Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18196 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 05/07/2019), n.18196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15014-2016 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DOMENICO

CHELINI N. 5, presso lo studio dell’Avvocato MARCO TORTORELLA, che

lo rappresenta e difende.

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore; MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE in persona dei rispettivi Ministri pro tempore,

SECONDA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI in persona del legale

rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8006/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/12/2015 R.G.N. 10080/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il ricorrente in epigrafe indicato, medico che aveva frequentato la Scuola di Specializzazione in Pediatria presso l’Università degli Studi di Napoli dall’anno accademico 2003 all’anno accademico 20072008, ha impugnato per la cassazione, formulando tre motivi di gravame, la sentenza n. 8006 del 2015 resa dalla Corte di appello di Napoli che aveva confermato la pronuncia n. 27697/2010 emessa dal Tribunale della stessa sede che aveva, a sua volta, respinto la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno derivato dalla mancata attuazione da parte dello Stato Italiano della Direttiva 82/76/CEE e successive modificazioni, nonchè diretta a sentire accertare il diritto alla indicizzazione e rideterminazione triennale della borsa di studio, ai sensi del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6 la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, la applicazione retroattiva della normativa di riferimento, il diritto al risarcimento dei danno da perdita di chance per disparità di trattamento rispetto ai medici ammessi ai corsi di formazione dall’anno 2006 in poi e all’indebito arricchimento della PA che aveva pagato meno il lavoro e la prestazione fornita da esso medico.

2. Hanno resistito con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè l’Università degli Studi di Napoli.

3. Il P.G. non ha formulato richieste scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura: 1) la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, 93/16/CEE e 05/36/CE, degli artt. 2, 10,35,36 e 38 Cost., degli artt. 1,10,11 e 12 preleggi, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, della L. n. 370 del 1999, art. 11, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8 e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1 nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente ad un fatto controverso e decisivo di norme di diritto (artt. 5 – ora 10 – e 189 – ora 249 – del Trattato istitutivo della Comunità Europea; Direttiva 93/16/CEE; D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 e 46), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e insufficiente e contraddittorietà della motivazione, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 per non avere rilevato la Corte territoriale che la fattispecie in esame era caratterizzata dagli elementi tipici della subordinazione, sia con riferimento ai tempi lavorativi, ai riposi, alle ferie e al trattamento economico; 2) la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, 93/16/CEE e 05/36/CE, dell’art. 10 Cost., degli artt. 1,10,11 e 12 preleggi, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, della L. n. 370 del 1999, art. 11, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8 e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 per non avere ritenuto la Corte di merito sussistere alcuna responsabilità dello Stato Italiano, per mancata attuazione delle Direttive Comunitarie, non potendo lo Stato Italiano, da un lato, rendere operanti per i medici specializzandi la previsione delle fonti Europee in tema di compenso adeguato, con il D.Lgs. n. 368 del 1999 e, dall’altro, differendone l’operatività all’anno 2006-07; 3) la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, 93/16/CEE e 05/36/CE, dell’art. 10 Cost., degli artt. 1,10,11 e 12 preleggi, del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, della L. n. 370 del 1999, art. 11, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, artt. 37, 38, 39, 40, 41, 45 e 46, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 8 e della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1,dall’art. 7, comma 5, prorogato fino al 31.12.2005 per effetto della L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36, L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33, L. n. 488 del 1999, art. 22 e L. n. 289 del 2002, art. 36, della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33 e dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 per non essersi i giudici di merito pronunciati sulle domande proposte in via ulteriormente subordinata di indicizzazione annuale, in relazione al tasso di programmato di inflazione e di rideterminazione triennale della borsa di studio, pur essendo state ritualmente proposte e reiterate in sede di gravame.

2. I primi due motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono infondati.

3. Invero, tutti i vizi di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sono inammissibili atteso che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile in causa ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito (cfr. Cass. 7.45.2014 n. 8053; Cass. 29.10.2018 n. 27415).

4. Le denunziate violazioni di legge, poi, sono insussistenti.

5. Con particolare riguardo alle censure del primo motivo, la gravata sentenza conforme al consolidato orientamento di legittimità (cfr. Cass. 27.7.2017 n. 18670; Cass. 22.9.2009 n. 20403), secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, nè del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione -lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi ed al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante.

6. Relativamente alle doglianze di cui al secondo motivo, osserva il Collegio che anche esse non sono meritevoli di accoglimento.

7. L’indirizzo espresso da questa Sezione, con le sentenze n. 794 del 2014 e n. 15362 del 2014 e recepito anche da altre Sezioni di questa Corte, cui si intende dare continuità, è nel senso che il recepimento delle direttive comunitarie che hanno previsto una adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole di specializzazione (direttive non applicabili direttamente ell’ordinamento interno in considerazione del loro carattere non dettagliato) è avvenuto con la L. 29 dicembre 1990, n. 428 e con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (che ha riconosciuto agli specializzandi una borsa di studio pari ad Euro 11.603,52 annui) e non in forza del nuovo ordinamento delle scuole di specializzazione di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999. Quest’ultimo decreto, nel recepire la direttiva CEE n. 93/16 (che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive n. 75/362 e n. 75/363 con le relative successive modificazioni) ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione da stipulare, e rinnovare annualmente tra Università e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti: contratto che, come si è detto, non dà luogo ad un rapporto di lavoro subordinato.

