Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18203 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 24/06/2021), n.18203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 994/2014 R.G. proposto da:

OFFICINA G. s.a.s. di G.L. in persona del suo

legale rappresentante pro tempore e G.L., anche in

proprio, entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Prof. Cesare

Glendi e dall’Avv. Luigi Manzi con domicilio eletto presso

quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri n. 5;

– ricorrenti –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avversò la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 51/30/13 depositata il 06/05/2013, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

12/11/2020 del Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata la CTR dichiarava cessata la materia del contendere quanto alla posizione di G.G., altro socio della ricorrente società, e nel resto rigettava l’appello dei contribuenti, con ciò confermando la pronuncia di primo grado che aveva dichirato la legittimità degli atti impugnati, avvisi di accertamento e cartelle di pagamento per IRPEF, IRAP ed IVA 2005;

– ricorrono a questa Corte OFFICINA G. s.a.s. di G.L. in persona del suo legale rappresentante pro tempore e G.L., anche in proprio, con atto affidato a tre motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo di ricorso censura la Sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per difetto di motivazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2 e dell’art. 156 c.p.c., comma 2 o in subordine ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e formula denunzia a sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 nn. 3, 4 e 5, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per non avere la CTR, erroneamente, sotto un primo profilo accolto l’appello in quanto la verifica subita dalla società contribuente non si è conclusa con l’adozione di un provvedimento espresso e sotto un secondo profilo, in difetto di motivazione e in violazione di legge, ritenuta legittima la notifica dell’avviso di accertamento nel rispetto del termine di 60 giorni dalla consegna o notifica del PVC erroneamente confondendo o equiparando il PVC di contraddittorio con l’accesso e con la consegna del verbale di contraddittorio;

– il motivo, in sostanza bicefalo poichè contenente i due profili di censura sopra sinteticamente riassunte, è complessivamente infondato;

– è ben vero che parte ricorrente denuncia, in concreto, la violazione della L. n. 4 del 1929, art. 24, per avere la CTR trascurato che, in base alla norma invocata, “le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale”; ma è altrettanto vero che tal onere di redazione, ritiene la Corte, anche ove non sia ò assolto in forza della disposizione sopra richiamata, non impedisce in alcun caso l’emissione di avvisi di accertamento in base all’autonoma valutazione dell’amministrazione finanziaria, alla luce del disposto della disposizione invocata dal ricorrente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 31120 del 29/12/2017, e precedentemente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27711 del 11/12/2013; in ultimo, in termini, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12094 del 08/05/2019);

– anche sotto il secondo profilo la declinazione del motivo è infondata;

– invero, quanto alla censura motivazionale pure svolta, la CTR sia pure sinteticamente ha dato conto con adeguatezza delle valutazioni e degli accertamenti in fatto oltre che delle ragioni in diritto in forza delle quali ha ritenuto che l’attività di controllo in loco da parte degli operanti si sia conclusa in occasione del perfezionamento degli accessi e della consegna del verbale di contraddittorio (rectius PVC), dalle date di entrambi i quali adempimenti ha poi il giudice dell’appello verificato esser trascorsi i prescritti 60 giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento (pag. 5 terzultimo periodo sentenza CTR);

– in ordine all’ulteriore profilo posto, la successiva declinazione del motivo è pure priva di fondamento; la recente giurisprudenza di questa Corte che infatti sanziona con l’illegittimità l’avviso di accertamento emesso ante tempus (per tutte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 701 del 15/01/2019) presuppone per l’appunto la violazione del termine di cui all’art. 12, comma 7, violazione che la CTR ha escluso difettandone i presupposti di fatto in quanto in concreto detto termine è stato rispettato come illustrato sopra;

– il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, dell’art. 2697 c.c. nonchè del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 53 e 75 e del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, convertito in L. n. 44 del 2012, e difetto di motivazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 2 e dell’art. 156 c.p.c., comma 2, o in subordine ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denunzia a sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per avere la CTR in primo luogo erroneamente ritenuto il contribuente onerato di fornire la prova della regolarità ed effettività delle operazioni di fatturazione ritenute inesistenti, mentre detto onere gravava sul creditore dei tributi, vale a dire sull’Ufficio; in secondo luogo per avere la CTR, senza motivare sul punto, erroneamente omesso di tener conto della disposizione di cui al D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, come convertito in legge ritenendo ai fini dell’imposizione sul reddito indeducibili i costi oggetto delle operazioni contestate;

– quanto alla prima sua declinazione, il mezzo è infondato;

