Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1820 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2010, (ud. 19/10/2009, dep. 28/01/2010), n.1820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.a.s. ZANARDI Pietro & C., con sede in (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliata in

Roma alla Via Confalonieri n. 5 presso lo studio dell’avv. MANZI

LUIGI che la rappresenta e difende, “anche disgiuntamente all’avv.

Paolo CENTORE e all’avv. Emanuele COGLITORE”, in forza della procura

speciale rilasciata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e li difende;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 43/43/05 depositata il 6 aprile 2005 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 19 ottobre 2009

dal Cons. Dott. Michele D’ALONZO;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Emanuele COGLITORE,

per la ricorrente, e dall’avv. D’ASCIA (dell’Avvocatura Generale

dello Stato), per le amministrazioni pubbliche;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato all’AGENZIA delle ENTRATE il 22 maggio 2006 (depositato il 6 giugno 2006), la s.a.s. ZANARDI Pietro & C. – premesso che con atto notificato il 12 aprile 2000 il competente Ufficio, “sulla base delle risultanze del processo verbale di constatazione redatto in data 3 luglio 1997 dalla Guardia di Finanza di Voghera” (la quale aveva rinvenuto nella sua contabilità “fatture emesse dalla società la Generale srl” che, secondo i controlli eseguiti dalla Tenenza di Legnano della stessa Guardia di Finanza, “risulta essere una società c.d. cartiere”), aveva contestato ad essa “l’omessa presentazione di n. 7 elenchi riepilogativi degli acquisti intra comunitari relativi ai mesi da gennaio a luglio 1995 e l’incompleta compilazione di n. 2 elenchi dove non sono stati considerati gli acquisti effettuati senza l’emissione di fattura”, assumendo che l’interposizione di dette società tra essa (“acquirente”) e “gli effettivi fornitori (extra comunitari)” consentiva a sè stessa di “eludere gli obblighi IVA sugli acquisti intracomunitari, tra cui anche la compilazione degli elenchi INTRASTAT, di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50, comma 6, ed al D.L. n. 16 del 1993, art. 6, comma 1”, -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare (“con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese di ogni grado” e con declaratoria di “illegittimità e/o comunque… nullità integrale della pretesa tributaria”), la sentenza n. 43/43/05 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (depositata il 6 aprile 2005) che aveva recepito l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (468/05/00) della Commissione Tributaria Provinciale di Pavia la quale aveva accolto il suo ricorso affermando (1) che “nella fattispecie, l’Ufficio IVA ha di fatto delegato la propria potestà impositiva alla Guardia di Finanza, abdicando al proprio ruolo istituzionale” e (2) che “l’onere della prova dei fatti posti a base della pretesa fiscale incombente all’Ufficio in applicazione dell’art. 2697 c.c.”, non è stato “assolto” perchè “mancano elementi certi ed inoppugnabili che coinvolgano la Zanardi sas nelle vicende a monte addebitate alle altre società cartiere”.

Nel controricorso notificato il 30 giugno 2006 (depositato il 19 luglio 2006) l’Agenzia intimata, con il “favore delle spese”, instava per il rigetto dell’avversa impugnazione.

Il 12 ottobre 2009 la società depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disattesa la deduzione – formulata dalla società nelle memorie depositate – di “nullità dell’intero processo” (“con conseguente necessità di rimessione dello stesso in primo grado”) – fondata sul “principio” (“così Corte di Cassazione… 19 giugno 2009 n. 14442”) secondo cui “l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone” (“nel caso”, essa società e i suo soci P. e Z.V.) “e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, devono riguardare inscindibilmente sia la società che tutti i soci” – in quanto il detto principio riguarda (ed è stato pronunciato dalle sezioni unite sentenza 4 giugno 2008 n. 14915 cui hanno fatto seguito le decisioni 6 aprile 2009 n. 8253; 18 maggio 2009 n. 11549, tra le molte, di questa sezione soltanto in riferimento alle dichiarazioni dei redditi della società di persone e dei suoi soci (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, di “Approvazione dei Testo Unico delle Imposte sui redditi”) mentre nel caso si verte in ipotesi di rettifica della dichiarazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), al cui rapporto tributario sono del tutto estranei i soci anche di una società di persone come la s.a.s. ZANARDI. 2. Nella sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale premette:

