Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1821 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 20/01/2022), n.1821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25438-2020 proposto da:

L.B.G., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DOMENICO CHELINI N. 5, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TORTORELLA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA E FINANZE

(OMISSIS), PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO

DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA (OMISSIS), in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende, ope legis;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 815/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

I soggetti indicati in epigrafe come ricorrenti, quali medici, tutti specializzati, iscritti alle scuole di specializzazione in varie discipline in epoca compresa tra il 1991 ed il 2004 e specializzatisi tra il 1995 ed il 2008, ricorrono, sulla base di due motivi, contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che, confermando la pronuncia in primo grado del Tribunale di Roma, ha respinto le domande da loro proposte nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché del Ministero dell’Economia e delle Finanze, volte ad ottenere la condanna delle amministrazioni convenute al pagamento di somme a titolo risarcitorio per ritardata attuazione delle direttive comunitarie in tema di specializzazioni mediche poiché l’attività di formazione avrebbe dovuto essere oggetto di adeguata remunerazione, nonché al pagamento della rivalutazione monetaria sulla base del tasso programmato di inflazione e rideterminazione triennale in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione collettiva relativa al personale medico dipendente del servizio sanitario nazionale.

Resistono, con mero atto di costituzione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, nonché del Trattato CEE, artt. 5 e 189, delle Dir. n. 75/362/CEE, Dir. n. 75/363 CEE, Dir. n. 82/76 CEE, Dir. n. 93/16 CEE e Dir. n. 5/36/CE, dell’art. 10 Cost., degli artt. 1,10,11 e 12 preleggi, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191), della L. n. 370 del 1999, art. 11, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8, e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5″”.

Lamentano i ricorrenti che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che non sussistesse alcuna responsabilità per la mancata attuazione delle direttive comunitarie, argomentando che il legislatore nazionale aveva già adempiuto al proprio obbligo di trasposizione attraverso il D.Lgs. n. 257 del 1991 – attuativo della direttiva CEE n. 76 del 1982 -, che la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 368 del 1999 ed i relativi decreti attuativi del 2007 erano il risultato di una scelta discrezionale, riservata esclusivamente al legislatore nazionale, e che le direttive successivamente intervenute, tra cui la direttiva CEE n. 16 del 1993, non imponevano alcun altro obbligo di trasposizione.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Analoga questione ha già costituito oggetto di esame da parte di questa Corte (ex aliis, Cass. nn. 6355/2018, 8380/2020, 1677/2021, 19325/2021, 27263/2021, quest’ultima con ampi richiami alla giurisprudenza di legittimità), ai cui principi si intende dare continuità.

Si e’, in particolare, osservato (v. Cass. nn. 6355/2018, n. 1677/2021) che il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto una adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente nell’ordinamento interno, in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la L. 29 dicembre 1990, n. 428 e con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (che ha riconosciuto agli specializzandi una borsa di studio pari ad Euro 11.603,52 annui), e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368.

Quest’ultimo decreto, nel recepire la direttiva CEE n. 93/16 (che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive CEE n. 75/362 e n. 75/363, con le relative successive modificazioni), ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato “contratto di formazione lavoro” e successivamente “contratti formazione specialistica”) da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali.

Tale contratto, secondo l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, né è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost., ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto.

Ai sensi della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 300, gli effetti delle nuove disposizioni, contenute del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 (le quali prevedono sia la stipula del nuovo contratto di formazione, con gli specifici obblighi che ne derivano, sia il corrispondente trattamento economico), sono divenuti applicabili solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007; il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato, quindi, in concreto fissato con i D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007.

Per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici tra il 1991 ed il 2006 si è espressamente disposto che continuasse ad operare la precedente disciplina di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (sia sotto il profilo ordinamentale, che sotto il profilo economico).

1.4. Questa Corte ha quindi ribadito che la Direttiva CEE n. 93/16 non ha d’altra parte carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione.

La previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi è infatti contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre), e i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.

L’importo della predetta borsa di studio e’, dunque, da ritenersi di per sé sufficiente e idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunzie di questa Corte che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza, nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso D.Lgs. n. 257 del 1991 e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che “nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa” (l’indirizzo trova indiretta conferma nella stessa sentenza n. 432 del 23 dicembre 1997 della Corte Costituzionale, che ha escluso l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano disposto la sospensione degli adeguamenti della borsa alla svalutazione monetaria).

1.5. Il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in base alla L. n. 266 del 2005), e il relativo meccanismo di retribuzione, non possono pertanto ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi.

1.6. Il vizio motivazionale non risulta svolto nei sensi previsti dal modello legale, mediante l’esposizione di fatti di cui sia stato omesso l’esame.

