Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18209 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18209 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
MAESTRI Giorgio (MST RGR 28H09 H501L), rappresentato e difeso,
per procura speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Anna
Rita Moscioni, elettivamente domiciliato in Roma, via
dell’Acquedotto Paolo n. 16, presso Marinelli Biagio;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

re,

pro tempo-

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Sta-

to, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è
domiciliato per legge;

– resistente –

Data pubblicazione: 29/07/2013

e (L S-9-`02avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia, depositato il 9 maggio 2012.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano

sentito l’avvocato Anna Rita Moscioni;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 15 dicembre 2010 presso la
Corte d’appello di Perugia, Maestri Giorgio ha proposto, ai
sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione
del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata di un giudizio di equa riparazione svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di Roma, iniziato con ricorso depositato in data 18 giugno 2007 e conclusosi con decreto depositato in data 18 maggio 2010.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla legge n.
89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi presupposti, non discendendo tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo

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Petitti;

nella definizione dei procedimenti ex lege n. 89 del 2001 compensabile dal giudice del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto Maestri Giorgio ha proposto ricorso sulla base di due motivi; l’intimata Amministra-

all’udienza di discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 6.1., 13 e 35 della Convenzione europea
per i diritti dell’uomo, dell’art. 111, primo e secondo comma,
Cost., e degli artt. 2 e seguenti della legge n. 89 del 2001,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello, in contrasto con
la giurisprudenza di questa Corte, abbia negato la natura giudiziaria e processuale dei mezzi di tutela approntati dalla
legge n. 89 del 2001, la cui

ratio è quella di attuare con

mezzi giudiziari specifici interni la tutela prevista dalla
CEDU.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione o
falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della legge n. 89 del
2001, e degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 cod. civ. rilevando che la durata irragionevole del giudizio di equa riparazione è, a sua volta, fonte di un danno non patrimoniale che si
chiede di accertare e di liquidare.

zione ha presentato memoria ai fini della partecipazione

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla

della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile
l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un
ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale,
alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi,
in quanto finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per
i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare condivisibile
l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e
l’eventuale giudizio di impugnazione costituiscano una fase
necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi
dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela

legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base

all’indicato diritto fondamentale, atteso che il procedimento
interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,
sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.

procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove venga in rilievo un giudizio “Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei due
gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Orbene, tenuto conto che il termine di durata ragionevole
di un giudizio di legittimità è normalmente fissato in un anno, deve ritenersi che il giudizio di primo grado debba essere
concluso nel termine ragionevole di un anno, non potendosi a
tal fine attribuire al termine di quattro mesi di cui all’art.
3, comma 4, della legge n. 89 del 2001, natura diversa da
quella sollecitatoria che gli è propria e quindi non espressiva in modo assoluto della ragionevole durata del procedimento
di equa riparazione.
Il ricorso deve quindi essere accolto e il decreto impugnato deve essere conseguentemente cassato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato depositato
presso la Corte d’appello di Roma nel mese di giugno 2007 e

Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un

l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con decreto
depositato nel mese di maggio 2010. La durata complessiva del
procedimento di equa riparazione è stata dunque di circa anni
due e mesi undici. Detratto il termine ragionevole, stimato in

circa anni uno e mesi undici.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
al ricorrente spetta un indennizzo che va liquidato sulla base
di euro 750,00 per anno, e quindi in complessivi euro
1.437,50, oltre interessi legali dalla data della domanda al
saldo.
Il Ministero della giustizia deve pertanto essere condannato al pagamento, in favore del ricorrente, della detta somma,
nonché alla rifusione delle spese dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di Maestri Giorgio, della somma di euro
1.437,50, oltre interessi legali dalla data della domanda al
saldo; condanna il Ministero alla rifusione delle spese
dell’intero giudizio che liquida, per il giudizio di merito,
in euro 775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro

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un anno, la durata non ragionevole risulta essere stata di

506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e agli
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 22

maggio 2013.

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