o a ta e servizio..
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godimento e di disposizione del bene di cui si dice. In particolare, specifica il
ricorrente, sin dall’atto di citazione introduttivo del giudizio aveva affermato
di aver regolarmente coltivato i fondi destinandoli in parte a vigneto (prima) e
ad uliveto (dopo) ed in parte ad ortaggi e piante da frutto

ed aveva

_

contestualmente dedotto di aver posseduto animo domini in maniera

continuata ed ininterrotta da quasi trent’anni. Piuttosto, la

corte salernitana

affermando che il Radano non aveva dedotto di aver posto in essere atti di
dominio idonei a palesare l’animus possidendi, e quindi un proprio possesso
su tali beni , avrebbe violato, sempre secondo il ricorrente, gli artt. 832, 1140
e 1158 cc., travisando il senso: a) dell’art. 832 cc. che nell’indicare in che
cosa abbia a sostanziarsi il diritto di proprietà, afferma che tale diritto si
_
sostanzia nella facoltà di godere e di disporre del bene che è esattamente
quello che il Radano ha affermato di aver compiuto, b) dell’art. 1140 cc. che,
nell’indicare in che cosa si sostanzi il possesso, afferma che esso consiste
nella fattuale manifestazione all’esterno delle innanzi viste facoltà concesse al
proprietario così come aveva fatto il Radano. Pertanto, conclude il ricorrente,
dica questa Ecc.ma Corte se: nell’ambito di un giudizio finalizzato
all’accertamento dell’intervenuta usucapione ultraventennale di un fondo
rustico, la deduzione di averlo ripulito dai rovi e dalle spine che lo
infestavano, di averlo coltivato da oltre trent’anni in maniera continuata ed
ininterrotta destinandolo prima a vigneto e poi ad uliveto, di aver retribuito il
personale chiamato a collaborare con il richiedente nella messa a coltura e
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nella coltivazione del predio costituisce deduzione di aver posto in essere atti

_

di possesso utili a deteiiiiiiiaie la deelaiatolia di usucapione?.

_

3) Con il terzo motivo: la vialazioneA norme di diritto (art 247 cc., art. 116
cpc.) errata

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5

cpc.). Avrebbe errato la Corte territoriale, secondo il ricorrente nell’aver
ritenuto inattendibile la dichiarazione resa da Mondelli Teresa, moglie di
Radano, stante il rapporto di coniugio ed ininfluenti le dichiarazioni rese da
Mondelli Vincenzo e Mondelli Alfredo cognati del Radano e di Mondelli

Luciano figlio di Mondelli Vincenzo, stante il rapporto di affinità con il
Radano dato che alla luce dei vigenti principi in materia di prova testimoniale,
il solo rapporto di parentela o di affinità sia del tutto irrilevante ai fini di poter
ritenere ex se inattendibile e/o ininfluente la dichiarazione testimoniale. Né la
valutazione di inattendibilità e/p ininfluenza delle dichiarazioni testimoniali
può trovare fondamento logico nell’ulteriore affermazione della Corte
territoriale secondo cui i testi avrebbero espresso delle valutazioni anziché
riferire fatti ben precisi. Nel caso in esame a bene vedere, chiarisce il
ricorrente, il termine possesso che secondo la Corte territoriale esprimerebbe

una valutazione del teste, non sarebbe stato utilizzato dai testimoni per
esprimere un inammissibile giudizio o apprezzamento giuridico del fatto, ma
esso stesso è stato utilizzato per specificare ed esprimere in sintesi che il
Radano nell’esercitare le attività indicate si comportava da possessore ovvero
secondo il significato che alo stesso è proprio nel linguaggio comune, come
colui che utilizza e dispone del fondo senza renderne conto a nessun altro.
Pertanto, il ricorrente formula i seguenti quesiti di diritto: a) il rapporto di
parentela o d’affinità fra il teste ed una delle parti in causa può essere o meno
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dal comune linguaggio e resa da un teste in giudizio di aver visto la parte del
processo possedere un fondo costituisce espressione di un giudizio reso da
quel teste o non rappresenta invece un’espressione in forma sintetica di aver
visto compiere a quella parte attività tipiche di chi gode e dispone del suo
fondo?