2.1. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di Dir. comunitarie, nonché del Trattato CEE, artt. 5 e 189, della Dir. n. 75/362/CEE, Dir. n. 75/363 CEE, Dir. n. 82/76 CEE, Dir. n. 93/16 CEE e Dir. n. 5/36/CE, dell’art. 10 Cost., degli artt. 1,10,11 e 12 preleggi, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8, e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, dall’art. 7, comma 5, prorogato fino al 31 dicembre 2005 per effetto della L. n. 537 del 1993, artt. 3, comma 36, L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, L. n. 488 del 1999, art. 22, e L. n. 289 del 2002, art. 36, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”.

2.2. Anche questo motivo, che pone questioni relative alla spettanza, anche a titolo di risarcimento danni, dell’indicizzazione annuale e della rideterminazione triennale della borsa di studio percepita dagli attori, secondo quanto previsto dalla stessa normativa che la aveva istituita, è manifestamente infondato.

2.3. A partire dalla sentenza di questa Corte n. 4449/2018, evocata nella sentenza impugnata, si è consolidato il principio secondo il quale l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto, né ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, né all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991 art. 6, comma 1 (v. Cass. n. 13572 del 2019, nn. 8378, 8379, 8506, 9191, 17913, 17995 del 2020, nn. 9104, 27263 del 2021).

2.4. Questa Corte ha affermato, con riferimento al trattamento economico dei medici specializzandi e alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, che il diritto alla rivalutazione triennale non è stato congelato soltanto fino al dicembre 1992. Nel corso di ciascuno dei trienni successivi (quello 1994-1996, quello 1996- 1998, quello 1999-2001 e quello 2001-2004) è stato disposto il blocco della rideterminazione triennale. Le numerose disposizioni legislative succedutesi nel tempo (D.L. n. 384 del 1992, convertito nella L. n. 438 del 1992; la L. n. 537 del 1993; la L. n. 549 del 1995; la L. n. 662 del 1996, la L. n. 449 del 1997; la L. n. 488 del 1999 e la L. n. 289 del 2002) danno contezza dell’intento del nostro legislatore di congelare al livello del 1992 l’importo delle singole borse di studio e correlativamente di disporre analoghi blocchi sugli aggregati economici destinati al loro finanziamento, al fine di evitare – nell’attuale contesto storico, caratterizzato da una ormai cronica carenza di risorse finanziarie – la riduzione progressiva del numero dei soggetti ammessi alla frequenza dei corsi, con correlato danno sociale.

2.5. Questa Corte ha già avuto modo di porsi il problema della compatibilità delle normative richiamate, come sopra interpretate, con il dettato costituzionale e con il diritto dell’Unione Europea, pervenendo ad escludere qualsiasi dubbio di incostituzionalità e ad affermare l’inutilità di una remissione degli atti alla Corte di giustizia (cfr. Cass. nn. 31922, 17051 e 15520 del 2018; n. 13572 del 2019, nn. 18106 e 29124 del 2020).

2.6. Quanto alla richiesta, formulata con la memoria illustrativa, ove si ipotizza una possibile questione di compatibilità alle norme comunitarie della L. n. 370 del 1999, art. 11, comma 1, ultima frase – pur riconoscendo, da parte degli stessi ricorrenti, che la questione non riguarda la controversia in esame perché afferisce solo ai medici specializzandi per i quali si sia dedotta l’iscrizione alla scuola di specializzazione in epoca anteriore al 1991 (fol.1 della memoria) -, di procedere al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché questa chiarisca “se da una direttiva che detta una disciplina destinata a durare nel tempo discenda o meno l’obbligo dello Stato membro non solo di non dettare nuove normative in contrasto con la direttiva recepita, ma anche di preservare, ai fini dell’attuazione del diritto dell’unione, gli effetti sostanziali, e non solo formali, della disciplina di recepimento esposti ad un cambiamento per un mutamento delle situazioni di fatto” e “se, in particolare, la direttiva comunitaria 82/76 CEE, oltre a stabilire l’obbligo di determinare discrezionalmente l’importo dell’adeguata remunerazione implichi per lo Stato membro anche l’obbligo di mantenere nel tempo tale adeguatezza, discrezionalmente determinata, quando la remunerazione abbia visto il suo potere di acquisto sostanzialmente eroso dalla svalutazione monetaria e sia stata esclusa dal generalizzato aumento dei redditi collegato all’aumento del PIL reale” (fol. 2 della memoria), si palesa con evidenza il difetto di rilevanza della questione stessa.

Ed, infatti, come di recente ribadito dalla Corte di Giustizia nella causa C-621/18 del 10 dicembre 2018, la Corte può rifiutarsi di statuire su domande in via pregiudiziale se è manifesto che l’interpretazione richiesta non ha rapporto con l’effettività o l’oggetto del giudizio principale: in tal senso si rileva che, secondo una giurisprudenza costante Eurounitaria, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche – come quelle all’evidenza, prospettate dai ricorrenti, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C-72/15, punto 194 e giurisprudenza citata; sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, punto 18, e del 12 giugno 2008, Gourmet Classic, C458/06, punto 26) (Cass. Sez. U. n. 10107/2021, in motivazione).

3. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

 

 

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