– con “atto di contestazione n. (OMISSIS) anno d’imposta 1995” l’Ufficio IVA “irrogava la sanzione pecuniaria minima di L. 2.500.000 per omessa, compilazione di 7 elenchi riepilogativi relativi ai mesi da gennaio a luglio 1995 e incompleta, compilazione di 2 elenchi, non avendo considerato gli acquisti effettuati senza emettere fattura (rilievi n. 4 e 6 del pvc.)”;

– la società ha impugnato detto atto eccependo “l’illegittimità dell’accertamento” siccome “motivato con un semplice riferimento al processo verbale della Guardia di Finanza di Voghera redatto al termine di una verifica fiscale durata oltre due anni riguardante gli esercizi d’imposta dal 1990 al 1996”, “chiedendone l’annullamento per carenza di motivazione e infondatezza”;

– il giudice di primo grado ha accolto il ricorso della contribuente “rilevando che la motivazione degli accertamenti per relationem è legittima, ma l’Ufficio impositore non può acquisire in via automatica e acritica le risultanze della Guardia di Finanza, delegando di fatto la propria potestà impositiva senza esperire in via autonoma alcuna indagine a supporto di elementi certi ed inconfutabili”;

– l’Ufficio ha impugnato “la predetta sentenza… esponendo che i medesimi fatti contestati da controparte sono stati oggetto di analogo contenzioso per gli anni di imposta 1990, 1992, 1993 e 1994, ove l’Ufficio è risultato vincitore nel primo grado ed anche a seguito di appello del contribuente, come da sentenza riunita n. 375/14/00 di questa Commissione regionale relativa a tutti gli anni d’imposta, e sostenendo di aver provato con ragionevole certezza i fatti contestati utilizzando correttamente gli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza portati a conoscenza del contribuente”; “con successiva memoria l’Ufficio” ha fatto “presente che i medesimi fatti, contestati ai fini IRPEF e ILOR, sono stati oggetto di analogo contenzioso tributario avanti questa Commissione Regionale, che ha respinto gli appelli del contribuente confermando l’operato dell’Ufficio con sentenze n. 61-62-63/42/04”;

– nella memoria depositata in appello la contribuente ha descritto “i rapporti commerciali intrattenuti con La Generale srl, contestando l’assunto che la stessa sia società di comodo-cartiere”.

Ciò posto, la Commissione Tributaria Regionale ha accolto il gravame osservando:

– l’Ufficio “ha motivato l’atto impositivo richiamando il processo verbale del 3 luglio 1997 della Guardia di Finanza di Voghera, regolarmente consegnato alla ricorrente, con l’indicazione precisa dei riferimenti in cui sono descritti i fatti e le circostanze con i dati contabili che supportano le violazioni accertate, e tale riferimento soddisfa i precetti contenuti nel D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56, (Cass. 6142/85)”;

– “nello specifico, le sanzioni relative al 1995 sono riassunte nei fogli da 73 a 78 ed allegato 84 del processo verbale, che descrivono in dettaglio la seguenti situazione: omessa presentazione e/o incompleta compilazione degli elenchi riepilogativi (listings), non avendo considerato gli acquisti non fatturati… effettuati nell’anno 1995 presso La Generale srl…, risultate società di comodo definita cartiere a seguito di accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza di Legnago”;

– “non si vede cosa altro avrebbe potuto e dovuto accertare l’Ufficio IVA di Voghera a fronte dei dettagliati accertamenti contabili eseguiti dalla Guardia di Finanza, che peraltro godono della fede pubblica ex art. 2700 c.c., a fronte delle generiche contestazioni della parte ricorrente che appaiono del tutto infondate (v. anche Cass. 9100/01, 7208/03)”.