– è costante la giurisprudenza di questa Corte nel ritenere che in tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti essa ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili; parimenti, si è ritenuto che il diritto alla detrazione IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, ed il diritto alla deducibilità dal reddito di impresa, ai fini delle IIDD, dei costi inerenti non può prescindere dalla regolarità delle scritture contabili ed in specie dalla fattura che, in tema di IVA, è documento idoneo a rappresentare un costo dell’impresa, come si evince chiaramente dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, che ne disciplina il contenuto, prescrivendo tra l’altro l’indicazione dell’oggetto e del corrispettivo di ogni operazione commerciale; pertanto, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta effettivamente all’Amministrazione finanziaria, che adduce la falsità del documento, provare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere (Cass. n. 27341 del 2005; Cass. n. 12802 del 2011, Cass. n. 20786 del 2013). Tale prova è però raggiunta se l’Amministrazione fornisca validi elementi (alla stregua del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e art. 40 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2), che possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi idonei ad integrare una presunzione (Cass. nn. 21953/07, 9363/15; nello stesso senso CGUE sent. Axel Kittel, 6 luglio 2006, C-439/04 e CGUE sent. Stroy trans EOOD, 31 novembre 2013, C642/11), per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, ovvero (ai sensi dei decreti indicati, art. 39, comma 2, lett. c) e dell’art. 54, comma 3) per dimostrare la “inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati” ovvero la “inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione”. In tal caso, sarà trasferito al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. n. 21953 del 2007; Cass. n. 15395 del 2008; Cass. n. 2847 del 2008);

– nel presente caso, la CTR ha accertato che, come dedotto dall’Ufficio, le fatture contestate erano state pagate per mezzo di assegni bancari girati dal beneficiario dei pagamenti (il Li Pira) ai contribuenti o loro famigliari e tal circostanza non è risultata scalfita, secondo la CTR, da alcuna indicazione probatoria di segno contrario, in quanto l’asserita compensazione tra l’attività del ridetto beneficiario e i danni causati alla contribuente società è rimasta, secondo la CTR, non provata (pagg. 6 e 7 specialmente ultimi periodi della sentenza impugnata);

– nella sua seconda declinazione, con le precisazioni che seguono, il motivo è invece fondato;

– questa Corte ha chiarito come (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 33915 del 19/12/2019) in tema di imposte sui redditi, la disposizione di cui al D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, conv. dalla L. n. 44 del 2012, secondo cui non sono ammessi in deduzione costi e spese di beni o prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, è invocabile soltanto in caso di operazioni soggettivamente inesistenti e non anche in caso di operazioni oggettivamente inesistenti; è infatti pure sempre richiesto, ai fini della deduzione quanto all’imposizione diretta, che si tratti di costi non in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità;

– d’altro canto, però, si è altrettanto chiaramente statuito (Sez. 5, Sentenza n. 27040 del 19/12/2014; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7896 del 20/04/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 19000 del 17/07/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 15630 dell’11/06/2019) che in tema di imposte sui redditi, non quanto all’Iva, e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, ai sensi del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, conv., con mod., nella L. n. 44 del 2012, che ha portata retroattiva ed è applicabile anche d’ufficio, i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese;

– pertanto, a fronte di costi oggettivamente inesistenti dei quali correttamente l’Erario nega la deduzione ai fini dell’imposizione ridetta del reddito d’impresa, dovranno (ove il contribuente fornisca la prova del loro collegamento con tali costi) simmetricamente (sul piano logico) escludersi dall’imposizione i corrispettivi ricavi;

– diversamente, infatti, si determinerebbe una imposizione del reddito d’impresa fondata su un concetto sostanzialmente “lordo” della sua determinazione, il che a fronte dell’art. 53 Cost. non è consentito;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, denunzia a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sull’eccezione dei contribuenti relativa alla illegittimità delle cartelle di pagamento difettando i requisiti per l’iscrizione straordinaria a ruolo dell’intero carico fiscale;

– il motivo è fondato;

– come questa Corte ha ancora recentemente affermato (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 7795 del 14/04/2020), l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis, in forza della quale è consentito all’amministrazione di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi e perciò passibili di annullamento totale o parziale ad opera del giudice, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), ha carattere eccezionale e presuppone la sussistenza di un fondato pericolo per la riscossione, ciò che impone l’obbligo, in capo all’amministrazione, ai sensi della L. n. 212 del 2000, artt. 7, comma 3, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3, di indicare nella cartella, anche in forma sintetica e con motivazione “per relationem”, le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, siano stati ritenuti sussistenti fatti indicativi di un fondato “periculum in mora” tali da giustificare l’integrale riscossione del credito, compromettendosi altrimenti il diritto di difesa del contribuente;

– nel presente caso, come risulta dal contenuto delle cartelle, debitamente trascritte in ricorso per cassazione a pag. 36 dell’atto nel rispetto del canone della c.d. “autosufficienza” dei motivi di ricorso per cassazione, tale motivazione non era presente in esse; detti atti quindi dovevano essere annullati in quanto sprovvisti di tal requisito di legge;

– pertanto, il ricorso è accolto limitatamente al secondo e terzo motivo, quanto al secondo nei termini di cui in motivazione; il primo motivo è rigettato;

– conseguentemente, la sentenza è cassata limitatamente al secondo e al terzo motivo; nel resto il ricorso è rigettato.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione; accoglie altresì il terzo motivo di ricorso; rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA