Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18207 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18207 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
RICCIO Filippo (RCC FPP 31L30 A399N) e STELLIFERI Giovanni
(STL GNN 50B28 B691D), rappresentati e difesi, per procura
speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Anna Rita Moscio- ‘\
ni, elettivamente domiciliati in Roma, via dell’Acquedotto Paolo n. 16, presso Marinelli Biagio;

ricorrenti

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro tempo-

re, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è
domiciliato per legge;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/07/2013

m OL2q42avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia, deposita-

to il 15 giugno 2012. (Ncs-. — g-af(o)
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano

sentito l’avvocato Anna Rita Moscioni;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 15 ottobre 2010 presso la
Corte d’appello di Perugia, Riccio Filippo e Stelliferi Giovanni hanno proposto, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto
a causa della non ragionevole durata di un giudizio di equa
riparazione svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di Roma,
iniziato con ricorso depositato in data 8 maggio 2007 e conclusosi con decreto depositato in data 20 novembre 2009.
L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui alla legge n.
89 del 2001 in relazione a procedimenti relativi alla denunciata violazione della durata ragionevole di giudizi presupposti, non discendendo tale proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo

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Petitti;

nella definizione dei procedimenti

ex lege n. 89 del 2001 com-

pensabile dal giudice del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto Riccio Filippo e Stelliferi Giovanni hanno proposto ricorso sulla base di due moti-

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano
violazione degli artt. 6.1., 13 e 35 della Convenzione europea
per i diritti dell’uomo, dell’art. 111, primo e secondo comma,
Cost., e degli artt. 2 e seguenti della legge n. 89 del 2001,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello, in contrasto con
la giurisprudenza di questa Corte, abbia negato la natura giudiziaria e processuale dei mezzi di tutela approntati dalla
legge n. 89 del 2001, la cui ratio è quella di attuare con
mezzi giudiziari specifici interni la tutela prevista dalla
CEDU.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione o
falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della

legge n. 89 del

2001, e degli artt. 2056, 1223, 1226 e 1227 cod. civ. rilevando che la durata irragionevole del giudizio di equa riparazione è, a sua volta, fonte di un danno non patrimoniale che si
chiede di accertare e di liquidare.

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vi; l’intimata Amministrazione ha resistito con controricorso.

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato.
Questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte in ordine alla applicabilità del procedimento disciplinato dalla

della legge stessa, per i quali deve ritenersi predicabile
l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass.
n. 5924 del 2012 e altre conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un
ordinario processo di cognizione, soggetto, in quanto tale,
alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi,
in quanto finalizzati proprio all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere anche per
i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare condivisibile
l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e
l’eventuale giudizio di impugnazione costituiscano una fase
necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi
dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento
interno la parte interessata non ottenga una efficace tutela

legge n. 89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base

all’indicato diritto fondamentale, atteso che il procedimento
interno rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,
sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di
una ragionevole durata.

procedimento di equa riparazione, questa Corte ha ritenuto che
ove venga in rilievo un giudizio

“Pinto”

svoltosi anche din-

nanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei due
gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Orbene, tenuto conto che il termine di durata ragionevole
di un giudizio di legittimità è normalmente fissato in un anno, deve ritenersi che il giudizio di primo grado debba essere
concluso nel termine ragionevole di un anno, non potendosi a
tal fine attribuire al termine di quattro mesi di cui all’art.
3, comma 4, della

legge

n. 89 del 2001, natura diversa da

quella sollecitatoria che gli è propria e quindi non espressiva in modo assoluto della ragionevole durata del procedimento
di equa riparazione.
Il ricorso deve quindi essere accolto e il decreto impugnato deve essere conseguentemente cassato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la

causa può essere decisa nel merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato depositato
presso la Corte d’appello di Roma nel mese di maggio 2007 e

Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un

l’unico grado di giudizio di merito si è concluso con decreto
depositato nel mese di novembre 2009. La durata complessiva
del procedimento di equa riparazione è stata dunque di circa
anni due e mesi sei. Detratto il termine ragionevole, stimato

circa anni uno e mesi sei.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio,
a ciascuno dei ricorrenti spetta un indennizzo che va liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in complessivi
euro 1.125,00 ciascuno, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.
Il Ministero della giustizia deve pertanto essere condannato al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, della
detta somma, nonché alla rifusione delle spese dell’intero
giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al
pagamento, in favore di Riccio Filippo e di Stelliferi Giovanni, della somma di euro 1.125,00 ciascuno, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna il Ministero
alla rifusione delle spese dell’intero giudizio che liquida,
per il giudizio di merito, in euro 806,00, di cui euro 50,00
per esborsi, 311,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre
alle spese generali e agli accessori di

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legge,

e, per il giu-

in un anno, la durata non ragionevole risulta essere stata di

dizio di legittimità, in euro 506,25 per compensi, oltre a euro 100,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 22

maggio 2013.

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