Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18196 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18196 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 28764-2010 proposto da:
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia
ope legis, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente contro

2013
1609

DANESI ALBERTO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 523/2009 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 25/11/2009 R.G.N. 200/2009;

Data pubblicazione: 29/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/05/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

RG 28764-10

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Brescia, confermando la sentenza di primo grado,
accoglieva la domanda di Danesi Alberto, proposta nei confronti del Ministero

era stato dipendente, diretta ad ottenere il pagamento delle retribuzioni
maturate dalla data di accertamento dell’idoneità al servizio a quella del
provvedimento di risoluzione del rapporto.
La Corte del merito poneva a base del

decisum il rilevo fondante in base al

quale trattandosi di rapporto di pubblico impiego privatizzato andavano
applicati, ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs n. 165 del 2001, i principi del
rapporto di diritto privato, sicché, nella specie, doveva ritenersi che la
risoluzione del rapporto si era verificata alla data della comunicazione al
lavoratore del

relativo provvedimento datoriale e non alla data i

dell’accertamento dell’idoneità al servizio. Tanto perché, secondo la Corte
del merito, la sopravvenuta infermità permanente del lavoratore costituiva
giustificato motivo oggettivo di licenziamento ai sensi dell’art. 3 della
Legge n. 604 del 1966.
Avverso questa sentenza il Ministero della Giustizia ricorre in cassazione
sulla base di tre censure.
La parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima censura il Ministero della Giustizia, deducendo violazione e
falsa applicazione degli artt. 1265 e 1463 cc in relazione agli artt. 113
cpc e 118 att. cpc, sostiene che il rapporto di lavoro, nella specie, è stato

della Giustizia e della Direzione della Casa circondariale di Brescia, di cui

»

risolto a norma degli artt. 129 del DPR n.3 del 1957, 15 del DPR 461/2001 e
21 CCNL del 16 maggio 1995, norme queste che non risultano abrogate dal D.Lgs
‘ n. 165 del 2001.
Con la seconda critica il Ministero della Giustizia, denunciando violazione e
falsa applicazione degli artt. 1265 e 1463 cc in relazione all’art. 15,

della prestazione di lavoro determina la risoluzione del rapporto senza la
necessità che la parte interessata manifesti mediante il negozio di recesso
l’assenza del suo interesse al mantenimento del vincolo giuridico,
determinando la impossibilità assoluta il venir meno della causa del
contratto con conseguente risoluzione di diritto dello stesso ex art. 1463
cc.
Con l’ultimo motivo il Ministero ricorrente, prospettando erronea e/o
insufficiente motivazione su “punto” decisivo della controversia, rileva che
il provvedimento di dispensa dal servizio per inabilità a svolgere qualsiasi
attività lavorativa, emesso a seguito di accertamenti sanitari, ha carattere
dichiarativo e, dunque, ha effetti retroattivi.
Rileva, preliminarmente, il Collegio che tale ultima censura è inammissibile.
Questa Corte ha avuto modo di precisare che il motivo di ricorso con cui – ai
sensi dell’art. 360, n. 5 cpc così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2
febbraio 2006, n. 40 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo
in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere
per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero
e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un

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comma 3 0 , del DPR n. 461 del 2001, afferma che la sopravvenuta impossibilità

fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto
secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto
principale), purché controverso e decisivo ( Cass. 5 febbario 2011 n. 2805 e
Cass. 27 luglio 2012 n.13457)- Diversamente non avrebbe alcun significato la
nuova formulazione del richiamato n. 5 dell’art. 360 cpc e l’esplicito

