Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18203 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 18203 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

comuni —
Infiltrazioni Rimborsabilità

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15267/07) proposto da:
VENTIMIGLIA CARLA e D’ACCICO DESIREE, rappresentate e difese, in forza di procura
speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to Claudio Gaeta del foro di Napoli e domiciliate presso la
cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
– ricorrente contro
CONDOMINIO VIA COSTANTINOPOLI n. 19 – NAPOLI, in persona dell’amministratore pro
tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.to Lelio della Pietra del foro di Napoli, in virtù di procura
speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv.to Marco Annecchino in Roma, via Cassiodoro n. 1/A;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 29/07/2013

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1828 depositata il 7 giugno 2006.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carmelo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 ottobre 1998 Carla VENTIMIGLIA e Désirée D’ACCICO
evocavano, dinanzi al Tribunale di Napoli, il Condominio di via Costantinopoli n. 19 — Napoli
esponendo di essere, rispettivamente, usufruttuaria e nuda proprietaria dell’appartamento sito al
quarto piano, interni 14 e 15, dello stabile condominiale e che sin dal mese di ottobre 1995
l’immobile era stato oggetto di copiose infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare,
prontamente segnalate all’amministratore dell’edificio con lettera racc. n. 951 del 16.10.1995,
telegramma del 27.11.1995, lettere racc. n. 8902 del 6.3.1996 e n. 3360 del 17.9.1996, il quale
però rimaneva silente a tutte le sollecitazioni, nonostante la denunciata gravità della situazione;
aggiungevano che in data 13.9.1996 i Vigili del Fuoco avevano effettuato un sopralluogo
riscontrando “l’esistenza di infiltrazioni di acqua provenienti dal solaio di copertura dello stabile
dell’int. 14, provocando danni controsoffittatura; lo stesso si verificava all’int. 15”, per cui veniva
invitato l’amministratore, con verbale del 21.9.1996, a porre in essere tutte le opere idonee ad

Sgroi, che — in assenza delle parti costituite – ha concluso per il rigetto del ricorso.

eliminare le cause delle infiltrazioni riscontrate, il quale però continuava ad avere una condotta
inerte, anche a seguito dell’invio di perizia giurata del 28.10.1996 relativa allo stato dei luoghi;
concludevano che stante la totale ‘latitanza’ del Condominio, andando deserte tutte le assemblee
indette per la realizzazione dei lavori del lastrico solare ed il ristoro dei danni subiti, le attrici erano
state costrette ad eseguire in danno del Condominio, affidandoli alla ditta Sud di Tartaglione Luigi
per l’importo di £. 39.000.000. Tanto premesso, chiedevano accertarsi la responsabilità del

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A/

Condominio nella produzione degli eventi lamentati, con condanna dello stesso alla rifusione delle
spese sostenute per la ristrutturazione del lastrico solare, oltre a £. 4.000.000 per mancato
godimento dell’appartamento per il periodo 20.11.1996 — 30.4.1997 e £. 4.330.000 per danni alle
strutture, oltre accessori.

infiltrazioni al dante causa delle attrice che nel realizzare la sopraelevazione che dava corpo
all’immobile aveva utilizzato materiale per la copertura (lamiera ondulata) e tecnica costruttiva
(apertura di un lucernaio) inidonei e in ogni caso le attrici, a fronte dell’inerzia del Condominio,
avrebbero dovuto fare ricorso all’art. 1105 c.c. e non provvedere autonomamente all’esecuzione
delle opere, il giudice adito, in accoglimento di quest’ultima eccezione, ritenuto non trattarsi di
spese urgenti ex art. 1134 c.c., rigettava la domanda attorea.
In virtù di rituale appello interposto dalle originarie attrici, con il quale lamentavano la mancata
applicazione al caso di specie dell’art. 1110 c.c., stante l’ampio richiamo dell’art. 1139 c.c. di tutte
le norme in tema di comunione, trattandosi, peraltro, di lavori urgenti, come emergeva dal verbale
dei VV.FF. del 21.9.1996, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza del Condominio appellato,
rigettava il gravame.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che correttamente il giudice
di prime cure aveva ritenuto che la specie il diritto al rimborso fosse regolato esclusivamente
dall’art. 1134 c.c. e non già dall’art. 1110 c.c. onde evitare dannose interferenze del singolo
condomino nell’amministrazione dello stabile, esigenza estranea alla comunione, ove tutti
concorrono all’amministrazione del bene.
Concludeva, nel merito, che le appellanti avevano dimostrato di avere per circa un anno, con
varie raccomandate, segnalato la presenza di infiltrazioni e solo nel mese di settembre e poi di
ottobre 1996 i VV.FF. erano intervenuti redigendo verbale che però non risultava comunicato
all’amministratore né dalle attrici né dagli stessi Vigili, rimborsabili, peraltro, le sole spese urgenti

