Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18196 del 05/08/2010
Cassazione civile sez. III, 05/08/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18196
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato
e difeso dall’avvocato SCOCCA GIOVANNI giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
ANTHEA IMMOBILIARE S.R.L. (OMISSIS) gia’ IMPEMA s.a.s. in persona
della legale rappresentante pro tempore M.S.,
elettivamente domiciliata in ROMA, V. FULCIERI PAOLUCCI DE’ CALBOLI
60, presso lo studio dell’avvocato AMMIRATI CINZIA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIGNATA PIETRO giusta
delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 183/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 30/11/2005, depositata il
04/02/2006, R.G.N. 692/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/06/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’inammissibilita’ o
manifesta infondatezza, condanna alle spese.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 4 febbraio 2006 la Corte di appello di Venezia ha accolto per quanto di ragione il gravame proposto da R. R. avverso la decisione del 22 febbraio 2001 del Tribunale di Padova, che aveva dichiarato risolto per inadempimento del R. il contratto di locazione da questi concluso con la sas IMPEMA (ora ANTHEA IMMOBILIARE s.r.l.).
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il R., affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso l’Anthea.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art. 112 c.p.c. -) il R. assume che la sentenza impugnata sia affetta dal vizio sopra indicato in quanto la societa’ locatrice avrebbe modificato l’oggetto all’udienza di precisazione delle conclusioni avanti al Tribunale di Padova.
Il motivo non e’ meritevole di accoglimento sotto un duplice profilo.
Il primo e’ che, come si evince dalla intestazione della sentenza impugnata, lo stesso appellante – il R. – instava affinche’ si annullasse la decisione del primo giudice, che prevedeva “il rilascio dell’appartamento sito in (OMISSIS) e relativo garage”.
Il secondo e’ che si trattava di un errore materiale, corretto dalla locatrice – intimante – in sede di precisazione delle conclusioni – e che certamente, proprio per il comportamento successivo dello stesso R., in sede di precisazione delle conclusioni, costituisce una variazione del petitum, che non ha alterato i termini della controversia o introdotto nuovi temi di indagine.
Peraltro, il passaggio argomentativo censurato, e concernente la ritenuta indisponibilita’ di ogni appartamento dell’Anthea non incide sulla decisione nel senso voluto dal ricorrente, in quanto l’oggetto del bene era stato in seguito esattamente identificato senza contestazione alcuna da parte dell’attuale ricorrente.
Su quest’ultima circostanza, di cui tratta la sentenza, il R., peraltro, tace.
2. – Con il secondo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio) il ricorrente non sembra allegare alcun elemento idoneo ad identificare il fatto decisivo nonche’ dove consisterebbe il vizio di motivazione.
Peraltro, se si intende come “punto decisivo” la individuazione del bene oggetto dell’intimazione di sfratto, la censura e’ assorbita da quanto osservato in merito al primo motivo.
Circa, poi, l’asserito vizio di motivazione, va osservato che il giudice dell’appello ha compiutamente motivato in ordine alla non concessione del termine di grazia, ponendo a fondamento del suo convincimento varie rationes decidendi, di cui due, ad avviso del Collegio, dirimenti.
La prima e’ che la concessione rientra nel potere discrezionale del giudice e la seconda e’ che la istanza non venne reiterata nell’atto di riassunzione avanti al Tribunale.
Ne consegue che il ricorso va respinto, e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010