Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18203 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. III, 05/08/2010, (ud. 09/07/2010, dep. 05/08/2010), n.18203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), in persona

del suo Amministratore pro tempore, D.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato

D’AMICO LUIGIA, rappresentato e difeso dall’avvocato NOLE’ GIUSEPPE

giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SCHINDLER S.P.A. (OMISSIS), in persona dei Direttori e

Procuratori Ing. L.M. e Sig. N.D., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio

dell’avvocato CUCCIA ANDREA, che la rappresenta e difende giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2454/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 28/09/2005, depositata il

20/10/2005 R.G.N. 172/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato CUCCIA ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dell’11 febbraio 2002 il Tribunale di Milano, in accoglimento dell’opposizione proposta dal Condominio di via (OMISSIS), revocava il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dello stesso in data 22 giugno 1999, a istanza di Schindler s.p.a., per il pagamento della somma di L. 5.864.700, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per attivita’ di manutenzione, sostituzione, ricambi e riparazione impianti elevatori.

Su gravame principale dall’opposto e incidentale dall’opponente, la Corte d’appello, in data 20 ottobre 2005, in riforma della impugnata pronuncia, rigettava l’opposizione nonche’ l’appello incidentale.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione il Condominio di via (OMISSIS), formulando tre motivi.

Resiste con controricorso Schindler s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 cod. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere il giudice di merito ritenuto Schindler s.p.a. esonerata dall’onere di provare il fatto costitutivo della domanda, essendosi il Condominio limitato a contestare il quantum dell’opposta pretesa. L’affermazione sarebbe sbagliata a sol considerare che non esiste nel nostro ordinamento un principio che obblighi una parte alla specifica contestazione dei fatti allegati dall’altra, vero essendo invece che, in base alla regola di cui all’art. 2697 cod. civ., questi devono essere provati da chi agisce in giudizio.

1.2 Col secondo mezzo il ricorrente lamenta mancanza e insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, e cioe’ sulla idoneita’ delle deduzioni difensive del Condominio a costituire un comportamento concludente idoneo a suffragare la tesi della fondatezza della domanda attrice in ordine all’an, e cio’ tanto piu’ che, in sede di precisazione delle conclusioni l’opponente aveva radicalmente contestato tutte le avverse deduzioni. Il decidente aveva altresi’ completamente ignorato la violazione dei diritti di difesa perpetrata attraverso la mancata celebrazione delle udienze ex artt. 183 e 184 cod. proc. civ., e la mancata concessione del termine ex art. 180 cod. proc. civ. 2 Le doglianze, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondate per le ragioni che seguono.

Esse hanno ad oggetto l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’opponente non aveva mai contestato l’esatta esecuzione, da parte di Schindler s.p.a., delle prestazioni previste dal contratto di manutenzione stipulato inter partes, ma esclusivamente l’entita’ del canone esposto nelle fatture, in quanto superiore a quello contrattualmente convenuto, nonche’ l’indebito accollo al Condominio della maggiorazione IVA, dal momento che questa, secondo l’ingiunto, doveva ritenersi inglobata nel corrispettivo pattuito. Secondo il decidente, in tale contesto, l’opposta non era onerata di provare l’adempimento delle proprie obbligazioni, ma solo la correttezza degli aumenti praticati sul canone semestrale, nonche’ l’obbligo del Condominio di pagare l’IVA. 3 Osserva il collegio che l’impianto argomentativo della sentenza impugnata e’ corretto e condivisibile.

L’onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, dall’art. 167 cod. proc. civ., imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che i fatti stessi, ove non contestati, devono considerarsi incontroversi.

La non contestazione, cioe’, e’ un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, e segnatamente del thema probandum, funzionando come preclusione istruttoria, con effetti vincolanti per il giudice, il quale dovra’ astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e ritenerlo, percio’ stesso, sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti (confr, Cass. civ., 5 marzo 2009, n. 5356; Cass. civ., 19 agosto 2009, n. 18399; Cass. civ. 23 febbraio 2009, n. 4381) . E invero la mancata contestazione, a fronte di un onere esplicitamente imposto dal dettato legislativo costituisce di per se’ adozione di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto, onde nell’ambito di operativita’ di un onere siffatto si rende sostanzialmente inavvertibile, ai fini dell’identificazione dei fatti pacifici, la tradizionale differenza tra ammissione implicita e non contestazione (Cass. civ. sez. un. 23 gennaio 2002, n. 761).

Di tali principi, pienamente condivisi dal collegio, la Corte territoriale ha quindi fatto buon governo allorche’ ha affermato che l’opposta non doveva affatto dimostrare le attivita’ e le forniture per il cui pagamento aveva agito in giudizio, ma solo la legittimita’ degli aumenti praticati sul canone semestrale di manutenzione nonche’ l’obbligo del Condominio di pagare l’imposta sul valore aggiunto, non essendo questo incorporato nel canone.

4 Quanto poi alle critiche in ordine alla pretesa violazione dei diritti di difesa, per la mancata celebrazione delle udienze ex artt. 183 e 184 cod. proc. civ., esse sono inammissibili, per mancanza di specificita’, ignorando del tutto le argomentate ragioni della decisione.

La Curia territoriale ha invero evidenziato al riguardo che, alla prima udienza di trattazione, nessuna delle parti aveva chiesto la concessione dei termini ne’ per precisare e modificare la domanda, ex art. 183 c.p.c., u.c., ne’ per provvedere alla produzione di nuovi documenti e all’articolazione di nuovi mezzi di prova, ex art. 184 cod. proc. civ. (nel testo antecedente alle modifiche di cui al D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, e modificato dalla L. n. 263 del 2005), di talche’ neppure si comprende di cosa esattamente si dolga il Condominio ricorrente.

5 Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte meneghina rigettato l’appello incidentale volto ad ottenere l’annullamento del contratto di manutenzione, in quanto concluso in stato di necessita’, senza considerare la coartazione della volonta’ subita dal Condominio al quale era stata prospettata la decadenza dalla garanzia per i vizi, ove non avesse stipulato con l’opposta il contratto di manutenzione dell’impianto.

4 Anche tali critiche sono destituite di ogni fondamento.

Esse hanno ad oggetto il giudizio di inammissibilita’ della domanda di annullamento contrattuale proposta in sede di gravame dal Condominio, in quanto fondata su una causa petendi diversa da quella azionata in prime cure. In ogni caso, ha aggiunto il decidente, il prospettato stato di necessita’ era inidoneo a fondare una pronuncia di annullamento del contratto, ma piuttosto, nel concorso degli altri presupposti indicati dall’art. 1447 cod. civ., una pronuncia di rescissione per lesione dello stesso.

A fronte di tali argomentazioni, le critiche dell’impugnante ignorano che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il collegio non intende discostarsi, l’interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non e’ censurabile in sede di legittimita’ quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata, avuto riguardo all’intero contesto dell’atto e al contenuto sostanziale della pretesa in relazione alle finalita’ che la parte intende perseguire (confr. Cass. civ., 9 settembre 2008, n. 22893).

Non e’ superfluo aggiungere che non risulta comunque chiarito quale mezzo di tutela abbia inteso azionare l’opponente, posto che lo stesso sembra evocare sia la minaccia di un male ingiusto e notevole – che costituisce elemento caratterizzante della violenza morale, ex art. 1435 cod. civ. – sia la sproporzione tra l’obbligazione di una parte e quella dell’altra, che e’ elemento costitutivo dell’azione generale di rescissione per lesione di cui all’art. 1448 cod. civ. In tale contesto il ricorso deve essere rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 700,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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