4) Con il quarto motivo: la contraddittorietà e in ogni caso l’ insufficienza

.

della motivazione (art. 116 cpc. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 cpc.).
Assolutamente illogica e contraddittoria, secondo il ricorrente, risulterebbe la
motivazione resa dal Giudice di appello in ordine al contegno processuale
tenuto da parte appellata, non essendosi il Comune resistente costituitosi in
giudizio e non avendo contestato in alcun modo la domanda formulata dal
ricorrente. Secondo la Corte salernitana

nella condotta del Comune non

possono ravvisarsi gli estremi dell’acquiescenza rispetto alla pretesa del
Radano risultando dagli atti che l’intera particella 77 ha costituito oggetto di
occupazione di urgenza finalizzata all’esproprio da parte del Consorzio Velia
per la bonifica del bacino dell’Alento. Epperò, la Corte non spiegherebbe
secondo il ricorrente, per quale ragione la ritenuta occupazione di urgenza
porterebbe ad escludere gli estremi dell’acquiescenza nella condotta tenuta dal
Comune, considerato che anche l’occupazione di urgenza dell’intera particella
avrebbe dovuto comportare l’interesse del Comune a contrastare la domanda

del- Radano ai fini del riconoscimento dell’indennità di legge conseguenti
all’intervenuta procedura ablatoria. Per altro r occupazione di urgenza sulla
particella 79 per cui e causa non ha inteiessato l’intera particella ma soltanto
una poizione della stessa culi la
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quanto evidente conseguenza che per

la parte non soggctta all’occupazionc —di—urgenza—il—comunc—aveva tutto
1′;nteresse a contrastare- le domanda del Raduno.
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1.1.= Appare opportuno esaminare anzitutto e

congiuntamente il

secondo e il terzo motivo considerata la pregiudizialità rispetto agli altri
motivi e la innegabile connessione che esiste tra gli stessi. Entrambi, questi
motivi sono infondati.
Come ha già evidenziato la Corte territoriale, l’acquisto di un bene per
usucapione presuppone la sussistenza di un corpus, accompagnata dall’animus
possidendi, corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, che si
protragga per il tempo previsto per il maturarsi dell’usucapione. Pertanto, chi
agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene,
affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi
costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l’altro, non solo del
corpus, ma anche dell’animus (Cass. 28 gennaio 2000 n. 975). Ai fini
dell’usucapione è, infatti, necessaria la manifestazione del dominio esclusivo
sulla res da parte dell’interessato attraverso un’ attività apertamente
contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui,
gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta
usucapione del bene, non essendo al riguardo sufficienti, atti, soltanto, di
gestione consentiti dal proprietario o anche atti tollerati dallo stesso titolare
del diritto dominicale. L’arnmus possidendi può, eventualmente, essere
desunto in via presuntiva dal corpus possessionis, se lo svolgimento di attività
corrispon e en e a esercizio e e e in – o e ominica e e gia il per se in. ica ivo
dell’intento, in colui che la compie, di avere la cosa come propria (Cass. 5
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In particolare, il Radano, secondo la Corte di merito, non aveva dimostrato
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che il suo possesso si fosse protratto per vent’anni e, soprattutto, non aveva
dimostrato l’animus possidendi. Come afferma la Corte territoriale, il Radano,
pur affermando di avere usucapito la proprietà del cespite, non aveva
dimostrato

di aver posto atti di dominio,

a dimostrazione dell’animus

possidendi, cioè, in altri termini, Radano, pur affermando di detenere il
cespite dal 1972, non aveva dimostrato di aver compiuto un’attività
apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso
altrui.
2.1.a).= A questa conclusione