3. La società – assunto avere provveduto nel ricorso introduttivo “alla minuziosa ricostruzione” delle “operazioni in contestazione” (per dimostrare che le stesse erano state “effettivamente compiute”) – investe tale decisione con tre motivi.

A. Con il primo, la ricorrente – richiamati “i principi di sufficienza” della motivazione affermati da questa Corte (“… Cass., 25 giugno 2003, n. 10099; Cass. 9 dicembre 2003, n. 18769”) – denunzia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, riferito all’art. 111 Cost., ed all’art. 112 c.p.c.” e, comunque, “nullità della sentenza gravata” (“stante l’evidente vizio motivazionale di cui è inficiata”), esponendo che la decisione impugnata (avendo affermato solo che “l’Agenzia delle Entrate ha motivato l’atto impositivo richiamando il processo verbale del 3 luglio 1997 della Guardia di Finanza di Voghera, regolarmente consegnato alla ricorrente…, senza alcuna ulteriore indicazione sulle ragioni che hanno condotto a tale scelta”) “non reca alcuna argomentazione che confermi ed attesti che i giudici, accogliendo i rilievi di parte avversa, abbiano comunque valutato con la dovuta e debita accuratezza le tesi ampiamente illustrate (da essa) ricorrente per contrastare le contestazioni dell’Ufficio”.

Tale “carenza”, secondo la contribuente, “diviene ancora più evidente osservando che essa… ha svolto, in fase di merito, specifiche controdeduzioni e prodotto documenti decisamente influenti per dimostrare l’asserita effettività delle suddette operazioni, cosi imponendo una valutazione, sia pure succinta, che risulta del tutto assente”.

Per la società, infine, “l’insufficienza denunziata non viene colmata dall’ulteriore osservazione che gli “accertamenti contabili eseguiti dalla Guardia di Finanza… godono della fede pubblica ex art. 2700 c.c.” atteso che (“secondo l’insegnamento di questa… Corte”) “i processi verbali di constatazione della Guardia di Finanza fanno fede fino a querela di falso, esclusivamente per quel che concerne le dichiarazioni sui fatti o atti compiuti dai verbalizzanti o da loro direttamente rilevati (cfr. Cass., Sez. 1^, 11 dicembre 1994, n. 10855)” mentre “le valutazioni richiamate (e non eseguite personalmente) dai verbalizzanti, a norma dell’art. 2700 c.c., non sono coperte da alcuna efficacia probatoria privilegiata” per cui “il giudice… di merito avrebbe dovuto motivare la conclusione raggiunta che, ove non motivata, si manifesta palesemente illegittima”.

B. Nell’altra doglianza la società contesta il punto della decisione nel quale il giudice di appello afferma che “il processo verbale del 3 luglio 1997 della Guardia di Finanza di Voghera, regolarmente consegnato alla ricorrente, con l’indicazione precisa dei riferimenti in cui sono descritti i fatti e le circostanze con i dati contabili che supportano le violazione accertate, e tale riferimento soddisfa i precetti contenuti nel D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56”, e denunzia – sub specie di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” e di “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2, nonchè dell’art. 2697 c.c.” – “l’errata valutazione… del mancato assolvimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’onere probatorio prescritto dall’art. 2697 c.c.,” detto “sindacabile in sede di legittimità per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (in tal senso cfr.: Cass. civ., sez. 3^, sent. 14 febbraio 2001, n. 2155; Cass. civ., sez. 1^, sent. 2 dicembre 1993, n. 11949”) esponendo:

– “l’art. 54, al comma 2, in caso di previa ispezione dei dati contabili, consente la rettifica, anche in via presuntiva, di quanto esposto in dichiarazione (IVA) purchè si sia in presenza di presunzioni qualificate (ossia, gravi, precise e concordanti)”: “il ricorso a presunzioni” per procedere a “revisione della posizione del contribuente”, pertanto, “è ammesso… alla condizione che esse forniscano adeguate garanzie di attendibilità”;

– “nel caso…, è evidente che gli elementi (meramente indiziar) sui quali controparte fonda la propria pretesa non siano idonei a soddisfare i requisiti necessari affinchè possa considerarsi legittimamente realizzata almeno una delle ipotesi previste dalla fattispecie legale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54”, per cui “non può ritenersi legittimamente applicabile il disposto di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2, alla cui stregua l’atto di contestazione deve contenere l’indicazione, a pena di nullità, degli elementi probatori sui quali si fonda e si determina la sanzione applicata”.