Nelle specie il Ministero non specifica su quale “fatto” controverso e
decisivo appunta la propria denuncia.
Le prime due censure,che in quanto strettamente connesse dal punto di vista
logico e giuridico vanno trattate unitariamente, sono infondate.
Innanzitutto mette conto osservare che a norma dell’art. 5, comma secondo,
del D.Lgs n. 165 del 2001 la gestione dei rapporto dei dipendenti con le
amministrazioni pubbliche è assunta dagli organi preposti con la capacità e
i poteri del privato datore di lavoro.
Inoltre ai sensi dell’art. 51, comma primo e secondo, del predetto D.Lgs n.
165 del 2001 i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capi I, titolo II del
libro V del codice civile e della legge sui rapporti di lavoro subordinato,
ivi compresa la legge n. 300 del 1970 e successive modificazioni, fatte salve
le diverse disposizioni contenute nel decreto stesso.
Ciò premesso occorre rilevare che costituisce principio acquisito alla
giurisprudenza di questa Corte che la risoluzione del rapporto di lavoro nel
settore privato può attuarsi unicamente nella duplice forma del licenziamento
intimato dal datore di lavoro ovvero delle d’mis ,zion rassegnate dal
lavoratore’pertanto, deve escludersi la possibilità di introdurre un terzo

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riferimento ivi contenuto non più al “punto”, bensì al “fatto”.

genere di risoluzione c.d. automatico ( per tutte V. Cass.

n.

12942 del 22

novembre 1999 nonché Cass. 9 novembre 2004 n.21326).
” Parallelamente va rimarcato che sempre secondo giurisprudenza di legittimità
in tema di sopravvenuta inidoneità del lavoratore allo svolgimento delle
mansioni assegnate, il licenziamento disposto dal datore di lavoro va

mansioni diverse, al giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della
legge n. 604 del 1966, con diritto al termine e all’indennità di preavviso,
diversamente dall’ipotesi in cui la prestazione sia divenuta totalmente e
definitivamente impossibile, senza possibilità di svolgere mansioni
alternative, nel qual caso va ravvisata una causa di risoluzione del rapporto
che non ne consente la prosecuzione, neppure provvisoria ai sensi dell’art.
2119 cod. civ. ( per tutte Cass. 29 marzo 2010 n. 7531).
Lo stesso contratto collettivo per il comparto Ministeri del 16 maggio 1995,
richiamato dal ricorrente, del resto dispone all’art. 21, comma 4

0 , che

“superati i periodi di conservazione del posto previsti dai commi l e 2 ,
oppure nel caso che, a seguito dell’accertamento disposto ai sensi del comma
3, il dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi
proficuo lavoro, l’Amministrazione può procedere, salvo particolari esigenze,
a risolvere il rapporto di lavoro corrispondendo al dipendente l’indennità
sostitutiva del preavviso”. Il che comporta che, anche in base alla
contrattazione collettiva, richiamata nel provvedimento di cessazione del
rapporto di lavoro, non si ha,nella specie, contrariamente a quanto
prospettato dal Ministero, risoluzione automatica del rapporto di lavoro
risalente all’epoca dell’accertamento, dovendo pur sempre l’Amministrazione

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ricondotto, ove il lavoratore possa essere astrattamente impiegato in

per determinare la risoluzione del rapporto, esercitare il potere di recesso,
considerato altresì che, per particolari esigenze, l’Amministrazione può
anche non procedere al licenziamento.
Del resto, nel caso in esame, come evidenziato dallo stesso Ministero
ricorrente,

il dipendente,

a seguito della comunicazione dell’esito

disponibilità a svolgere mansioni compatibili con le sue residue capacità
lavorative e tanto dimostra,

comunque che non ricorre un ipotesi

d’impossibilità totale della prestazione agli effetti dell’art. 1463 cc .
Né a diverse conclusioni può indurre il richiamato art. 129 del DPR n. 3 del
1957 che, nella parte rimasta in vigore, nulla dispone in senso contrario al
riguardo, ovvero l’art. 15 del DPR n. 461 del 2001 che attiene al diverso
istituto del procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle
infermità da causa di servizio per la concessione della pensione privilegiata
ordinaria e dell’equo indennizzo.
Sulla base delle esposte considerazioni deve, pertanto ritenersi corretta la
sentenza impugnata secondo cui gli effetti della risoluzione del rapporto
decorrono dalla data di comunicazione del provvedimento di recesso e non
dalla data dell’accertamento medico dell’inidoneità al lavoro.
Il ricorso pertanto va respinto.
Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità non avendo parte
intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

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dell’accertamento medico aveva comunicato all’Amministrazione la sua

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ 8 maggio 2013

Il Presidente

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