la Corte territoriale è pervenuta, avendo

valutato, con apprezzamenti eminentemente di merito sorretti da adeguata
motivazione e quindi insindacabili in questa sede, le risultanze processuali
nonché le prove testimoniali che, in buona sostanza, sono le uniche prove che
il Radano avrebbe offerto per dimostrare che lo stesso aveva posseduto uti
dominus il cespite di cui si dice. Come ha chiarito la Corte salernitana le
prove testimoniali, al di là di ogni altra considerazione (e cioè che la moglie
non fosse attendibile stante il rapporto di coniugio, che gli altri testi Mandelli
Alfredo, Mandelli Vincenzo e Mandelli Luciano, ininfluenti in quanto fratelli
della moglie di Radano i primi due e nipote di Radano il terzo) erano in parte
inattendibili e in parte ininfluenti. La moglie di Radano, per quanto
inattendibile secondo la corte territoriale, tuttavia, non aveva offerto una
prova sicura del possesso mi dominus del marito, dato che si era limitata ad
affermare che il fbndo di cui si dice era stato posseduto a marito d dr data
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tratta ovviamente, come correttamente chiarisce la sentenza impugnata di
opinioni e/o di valutazioni e di generiche affermazioni (io e mio marito ci
siamo sempre occupati) inidonee ad identificare un’attività incompatibile con
il possesso altrui. Per altro, Mandelli Teresa (cioè la moglie del Radano) non
_

ha, neppure, indicato con precisione l’inizio del preteso possesso, facendolo

risalire, genericamente. al 1972 . Epperò, il teste Venuti Mario aveva riferito
che nel 1972 il cespite detenuto dal Radano era invece occupato da tale
Antonio Bestolini (o Bertolini). A sua volta le dichiarazioni degli altri testi,
come chiarisce la Corte territoriale erano ininfluenti non solo perché tra il
Radano e i testi vi era un rapporto di affinità ma, soprattutto, perché sono stati
imprecisi nell’indicare il tempo del possesso da parte del Radano, nonché
generici nell’indicare l’attività corrispondente all’esercizio del diritto di

proprietà atteso che indicavano -come emerge da quanto riportato dallo stesso
ricorrente- “il sig. Radano si occupa della coltivazione dello stesso che è
destinato a frutteto ed uliveto (Mondelli Alfredo) “il terreno in questione era
incolto ed abbandonato e mio cognato ha provveduto a ripulirlo ed a
coltivarlo insieme con la famiglia ed attualmente continua a coltivarlo. Verso
gli anni 70 mio cognato ha iniziato a coltivare questo terreno (Mandelli
Vincenzo). Eppero, come chiarisce la Corte territoriale (commettendo un
errore materiafe nell’indicazione dei soggetti: avendo indicato 13ertolini e non
invece il teste Venuti il quale aveva parlato di BertoTini) k indicazioni
provenienti da questi testi sono in contrasto con le dichiarazioni dell’altro

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si limitavano ad indicare genericamente che il Radano provvedeva a coltivare
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il fondo di per sé insufficiente a manifestare un animus possidendi. La stessa
dichiarazione del nipote Mandelli Luciano nell’indicare la realizzazione di
una baracca non aveva precisato alcuna data relativa alla realizzazione di quel
manufatto.

E, tuttavia va qui chiarito che la coltivazione di un terreno, è in sé attività

corrispondente all’esercizio del diritto dominicale, epperò, dato che la
coltivazione del fondo di per sé non è espressiva, in modo inequivocabile,
dell’intento del coltivatore di possedere per sé è necessario che l’attività
materiale corrispondente al diritto di proprietà (la coltivazione) sia
accompagnata almeno da indizi che consentono di desumere sia pure in via
presuntiva che quell’attività è svolta uti dominus, “indizi”, che, come ha
evidenziato la Corte territoriale nel caso in esame sono mancati.
..

2.= Il rigetto del secondo e terzo motivo assorbe gli altri motivi. D’altra parte,
pur ammesso che il primo motivo relativo alla demanialità del bene di cui si
dice, fosse fondato, l’acquisto per usucapione dello stesso bene da parte del
Radano, non si sarebbe egualmente verificato per le ragioni di cui si è appena
detto, indipendentemente che il bene fosse, o non, demaniale. La demanialità
del bene sarebbe una ragione ulteriore per escludere l’acquisto per usucapione
del bene oggetto del giudizio da parte del Radano. Così come ininfluente sulla
decisione sarebbe Fa vaIntazione del comportamento del Comune ammesso
acquiescenza rispe o a a pre esa ce

ce os esso in egrasse g i es emi • e

Radano, perché l’eventuale acquiescenza del Comune non esimeva il Radano
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delle spese giudiziali atteso che il-Comune-di Casal Velino regolarmente
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intimato non ha svolto attività giudiziale.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così decisivo nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 30 maggio 2013

Il Pre *deikte

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

29 LUG. 2013

Il Consigliere relatore

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