Secondo la ricorrente, “valutando gli elementi sui quali l’Ufficio fonda la propria pretesa, risulta dubitabile che essi possano ritenersi tali da poter definire la pretesa qui opposta fondata su prove certe, ovvero su presunzioni qualificate” atteso che “si contesta l’incompleta compilazione degli elenchi riepilogativi degli acquisti intra comunitari, non avendo considerato gli acquisti effettuati nei mesi di gennaio, marzo e aprile 1996”, la “pretesa effettuazione” dei quali “è ipotizzato sulla base della sola circostanza che ad emettere le relative fatture siano state, rispettivamente, la società La Generale srl di (OMISSIS) (per l’ammontare di L. 143.594.826, pari ad Euro 74.160,54) e la società Best Linea srl di (OMISSIS) (per l’ammontare di L. 144.568.965, pari ad Euro 74.663,64)”, definita “di comodo, o cartiere, a seguito di accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza di Legnano (cfr. pag. 3 della sentenza) che, a detta dell’Ufficio, si sarebbero interposte tra i fornitori extra comunitari e la ricorrente per consentire a quest’ultima di eludere gli obblighi derivanti dal compimento di operazioni Iva intraco-munitarie (tra cui, appunto, la compilazione dei listings)”.

In definitiva, per la società – essendo “l’infrazione contestata… dipendente dalla qualificazione dei fornitori (di comodo o cartiere)” (fondata, “a sua volta”, “esclusivamente su una Nota… comunicata alla Guardia di Finanza di Voghera dalla Guardia di Finanza di Legnane…, richiamata nell’ambito del processo verbale ma non allegata ad esso nè prodotta nel corso del giudizio”), quindi su “illazioni desunte da un’ indagine tenuta da un organo diverso rispetto a quello che ha condotto l’ispezione nei confronti della ricorrente (la Guardia di Finanza di Legnano), i cui risultati, peraltro, non sono mai stati comunicati o in qualche modo resi noti” -, “la sentenza gravata deve ritenersi viziata ed inficiata dalla circostanza di non aver compiutamente valutato l’eccezione relativa alla evidente ed incontestabile carenza probatoria”.

C. Nell’ultimo motivo la contribuente – premesso che “l’atto di irrogazione dal quale origina la controversia è…. motivato, per il richiamo al processo verbale della Guardia di Finanza di Voghera che… richiama le risultanze e le valutazione contenute in un altro processo verbale, redatto dalla Guardia di Finanza di Legnano (cfr. allegato 84 al p.v. redatto dalla Guardia di Finanza di Voghera), cioè… ad un atto sorto in relazione alla posizione di un soggetto terzo, che… non è stato mai prodotto in giudizio” -, richiamato il principio di “illegittimità dell’avviso di accertamento motivato mediante richiamo ad un processo verbale di constatazione, a sua volta contenente il rinvio alle risultanze di altro processo verbale di constatazione, redatto nei confronti di un terzo e non prodotto in giudizio (Cass.,… trib., 3 dicembre 2001 n. 15234)”, denunzia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 3”, nonchè “motivazione contraddittoria e/o insufficiente”, esponendo che “la mancata allegazione della Nota della Guardia di Finanza di Legnano, richiamata nel P.V…., oltre agli effetti dell’onus probandi.., produce l’illegittimità della motivazione dell’atto impositivo da cui discende la nullità della rettifica, in applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, in conformità… ai principi dettati dalla L. 27 luglio 2000, n. 212”: secondo la ricorrente la sentenza impugnata, ritenendo “sufficiente per escludere il vizio denunziato la produzione in giudizio del solo processo verbale predisposto dalla Guardia di Finanza di Voghera”, non ha tenuto conto dell’”imprescindibile necessità di verificare anche l’attendibilità dei dati desunti dalla verifica operata dalla Guardia di Finanza di Legnano, le cui risultanze non sono mai state offerte in conoscenza ad essa”.