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Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, il quale eccepiva la riferibilità delle

e cioè limitate a scongiurare la situazione di pericolo che si era manifestata con il cedimento della
controsoffittatura ed il probabile corto circuito dell’impianto elettrico, non certo il rifacimento del
lastrico, non contestato che la copertura della sopraelevazione era stata realizzata dal dante
causa delle medesime appellanti, il quale avrebbe dovuto costruire la copertura nel rispetto della

solare.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli hanno proposto ricorso per
cassazione la VENTIMOGLIA e la D’ACCICO, articolato su quattro motivi, al quale ha replicato il
Condominio con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere che la controversia è disciplinata dall’art. 366 bis c.p.c., abrogato,
introdotto dall’art. 6, comma 1 del D.Lg.vo n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis, per cui
sussiste la necessità che ciascun motivo di ricorso si concluda con la “formulazione di un quesito
di diritto” a pena di inammissibilità.
Ciò chiarito, con il primo motivo, lamentando la violazione degli artt. 1139 e 1110 c.c., oltre a vizio
di motivazione su un punto decisivo della controversia, le ricorrenti, dopo aver ricordato il
contenuto delle norme invocate, censurano la sentenza mirando a dimostrare la erronea
applicazione, nel caso di specie, dell’art. 1134 c.c. in luogo dell’art. 1110 c.c., che consente la
ripetizione delle spese sostenute dal comproprietario diligente per la esecuzione delle opere di
manutenzione del bene comune, mentre la corte di merito avrebbe motivato il proprio
convincimento esclusivamente con argomentazioni appiattite da una “meccanica interpretazione
della norma” senza tenere conto che le originarie attrici avevano investito il Condominio del
problema senza ottenere però alcun risultato, caso che doveva consentire, in via analogica al
condomino, stante la trascuratezza degli altri condomini e dell’amministratore, l’esecuzione di
opere necessarie per la conservazione della cosa comune ed il diritto al rimborso delle spese,

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disciplina di cui all’art. 1127, comma 4, c.c. e dunque conformemente al preesistente lastrico

dimostrata l’indilazionabilità dell’intervento. In altri termini, ad avviso delle ricorrenti, le due norme
non sarebbero tra loro in contrasto, ma complementari, offrendo al condomino, di fronte
all’accertata inadempienza del Condominio, un’ulteriore possibilità.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1197 c.c. e 116 c.p.c., oltre a

nel ribadire che per ottenere il rimborso avrebbero dovuto provare l’urgenza della spesa,
sostenuto che le ricorrenti non avevano dimostrato di avere dato tempestiva comunicazione al
Condominio dell’intervento che andavano ad eseguire per eliminare lo stato di pericolo provocato
dalle infiltrazioni, giacchè il tempo trascorso tra il verificarsi delle infiltrazioni segnalate per la
prima volta (comunicazione del 16.10.1995) e l’esecuzione dei lavori (febbraio 1997) sarebbe
intercorso un tempo utile al fine di dare corso alla procedura prevista dall’art. 1105 c.c.. Ad avviso
delle ricorrenti dette considerazioni non terrebbero conto del fatto che la necessità di eseguire i
lavori in tutta la sua urgenza si sarebbe manifestata solo dopo il cedimento della
controsoffittatura, come risultava dal verbale dei W.FF. Inoltre la corte di merito dopo
l’affermazione di principio circa i lavori urgenti rimborsabili, non ha proceduto ad una
individuazione degli stessi.
Con il terzo motivo viene denunciata la violazione degli artt. 333 c.p.c. e 2907 c.c. per
avere la corte territoriale ritenuto la riferibilità delle infiltrazioni a difetti nella costruzione in
sopraelevazione del lastrico solare, senza che in appello il Condominio avesse provveduto a
riproporre la relativa eccezione, sollevata in primo grado, con appello incidentale, per cui si era
formato un giudicato tra le parti sul punto, che precludeva al giudice distrettuale ogni pronuncia in
merito alla contestazione circa la spettanza dei lavori, concretando un vizio di ultra o extra
petizione.
Con il quarto motivo viene lamentata la violazione dell’art. 1127 c.c., nonché vizio di
motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la corte distrettuale sostenuto

