Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18208 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 16/09/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 16/09/2016), n.18208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3103/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 272/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 13/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.F. impugnava l’avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni emesso dall’Agenzia delle entrate, con il quale venivano revocate le agevolazioni c.d. prima casa, sul rilievo che ella risultava già proprietaria di altro immobile acquistato con le agevolazioni in esame.

Sosteneva la ricorrente che l’Ufficio era decaduto dal potere accertativo per aver proceduto al recupero dell’imposta non versata oltre il termine triennale previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

Invero, l’acquisto dell’immobile era stato registrato il 5.11.2001, mentre l’atto impositivo era stato notificato l’11.12.2005. L’Ufficio si costituiva sostenendo la tempestività della notifica dell’atto impositivo in quanto, anche in materia di agevolazioni tributarie, era applicabile la proroga biennale prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1.

Con sentenza n. 20/11/2009 (dep. 9.1.2009) la C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso della contribuente.

Con sentenza in data 2/42010 la C.T.R. di Roma, Sez. 37, rigettava l’appello proposto dall’Ufficio avverso la decisione impugnata.

Avverso la predetta decisione ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate svolgendo un unico motivo.

La contribuente non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo la Agenzia per le Entrate deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 1 e 1 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Espone che la Commissione Regionale, nella impugnata sentenza, ha ritenuto che la proroga biennale rispetto all’ordinario termine triennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, per la rettifica e liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali, nonchè dell’INVIM, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, con riferimento alla ipotesi di condono ivi prevista, per il caso in cui la relativa istanza non sia stata presentata a sia inefficace, si applica alla sola ipotesi di accertamento di maggior valore di cui al comma 1, e non alla ipotesi di agevolazioni tributarie (tra cui quelle di cui si discute) previste dal comma 1 bis della stessa norma di legge.

Ciò sostanzialmente perchè la proroga non è menzionata nel comma 1 bis, e per il carattere di specialità di tale disposizione questa non può intendersi come estensibile a casi ulteriori rispetto a quelli letteralmente previsti dalla legge, per il principio di stretta interpretazione che vige in questa materia.

Sostiene l’Ufficio che la interpretazione sia letterale che sistematica della normativa conduce alla conclusione opposta, ovvero alla applicabilità della proroga anche ai casi previsti dal comma 1 bis citato.

2. La intimata in controricorso sostiene la tesi fatta propria dal giudice di appello.

3. Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha già ripetutamente espresso il principio della applicabilità della proroga alle ipotesi di violazione della normativa regolante le agevolazioni tributarie, tra cui rientra la fattispecie in oggetto, ritenendo manifestamente infondata la tesi opposta (Cass., ord. n. 4321 del 2009; ord. n. 12069 del 2010; sent. n. 24575 del 2010; da ultimo sent. n. 2802 del 2016). Deve infatti osservarsi, conformemente a quanto esposto in ricorso, che il comma 1 bis con la dizione “le violazioni relative alla applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite..” esprime testualmente il concetto che le violazioni delle disposizioni agevolative sono del tutto assimilate alle violazioni relative alla enunciazione del valore degli immobili di cui al comma che precede. Da ciò si deduce che la proroga prevista nel comma 1 per le violazioni in esso contenute si applica anche a quelle di cui al comma 1 bis, senza necessità di un esplicito richiamo. D’altro canto, la previsione in entrambi i commi di un condono per le violazioni previste, impone tale conclusione, essendo del tutto incongruo che ipotesi assolutamente equivalenti abbiano trattamento diverso.

Conforta tale tesi la constatazione che la prima stesura dell’articolo in questione conteneva il solo comma 1 e, allorchè fu aggiunto il comma 1 bis, unitamente alla previsione del condono (D.L. n. 282 del 2002, art. 5 bis), fu contestualmente modificata la rubrica del medesimo con la aggiunta della dizione “proroga dei termini”, il che rende ben chiara la intenzione del legislatore di riferire la proroga anche alle ipotesi di nuova previsione.

Infine, va altresì osservato a conferma di quanto in precedenza esposto che è invalso nella legislazione concernente i condoni fiscali l’uso di concedere proroghe alla autorità incaricata degli accertamenti, in relazione al maggior lavoro che l’esame delle istanze di condono impone agli Uffici, (v. tra i molti la L. n. 413 del 1991, art. 57) il che ulteriormente conferma la identità di “ratio” delle disposizioni in commento, che conferma la tesi accolta (in relazione al noto brocardo “ubi eadem legis ratio, ibi eadem legis dispositio”).

Il ricorso principale va, perciò, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, poichè non risulta nè dal ricorso nè dalla sentenza impugnata che sussistessero ulteriori questioni ritenute assorbite dalla CTR, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per la particolarità della questione trattata e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario. Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessive Euro 3.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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