4. Il ricorso della società – i cui due primi motivi vanno esaminati congiuntamente perchè inerenti la medesima situazione fattuale – deve essere accolto nei limiti in appresso indicati.

A. La complessiva doglianza formulata nei detti due motivi di ricorso investe, sotto l’aspetto della violazione normativa e della sufficienza motivazionale, l’affermazione del giudice di appello (che richiama “Cass. 9100/01, 7208/03”) – costituente l’unico dato esplicativo delle ragioni logico giuridiche che sorreggono l’afferente punto della decisione impugnata – secondo la quale, tenuto conto delle “generiche contestazioni della parte ricorrente” (“che appaiono del tutto infondate”), l’Ufficio, “a fronte dei dettagliati accertamenti contabili eseguiti dalla Guardia di Finanza” (che “godono della fede pubblica ex art. 2100 c.c.”), non “avrebbe potuto e dovuto” fare “altro”.

La censura della ricorrente è fondata perchè, per l’articolo detto, “l’atto pubblico” – quindi anche “il processo verbale di constatazione, redatto dalla guardia di finanza, o dagli altri organi di controllo fiscale” avente, indubbiamente (Cass., trib., 10 febbraio 2006 n. 2949), la stessa natura – “fa piena prova” (vincibile solo con la proposizione della “querela di falso”) unicamente quanto alla “provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato”, alle “dichiarazioni delle parti” ed agli “altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.

In ordine a tale norma, questa Corte (per quanto -, rileva ai fini dell’esame della censura) ha già precisato che:

– non può essere attribuita “fede privilegiata nè ai giudizi valutativi, nè alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali” (Cass., il, 4 novembre 2008 n. 26488, che richiama “Cass., sent. n. 6565 del 2007, n. 20441 del 2006”; cui adde: Cass., 3^, 14 aprile 2000 n. 4844);

– “l’atto pubblico”, comunque (Cass., 3^, 2 ottobre 2008 n. 24530), “non prova la veridicità ed esattezza delle dichiarazioni rese” al pubblico ufficiale rogante “dalle parti” per cui quelle dichiarazioni “possono essere contrastate ed accertate con tutti i mezzi di prova consentiti dalla legge, senza che, all’uopo, occorra o possa proporsi, querela di falso (v. Cass. n. 10569/2001)”;

– “resta ovviamente” sempre “fermo il potere del giudice di valutare” le “circostanze” esposte nell’atto assistito da fede privilegiata e “decidere se esse costituiscano o meno prove della responsabilità oggetto della domanda” (Cass., 3^, 18 settembre 2008 n. 23852);

– la fede privilegiata prevista dalla norma non esclude (Cass., 3^, 16 giugno 2003 n. 9620) il “il potere – dovere del giudice di valutare liberamente, ai fini del proprio convincimento, l’esattezza delle operazioni effettuate ed i relativi risultati”;

– “il materiale probatorio” costituito dalle “altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato” è (Cass., lav., 6 giugno 2008 n. 15073) “liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente delle circostanze riferite al pubblico ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori”.