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contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la corte distrettuale,

erroneamente che il rifacimento del solaio spettava alle ricorrenti poiché il loro dante causa
aveva, con la sopraelevazione realizzata, modificato lo stato dei luoghi, mentre dalla perizia
giurata prodotta risulta che la sopraelevazione realizzata dal dante causa delle ricorrenti
occupava solo una residua porzione del solaio e che nella parte non modificata di detto solaio

impermeabilizzazione ormai degradato.
Questa Corte ha avuto già modo di statuire in via generale che deve essere dichiarato
inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso nel quale l’illustrazione dei singoli
motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, riferito alla
fattispecie esaminata nella sentenza impugnata e alle statuizioni di essa, tale da circoscrivere la
pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito, dovendosi escludere
che il quesito possa desumersi implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, la quale
non è sufficiente a integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dall’art. 366
bis c.p.c..
La proposizione di una pluralità di motivi, dunque, non accompagnata in modo alcuno dalla
formulazione di idonei quesiti, comporta l’inammissibilità dei singoli motivi.
Nella specie le ricorrenti hanno denunciato, con quattro motivi, la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1139, 1110, 1127 e 1197 c.c., oltre a vizio di motivazione, senza però concluderli con la
formulazione di un quesito che rispecchi almeno parte delle censure proposte, in adempimento
della prescrizione dell’ari. 366 bis c.p.c..
Nè può in ogni caso ritenersi che il quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso
sarebbero in ogni caso presenti nell’illustrazione dei motivi, sottoposti all’esame di questa corte,
poiché la prescrizione formale introdotta dalla norma in esame non può essere interpretata nel
senso che il quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso possa desumersi
implicitamente dalla formulazione dei motivi di ricorso, poiché una siffatta interpretazione si

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erano stati eseguiti lavori di rattoppo da parte del Condominio al fine di migliorarne lo stato di

risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione che ha introdotto, a pena di
inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, che deve esprimersi, per i motivi da 1 a 4
dall’art. 360 c.p.c., nella formulazione di un esplicito quesito di diritto tale da circoscrivere la
pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte –

ricorso che, da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame. E per il n. 5
dell’art. 360 c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, owero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione. Pertanto, pur non richiedendosi specifici requisiti di forma,
deve pur sempre essere formulato, nei casi da 1 a 4, a conclusione dell’istruzione di ogni singolo
motivo ed in aggiunta ad essa, il quesito che deve segnare i confini della pronuncia del giudice, e
nel caso del n. 5, la chiara indicazione del fatto controverso, o delle ragioni dell’insufficienza della
motivazione.
La formulazione del quesito richiesto dalla legge e la chiara indicazione del fatto controverso e
delle ragioni dell’insufficienza della motivazione, nei termini innanzi specificati, non si rinvengono
perciò nei mezzi del ricorso sottoposti all’esame di questa corte, che pertanto va dichiarato
inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
art. 6, e applicabile nella specie ai sensi dell’art. 27 decreto citato, comma 2, trattandosi di ricorso
contro provvedimento pubblicato dopo la data della sua entrata in vigore (Cass. S.U. 26 marzo
2007 n. 7258).
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

P.Q.M.

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quesito che deve trovare la sua collocazione a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in
complessivi €. 2.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2″ Sezione Civile, 1’8 aprile 2013.

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