Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18209 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 16/09/2016), n.18209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9958/2012 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

124, presso lo studio dell’avvocato PIETRO DAVIDE SARTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RAFFAELE STODUTO giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI ROMA, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 121/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 24/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 31/50/2010, la C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso di A.G. avverso l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate determinava la decadenza dalle agevolazioni fiscali concesse per l’acquisto della prima casa, determinando maggiori imposte ipotecarie e catastali. L’avviso trae origine dal fatto che il contribuente, dopo aver venduto in data 10.12.2004, l’immobile acquistato il 27.7.2004 e, dunque, prima del decorso del quinquennio, provvedeva ad acquistare il 22.12.2004 altro immobile (poi rivenduto il 5.4.2005) ma non adibiva il nuovo fabbricato ad abitazione principale e di conseguenza non ottemperava al requisito previsto dall’ultimo periodo del comma 4 della nota 2^ bis della tariffa, parte prima, di cui all’art. 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. In particolare, il contribuente sosteneva di avere compiutamente osservato il requisito di legge sopra richiamato, sia pure nel breve tempo in cui aveva avuto la disponibilità dell’immobile, posto che lo stesso era stato poi rivenduto con successivo atto del 5.4.2005.

La decisione veniva impugnata dall’Ufficio e con sentenza in data 15/2/2011 la C.T.R. di Roma, Sez. 14, accoglieva l’appello. Per un verso, quanto alla documentazione depositata al fine di dimostrare di avere adibito ad abitazione principale l’immobile, evidenziava che il contribuente aveva prodotto in giudizio la dichiarazione di trasferimento nel comune di Roma a far data dal 31.1.2006 e le ricevute attestanti il pagamento delle spese condominiali e la dichiarazione I.C.I., ma senza dimostrare che l’istanza di iscrizione fosse stata accolta; per altro verso sottolineava che il contribuente, al momento dell’atto, risultava titolare di altra abitazione acquistata con i benefici prima casa (nella specie era proprietario di un immobile in (OMISSIS)), nonchè autore di molteplici operazioni commerciali effettuate in qualità di acquirente e venditore (negli anni dal 1999 al 2006 ben 26 negozi giuridici), le quali denotavano operazioni sostanzialmente elusive ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, rilevabili, come tali, anche ex officio in ogni stato e grado del giudizio (abuso del diritto) e da ritenersi provate in forza del principio di non contestazione codificato dall’art. 115 c.p.c..

Avverso la predetta sentenza ricorre il contribuente, il quale deduce tre motivi.

L’Agenzia delle entrate si è costituita ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso svolti dal contribuente attengono essenzialmente a tre profili. Con il primo, questi lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto la C.T.R. avrebbe mutato l’oggetto della contestazione mossa al contribuente nell’avviso di accertamento (relativa unicamente alla decadenza dal beneficio prima casa per non avere adibito l’immobile riacquistato entro l’anno successivo ad abitazione principale), in ragione dell’affermata sussistenza di un presupposto ostativo costituito dalla presenza di altra abitazione acquistata con i benefici prima casa (circostanza di fatto che sarebbe peraltro erronea, trattandosi di immobile acquistato dal contribuente soltanto in data 18.5.2009 e quindi dopo oltre quattro anni dall’atto di acquisto di quello oggetto del presente giudizio). Con il secondo motivo, che trae sempre origine dal dedotto mutamento di contestazione, eccepisce, invece, la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio. La circostanza ostativa apprezzata dalla Corte territoriale ai fini dell’esclusione del beneficio prima casa e caratterizzata da novum si sostiene sia estranea alla materia del contendere, non essendo stata oggetto di accertamento da parte dell’Ufficio e, dunque, avendo costituito uno degli elementi fondanti la decisione, ha determinato la violazione del diritto di difesa, poichè mai sottoposta al contraddittorio del contribuente. Infine, censura la decisione impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, in quanto la C.T.R., ad ulteriore conferma della legittimità della pretesa erariale, ha provveduto a rilevare un’ipotesi di presunta elusione al di fuori delle specifiche ipotesi tassative previste dalla disposizione sopra richiamata, ravvisata in un’ipotesi di abuso del diritto, stante l’elevato numero delle operazioni negoziali di acquisto e vendita di immobili (ben 26 per gli anni 1999-2006).

Tanto premesso, rileva questa Corte che il ricorrente ha omesso di confrontarsi, e nulla ha argomentato nei motivi di ricorso, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, col rilievo ostativo alla concessione del beneficio prima casa, chiaramente enunciato nella decisione impugnata, costituito dall’assenza di una compiuta prova volta a dimostrare di avere comunque adibito l’immobile de quo, seppur nel breve tempo conseguente all’acquisto e prima della successiva alienazione, ad abitazione principale. La Corte territoriale ha, infatti, evidenziato come il contribuente, a sostegno di quanto affermato, ha prodotto in giudizio la dichiarazione di trasferimento nel comune di Roma a far data dal 31.1.2006 e le ricevute attestanti il pagamento delle spese condominiali e la dichiarazione I.C.I., ma senza dimostrare che l’istanza di iscrizione fosse stata accolta. Difetta, dunque, un elemento di prova essenziale volto a comprovare che il trasferimento di residenza, a seguito degli accertamenti svolti dalla polizia municipale ai sensi del D.P.R. n. 223 del 1989, art. 19, effettivamente avvenne, condizione necessaria, peraltro, per poter far retroagire gli effetti del cambio di residenza alla data in cui l’interessato ha reso la dichiarazione. Nè a tal fine possono ritenersi esaustive le ricevute attestanti il pagamento delle spese condominiali, in quanto, come ha avuto modo più volte questa Corte di precisare (ex multis Cass., sent. n. 11614/2013), queste sono necessarie anche per soggetti non residenti e, quindi, non dimostrano affatto l’effettivo trasferimento della residenza, neanche nel senso di fissazione della propria “dimora abituale” (giusta la nozione desumibile dell’art. 43 c.c., comma 2), nell’immobile acquistato. Parimenti non decisiva, ai predetti fini, si rivela la dichiarazione I.C.I., trattandosi di adempimento dovuto anche da parte di chi risulta proprietario di più immobili.

Avendo il ricorrente omesso di censurare la decisione impugnata sotto tale profilo, ne consegue l’inammissibilità del ricorso. Invero, per come affermato da questa Corte, a Sezioni unite, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione. (Sez. un., sent. n. 7931/2013; Cass., sent. n. 4293/2016).

Va, pertanto, rigettato il ricorso. La condanna alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessive Euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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