Dall’applicazione alla specie degli esposti principi discende che il mero richiamo alla “fede pubblica ex art. 2700 c.c.”, goduto dagli “accertamenti contabili” (quand’anche giudicati “dettagliati”) “eseguiti dalla Guardia di Finanza”, operato dal giudice a quo, e la sola affermazione (senza alcuna ulteriore spiegazione), dello stesso giudice, della infondatezza delle “contestazioni della parte ricorrente” (non indicate ma qualificate “generiche”) rivelano:

(a) l’insufficiente analisi della portata normativa dell’art. 2700 c.c., con conseguente violazione della stessa, nonchè (b) l’impossibilità di individuare, per totale indeterminatezza, le ragioni del mancato accoglimento delle “contestazioni” della contribuente, quindi l’assoluta assenza motivazionale per carenza di qualsiasi afferente spiegazione: in definitiva la sussistenza dei vizi denunciati dalla ricorrente, le cui doglianze, pertanto, debbono essere accolte.

Tale accoglimento, intuitivamente, rende inutile l’esame delle specifiche censure svolte a supporto della sussistenza, oltre a quello propriamente in sè, di un vìzio motivazionale anche in relazione alla valutazione delle contestazioni della contribuente e dei concreti elementi fattuali offerti dalla stessa, contenute nel secondo motivo di ricorso e importa l’assorbimento dello stesso.

B. L’ultimo motivo di ricorso – tenuto conto del fatto che l’atto irrogativo della sanzione è stato notificato il 12 aprile 2000 – è privo di pregio.

B.1. Il D.Lgs. dicembre 1997, n. 472, art. 16, comma 2, – come integrato dal D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, art. 2, comma 1, lett. g), ma nel testo anteriore all’altra integrazione, operata con il D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 7, lett. c), che ha aggiunto, in fine al comma, il seguente periodo: “se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale” applicabile alla specie ratione temporis -, invero, impone(va) all’ente di indicare (“con indicazione”) nell’”atto di contestazione” della sanzione, a espressa “pena di nullità” dell’atto stesso, (soltanto) i “fatti attribuiti al trasgressore”, gli “elementi probatori”, le “norme applicate”, i “criteri” seguiti “per la determinazione delle sanzioni e della loro entità” e, infine, i “minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni”.

Per la disamina della doglianza, il punto centrale della disposizione è dato dall’inciso “con indicazione”, per il cui tenore letterale e logico, tenuto conto della finalità dell’atto, l’obbligo dell’ente si ferma(va), appunto, alla “indicazione” – quindi alla sola esposizione ed enunciazione – degli specifici elementi (fatti attribuiti, elementi probatori di questi, norme applicate e criteri di determinazione dell’entità della sanzione) previsti nella norma, senza alcun riferimento (ai fini, beninteso, della sola validità dell’atto, non già anche della prova della violazione ascritta con lo stesso) alla necessità della conoscenza, da parte del trasgressore sanzionato, o dell’allegazione (ai fini della conoscibilità), del documento costituente la fonte, oltre che di cognizione dei fatti sanzionati, anche (eventualmente) di prova degli stessi.

B.2. Il motivo, peraltro ed infine, presenta profili di inammissibilità, per insufficiente esposizione (in violazione dell’art. 366 c.p.c.), nel ricorso per cassazione, del concreto ed effettivo contenuto dell’atto impugnato: tale esposizione si palesa necessaria per consentire a questa Corte di verificare l’eventuale incongruità od erroneità della affermazione del giudice a quo per la quale l’Ufficio “ha motivato l’atto impositivo richiamando il processo verbale del 3 luglio 1997 della Guardia di Finanza di Voghera, regolarmente consegnato alla ricorrente, con l’indicazione precisa dei riferimenti in cui sono descritti i fatti e le circostanze con i dati contabili che supportano le violazioni accertate, e tale riferimento soddisfa i precetti contenuti nel D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56”.

L’accertamento della avvenuta riproduzione, nell’atto di irrogazione della sanzione, del “contenuto essenziale” dell’altro atto richiamato dall’ente, come ovvio, costituisce una quaestio facti perchè involge l’esame del contenuto dell’atto sanzionatorio e, soprattutto, la disamina della sufficienza di quella riproduzione (non tanto, si ripete, a prova del fatto inerente il richiamo ma, soprattutto) a far conoscere al contribuente gli elementi essenziali (che potrebbero essere manchevoli già nel testo integrale) richiesti dalla norma.

