Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 182 del 11/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/01/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 11/01/2021), n.182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giusepp – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 10198-2020 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.U.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 537/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, rilevato che:

con sentenza del 6/2/2020 la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto dal Ministero dell’Interno con aggravio delle spese del grado, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 26/2/2018 che, rigettata la richiesta di protezione internazionale, aveva riconosciuto a U.L.I. un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 1/4/2020 ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Interno, svolgendo unico motivo;

l’intimato non si è costituito in giudizio;

è stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata;

ritenuto che:

con il motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il Ministero ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vigenti ratione temporis; secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato. (Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02);

nella specie il provvedimento impugnato ha preso in esame, ai fini del citato giudizio di comparazione, oltre all’accertato notevole grado di integrazione sociale e lavorativa del richiedente in Italia (apprendimento della lingua, svolgimento di attività lavorativa autonoma di facchinaggio con partita IVA, reperimento e manutenzione di una abitazione), la precarietà e instabilità della situazione del Paese di origine, riferendosi peraltro genericamente a “condizioni di vita non accettabili” in Nigeria e senza far accenno a concreti e specifici fattori di vulnerabilità soggettiva e individuale del richiedente asilo, ritenuti invece necessari dalla giurisprudenza (Sez. 3, n. 8571 del 06/05/2020, Rv. 657814 – 01; Sez. 1, n. 13079 del 15/05/2019, Rv. 654164 – 01; Sez. 6 1, n. 9304 del 03/04/2019, Rv. 653700 – 01);

nel frattempo è stato emanato il decreto L. 21 ottobre 2020, n. 130, recante, tra l’altro disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, attualmente in corso di conversione al Senato della Repubblica, che ha ridisegnato i presupposti e i contenuti della protezione di diritto nazionale complementare rispetto alla protezione internazionale, mantenendo la denominazione di “protezione speciale” introdotta dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, ma incidendo significativamente sia sull’art. 5, comma 6, sia sull’art. 19, comma 1.1., D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e dettando una norma transitoria (l’art. 15) che si presta, quanto alle domande pregresse e ai giudizi in corso, a differenti interpretazioni;

che in particolare del D.Lgs. n. 286 del 1998, il rinnovato art. 19, comma 1.1., assegna rilievo ai fini del riconoscimento della protezione speciale ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1.2., e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, parimenti novellati, alle ipotesi – riconducibili all’art. 8 della CEDU – in cui l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del richiedente asilo, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica;

che si pone pertanto un complesso problema ermeneutico per individuare la disciplina di protezione complementare pro tempore applicabile, non disgiunto, per di più, dalla esatta ricostruzione degli effettivi contenuti della nuova disciplina;

ritenuto che per questa ragione non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375, comma 1, nn. 1 e 5, e che il ricorso debba essere rimesso alla pubblica udienza ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

La Corte rimette il ricorso alla pubblica udienza della 1 Sezione civile.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2021

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