Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18197 del 24/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, (ud. 21/04/2017, dep.24/07/2017),  n. 18197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20657-2012 proposto da:

MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO, (già Ministero delle

Comunicazioni) C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO

CLEMENTI 68, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DE ANGELIS, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA DE MARINIS,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5313/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/07/2012 R.G.N. 2471/11.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha accolto il ricorso proposto da R.M. nei confronti del Ministero per lo Sviluppo Economico e, dichiarato il diritto dell’appellante a percepire l’assegno non riassorbibile previsto dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, ha condannato il Ministero al pagamento delle somme a tale titolo spettanti con decorrenza dal marzo 2000;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Ministero sulla base di due motivi, ai quali ha resistito R.M. con tempestivo controricorso;

che entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. che i motivi di ricorso denunciano ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 la violazione e falsa applicazione della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, letto in combinato disposto con il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3 nonchè l’insufficiente pronuncia su un fatto controverso e decisivo della controversia e rilevano, in sintesi, che la Corte territoriale, disattendendo immotivatamente l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha errato nel ritenere applicabile alla fattispecie il principio della non riassorbibilità dell’assegno personale, sia perchè la norma citata trova applicazione nella sola ipotesi del passaggio di carriera fra amministrazioni statali, sia in quanto l’assegno non ha la finalità di attribuire un trattamento economico privilegiato, essendo unicamente finalizzato ad evitare la reformatio in peius di detto trattamento;

2. che non sussiste l’eccepita inammissibilità del ricorso per difetto della necessaria specificità perchè il Ministero ha individuato le ragioni poste dalla Corte territoriale a fondamento della pronuncia e le ha censurate sviluppando, sia pure mediante il richiamo a precedenti giurisprudenziali, argomenti idonei a confutarle;

3. che la sentenza impugnata si pone in contrasto con l’orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella oggetto di causa (Cass. 12.5.2014 n. 10219) ha richiamato il principio in forza del quale in tema di passaggi di personale e procedure volontarie di mobilità nel pubblico impiego privatizzato, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento;

3.1. che, inoltre, questa Corte, prendendo le mosse dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo, munito all’epoca di giurisdizione esclusiva sulle controversie di lavoro pubblico (vedi, per tutte, Cons. Stato, Ad. plen, 16 marzo 1992, n. 8) – ha evidenziato che il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 202, richiamato dalla L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 57, non è espressione di un principio generale, applicabile indistintamente a tutti i dipendenti pubblici, dovendosi interpretare la norma nel senso che la disciplina relativa all’assegno ad personam, utile a pensione, attribuibile agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova posizione lavorativa, concerne esclusivamente i casi di passaggio di carriera presso la stessa Amministrazione statale o anche diversa amministrazione, purchè statale, non anche i passaggi nell’ambito di Amministrazione non statale, ovvero tra diverse Amministrazioni non statali o da una di esse allo Stato e viceversa;

3.2. che infatti la suddetta norma risponde alla precipua finalità di evitare che il mutamento di carriera nell’ambito dell’organizzazione burocratica dello Stato comporti, per gli interessati, un regresso nel trattamento economico raggiunto, ma di “regresso” può parlarsi soltanto confrontando posizioni omogenee nel contesto di un sistema burocratico unitario, entro il quale il “dipendente statale” si sposti con le modalità previste per il “passaggio” ad altra Amministrazione o ad altra carriera, compreso il caso dell’accesso per concorso, secondo le disposizioni statutarie;

3.3. che sussistono, dunque, limiti soggettivi ed oggettivi all’applicabilità della norma, che inducono di per sè ad escludere che alla stessa possa essere attribuita una portata estensiva e che il legislatore abbia inteso, con tale disposizione, porre un principio di ordine generale, da valere per ogni tipo di passaggio ed indipendentemente dalla natura statale o meno delle organizzazione nel cui ambito si verifica la mobilità (Cass. 16.4.2012 n. 5959 e negli stessi termini Cass. 24.11.2014 n. 24949);

3.4. che la L. n. 537 del 1997, art. 3, comma 57, – che prevede la non riassorbibilità dell’assegno ad personam spettante nei casi di “passaggio di carriera” di cui al T.U. n. 3 del 1957, art. 202 ad altra posizione con trattamento economico inferiore – non si applica in relazione alle assegnazioni al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni del personale dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, disposte ai sensi della L. n. 71 del 1994, art. 6, non essendovi in tal caso passaggio di carriera nella stessa o in altra amministrazione, ma solo un’assegnazione provvisoria con successivo reinquadramento nei ruoli organici del Ministero; ne consegue la legittimità del riassorbimento dell’assegno ad personam, già corrisposto al citato personale, per effetto della dinamica retributiva del trattamento economico” (Cass. 19.11.2010 n. 23474).

3.5. che tale orientamento interpretativo, confermato da Cass. sent. nn. 7282, 15783 e 21434 del 2011, n. 480 e n. 10219 del 2014, nn. 5919, 5920, 12860 e 13123 del 2015, n. 8191 del 22.4.2016, nn. 20556 e 20557 del 12.10.2016 e n. 22782 del 9.11.2016 deve essere anche in questa sede ribadito perchè le ragioni poste a fondamento del principio affermato sono condivise dal Collegio;

4. che il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza deve essere cassata senza rinvio, potendo la causa, che non richiede ulteriori accertamenti di fatto, essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda.

5. che le spese dei due gradi del giudizio di merito devono essere integralmente compensate fra le parti, in considerazione dell’esito alterno e della complessità della questione giuridica, risolta da questa Corte in epoca successiva alla instaurazione del giudizio di primo grado;

5.1. che per il principio della soccombenza vanno, invece, poste a carico del controricorrente le spese del giudizio di legittimità, considerato che il R. ha continuato a resistere al ricorso anche in presenza di un orientamento ormai consolidato di questa Corte favorevole all’amministrazione;

5.1. che non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda. Compensa integralmente fra le parti le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017

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