In ordine alla censurabilità, innanzi a questa Corte, del (punto del)la decisione del giudice di merito relativa alla motivazione di un atto fiscale, va ricordato (Cass., trib.: 16 ottobre 2009 nn. 21971 – 21972; 18 giugno 2008 n. 16422; 8 ottobre 2007 n. 21040) che:

(a) l’interpretazione degli atti amministrativi – quindi anche degli atti (anche sanzionatori) fiscali, atteso che pure in ordine a questi il giudice, in base al contenuto complessivo dell’atto e, se rilevante, in base al comportamento tenuto dalla stessa amministrazione, deve ricostruire l’intento di questa ed il potere che ha inteso esercitare – costituisce (Cass., trib.: 25 gennaio 2006 nn. 1436 e 1437; 5 dicembre 2005 n. 26389; 3^, 2 agosto 2004 n. 14783; lav., 16 marzo 2004 n. 5369; 1^, 20 settembre 2003 n. 13954; lav., 22 agosto 2003 n. 12370; id., 3^, 5 giugno 2001 n. 7584) un apprezzamento di fatto, come tale di esclusiva competenza del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità soltanto per insufficienza o contraddittorietà della motivazione della sentenza, quindi per violazione di quegli stessi canoni interpretativi (art. 1362 c.c. e ss.) che presiedono alla interpretazione dei contratti, ovverosia per vizi che nel caso non sono stati assolutamente dedotti;

(b) l’apprezzamento del fondamento della censura afferente all’interpretazione dell’atto di imposizione fiscale, proprio perchè pertinente al contenuto di un documento, impone alla parte che in sede di legittimità denunci l’erronea valutazione di quel documento da parte del giudice di merito – pena l’inammissibilità del motivo di censura – di riprodurre nel ricorso (art. 366 c.p.c.), in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo (Cass., 3^, 10 agosto 2004 n. 15412), il documento nella sua integrità anche al fine di porre questo giudice di legittimità in condizione di valutare la rilevanza della censura stessa.

L’eventuale errore, siccome attinente all’interpretazione del contenuto dell’atto impugnato, involge l’accertamento di fatto su quel contenuto, e, naturalmente, è denunziabile innanzi a questa Corte unicamente quale vizio motivazionale della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Nel caso, la ricorrente si è limitata a premettere che “l’atto di irrogazione… è illegittimamente motivato, per il richiamo al processo verbale della Guardia di Finanza di Voghera che… richiama le risultanze e le valutazioni contenute in altro processo verbale, redatto dalla Guardia di Finanza di Legnano”: siffatta esposizione, però, non permette di individuare quali siano le “risultanze” e le “valutazioni” contenute nel processo verbale della Guardia di Finanza di Legnano (atto che la ricorrente assume non conosciuto) richiamate nell’atto impugnato e, quindi, di apprezzare la forza motivazionale e probatoria (e non meramente indicativa della fonte della conoscenza dell’infrazione, altrimenti supportata) delle stesse.

5. Per le esposte considerazioni, la sentenza impugnata deve essere cassata sol per quanto concerne il punto investito dai primi due motivi di ricorso e la causa, siccome bisognevole dell’accertamento fattuale afferente la qualità di “cartiera” delle società che hanno emesso le fatture le cui operazioni sono state contestate dall’Ufficio perchè ritenute inesistenti, deve essere rinviata ad altra sezione della medesima Commissione Tributaria Regionale che ha emesso la sentenza impugnata affinchè la stessa – definitivamente ferma l’insussistenza della violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, -, tenuto conto dei richiamati principi di diritto in tema di valutazione (ex art. 2700 c.c.) del contenuto degli atti pubblici, accerti (dando congrua ed esauriente motivazione del convincimento raggiunto) se ed in quale misura le operazioni predette fossero effettivamente inesistenti e provveda, altresì, anche in ordine alle spese processuali di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; rigetta il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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