Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18205 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/09/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 05/09/2011), n.18205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CALIULO LUIGI, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SIACE – SOCIETA’ INDUSTRIA AGRICOLA CARTARIA EDITORIALE) SPA in

liquidazione, in persona del liquidatore legale rappresentante pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIAVE 52, presso lo

studio dell’avv. RENATO CARCIONE, rappresentata e difesa dall’avv.

SCIORTINO TERESA, giusta mandato a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 236/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

24.2.09, depositata il 05/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti (per delega

avv. Antonino Sgroi) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA

CESQUI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

MOTIVI:

Fatto

RILEVATO IN FATTO

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.

La Soc. SIACE – Industria Agricola Cartacea s.p.a. conveniva in giudizio l’Inps lamentando il ritardato pagamento da parte dell’istituto delle somme dovutele a titolo di rimborso delle somme anticipate dalle società stessa ai suoi dipendenti in cassa integrazione guadagni.

La Corte d’appello di Catania, confermando la sentenza di primo grado, impugnata da entrambe le parti, riteneva sussistente la mora dell’Inps, poichè essa, a seguito della denuncia contributiva presentata dalla impresa, anche in presenza di talune inesattezze della medesima, avrebbe dovuto provvedere nel termine di 90 giorni, eventualmente richiedendo le necessarie integrazioni. Condannava quindi l’istituto al pagamento degli interessi legali nella misura del 5% dal novantesimo giorno dalle denunce e del 10% dal centoottantesimo giorno, per l’importo complessivo di L. 278.498.692.

A seguito di ricorso per cassazione dell’Inps e ricorso incidentale della Soc. Siace, questa Corte, con sentenza 23.8.2003 n. 12395, accoglieva il terzo motivo del ricorso incidentale (assorbito il quarto), con il quale detta società aveva lamentato che non fosse stato riconosciuto in sede di merito il suo diritto al risarcimento del danno ulteriore, rispetto agli interessi legali, in conseguenza del fatto che essa era tornata in possesso di oltre L. 2.500.000.000 anticipate negli anni 1981-1982 solo a fine 1984, subendo il danno conseguente al diminuito valore di acquisto della moneta e al fatto di essersi trovata, per difetto di liquidità, nell’impossibilità di far fronte al pagamento dei contributi alle scadenze di legge, incorrendo così nella condanna al pagamento di una somma di L. 428.000.000 a titolo di interessi e sanzioni aggiuntive. La Corte di cassazione faceva riferimento, a fondamento dell’accoglimento del motivo di ricorso, al principio secondo cui non è necessario che l’imprenditore, ai fini del riconoscimento del maggior danno ragguagliato alla svalutazione monetaria, fornisca la prova di un danno concreto, connesso causalmente con l’indisponibilità del credito, dovendosi presumere che la somma sarebbe stata utilizzata in impieghi antinflattivi. Rilevava anche che, nella specie, oltre che a tale presunzione doveva darsi rilievo alla documentazione circa l’imputabilità del mancato pagamento dei contributi alla carenza di liquidità conseguente ai ritardi dell’istituto.

Adita in sede di rinvio la Corte d’appello di Messina, questa, a seguito dell’espletamento di una c.t.u., con sentenza depositata il 5.5.2009, quantificava a titolo di “danno da rivalutazione monetaria” la somma di Euro 335.984,18, e condannava l’Inps al pagamento della stessa, con gli interessi e la rivalutazione dal dovuto al saldo. Non riteneva dovuta invece l’ulteriore somma richiesta in relazione a quanto pagato dalla Siace a titolo di interessi e somme aggiuntive, rilevando che non era stato cassato il capo della sentenza di merito con cui era stata ritenuto irregolare il conguaglio non autorizzato operato dalla società tra importi per anticipazioni della cassa integrazione e contributi da versare.

L’INPS ricorre per cassazione con un unico motivo. La s.p.a. SIACE resiste con controricorso e propone appello incidentale con due motivi.

RITENUTO IN DIRITTO I due ricorsi devono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).

Risulta infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per mancato rispetto del termine annuale di impugnazione, dovendosi dare rilievo, ai fini in esame alla richiesta di notificazione presentata in data 29.4.2010, come da annotazione siglata dall’ufficiale giudiziario e provvista di numero cronologico.

Il ricorso principale, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 c.c., lamenta che siano stati riconosciuti ulteriori interessi e la rivalutazione sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da svalutazione monetaria, pur in mancanza di domanda al riguardo e in violazioni dei i principi legali in tema di anatocismo.

Il motivo è qualificabile come manifestamente infondato, in base al principio secondo cui la rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell’obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d’ufficio e in grado d’appello, pur se non specificamente richiesti, in quanto devono ritenersi compresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, se non siano stati espressamente esclusi (Cass. 12234/1998, 13666/2003, 20943/2009).

Il primo motivo del ricorso incidentale, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, lamenta l’incongruità della motivazione fornita dalla Corte di merito relativamente al mancato accoglimento della voce di danno relativa agli interessi e alle sanzioni civili pagati dalla società per non essere stata in grado di versare all’Inps contributi per L. 300.000.000.

La censura è manifestamente fondata, per la non idoneità della motivazione fornita dalla Corte di merito sul punto. In effetti proprio la non operatività del conguaglio operato unilateralmente dalla società, confermata dalla sentenza di cassazione, aveva implicato a carico della Soc. Siace gli oneri per interessi e sanzioni civili, peraltro a sua volta valutati come rilevanti dalla sentenza di cassazione ai fini della sussistenza di un “maggior danno”, in sede di accoglimento del relativo motivo.

Deve peraltro tenersi presente che devono evitarsi duplicazioni tra il risarcimento del danno computato sulla base della svalutazione e quello inerente alla voce ora in esame. Infatti, riguardo all’importo (indicato dalla parte in L. 300 milioni) la cui tempestiva disponibilità sarebbe stata necessaria per evitare gli oneri per interessi e sanzioni da ritardato pagamento dei contributi, non si può sommare il danno commisurato al mancato pagamento di dette voci, che si sarebbe evitato con una disponibilità e un impiego tempestivo dell’importo, con il danno stimato mediante un criterio alternativo e più generico.

Il secondo motivo del ricorso incidentale, relativo alla regolazione delle spese, rimane assorbito.

In conclusione, deve essere accolto il primo motivo del ricorso incidentale, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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