Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 182 del 09/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/01/2020, (ud. 08/10/2019, dep. 09/01/2020), n.182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. di VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3512-2019 proposto da:

H.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLO SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI SALERNO SEZIONE DI

CAMPOBASSO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI

CAMPOBASSO;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

H.M., cittadino del Bangladesh, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso il decreto n. 2529/2018, emesso dal Tribunale di Campobasso, depositato il 6 dicembre 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con i primi due motivi di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 1, 3, 14 e 16, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto di denegare al medesimo sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria, sia il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, sebbene sussistessero i presupposti di legge per la concessione di tali misure, e senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio;

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla attendibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass. 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti;

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – consistito in conflitti con uno zio per ragioni strettamente private ed economiche -, è generica, e comunque non idonea a supportare il riconoscimento della protezione internazionale, trattandosi di una vicenda a carattere privatistico, non rientrante nei presupposti per la concessione di detta forma di tutela;

a fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, oltre che in una astratta disamina dei principi giuridici in materia, in una richiesta di rivisitazione del merito della vicenda peraltro operata in maniera del tutto generica, mediante il riferimento ad una, non meglio precisata, documentazione, che sarebbe stata disattesa dal Tribunale – improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

Ritenuto che:

il suesposto rilievo, operato dal giudice di merito, escluda in radice come correttamente affermato dal Tribunale – la possibilità di concessione all’immigrato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b);

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguardi il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, bensì quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda;

di conseguenza, in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), debba essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di una situazione di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., 31/01/2019, n. 3016);

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il richiedente, nella narrazione dei fatti che lo hanno indotto ad abbandonare il luogo di origine, ha allegato una vicenda privata a carattere economico e, nondimeno, il giudice di merito ha altresì accertato, con riferimento a fonti internazionali citate nella motivazione del decreto, che il Bangladesh è immune da situazioni di violenza indiscriminata, derivanti da conflitti interni o internazionali;

la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758);

Rilevato che:

del pari, per quanto attiene alla protezione umanitaria, il Tribunale ha accertato che nella narrazione dei fatti operata dallo straniero non sono rinvenibili situazioni di particolare vulnerabilità, e la doglianza si traduce in un tentativo di sovvertire – peraltro mediante allegazioni del tutto generiche ed astratte – tale valutazione, con l’allegazione di circostanze di merito inammissibili in questa sede;

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia erroneamente revocato l’ammissione del medesimo al patrocinio a spese dello Stato;

Ritenuto che:

la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata come nella specie – con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporti mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione dello stesso D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. cit., art. 113 (Cass., 06/12/2017, n. 29228; Cass., 08/02/2018, n. 3028; Cass., 11/11/2018, 32028);

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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