8. Il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica è stato in concreto fissato con il D.P.C.M. 7 marzo 2007, D.P.C.M. 6 luglio 2007 e D.P.C.M. 2 novembre 2007. Per gli iscritti alle scuole di specializzazione negli anni accademici precedenti al 2006-2007 è stato espressamente disposto che continuasse ad operare la precedente disciplina di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (sia sotto il profilo ordinamentale che economico). La Direttiva CEE n. 93/16 (che costituisce, dichiaratamente, un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti) non ha d’altra parte carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscersi agli iscritti alle scuole di specializzazione. La previsione di una adeguata remunerazione per i medici specializzandi è, infatti, contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 96/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica) e i relativi obblighi risultano già attivati dallo Stato Italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.

9. L’importo della predetta borsa di studio è da ritenersi di per sè sufficiente ed idoneo adempimento agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto agli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunce di legittimità che ne hanno riconosciuto l’adeguatezza nella sua iniziale misura, anche a prescindere dalle questioni connesse alla svalutazione monetaria.

10. Il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999 ed il relativo meccanismo di retribuzione non possono, pertanto, ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi. L’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, sotto il profilo in esame, è cessato con l’emanazione del D.Lgs. n. 257 del 1991 di talchè non è ipotizzabile un risarcimento del danno da inadempimento agli obblighi, per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, derivanti dalle direttive comunitarie (cfr. Cass. 14.3.2018 n. 6355; Cass. 29.5.2018 n. 13445).

11. Il terzo motivo, infine, è anche esso infondato.

12. Appare preclusivo all’accoglimento della censura di omessa pronuncia sul motivo di appello proposto in via subordinata, qualora lo stesso non voglia ritenersi implicitamente respinto dal contesto decisionale della gravata sentenza, il rilievo secondo cui la Corte di Cassazione può procedere di ufficio trattandosi di questione di diritto; invero, in virtù dell’orientamento di legittimità, qui condiviso (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13609 del 2015; Cass. n. 2313 del 2010; Cass. n. 11659 del 2012; Cass. n. 15112 del 2013), fondato sui principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., nonchè su una lettura dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello la Corte di Cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito (sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto preclusi in sede di legittimità).

13.Ciò premesso, devono, infatti, qui confermarsi gli orientamenti – in ordine alle censure su diritto ad una retribuzione adeguata e proporzionata – maturati presso questa Corte, in merito all’insussistenza del diritto dei medici specializzandi titolari di borsa di studio secondo la normativa di cui al D.Lgs. n. 257 del 2001, all’aggiornamento delle somme previsto da tale normativa (cui poi è succeduto, dall’anno 2007, il nuovo trattamento di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999 ed ai D.P.C.M. attuativi del 2007) e ciò sia con riferimento all’indicizzazione, sia con riferimento all’adeguamento parametrato sui miglioramenti della contrattazione collettiva, entrambi previsti dal D.Lgs. n. 257 cit., art. 6, comma 1. Rispetto all’indicizzazione, Cass. 23 febbraio 2018, n. 4449 costituisce solo l’ultimo più compiuto arresto di un orientamento in realtà mai incrinatosi, secondo cui “in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dal D.L. n. 384 del 1992, art. 7 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato” (così Cass. 18670/2017 cit.; tra le molte precedenti v. Cass. 26 maggio 2011, n. 11565; Cass. S.U. 16 dicembre 2008, n. 29345); sol aggiungendosi, rispetto all’assetto della normativa quale già riepilogato da Cass. 4449/2018 cit., che il blocco stabilito dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, (Legge Finanziaria 2003, secondo cui “le disposizioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 7, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 66 e 67 e da ultimo dal L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 22 … contenenti il divieto di procedere all’aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005 (comma 1)”) è stato poi prorogato successivamente con la L. n. 266 del 2005, art. 1 secondo cui appunto “la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36 …. continua ad applicarsi anche nel triennio 2006-2008”, sicchè esso è rimasto operativo per tutto il periodo oggetto del presente giudizio.

14.Rispetto all’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, Cass. 4449/2018 cit., attraverso una dettagliata ricostruzione normativa, ha evidenziato dapprima come la L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, avesse stabilito che “a partire dal 1998 resta consolidata in Lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui al predetto D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1”, con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e dunque non solo l’indicizzazione, ma anche la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva.

15.E’ vero che quest’ultimo incremento era stato riconosciuto (Cass. 18 giugno 2015, n. 12624; Cass. 29 ottobre 2012, n. 18562 e Cass. 17 giugno 2008, n. 16385), sul presupposto che il blocco degli incrementi contrattuali non si fosse esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardasse solo il biennio 1992-1993, ma l’assunto è stato rivisto appunto da Cass. 4449/2018, in considerazione non tanto di una diversa interpretazione, quanto piuttosto valorizzandosi una normativa riguardante quanto meno il periodo successivo all’entrata in vigore della L. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12, (in cui ricade la borsa di studio oggetto di questa causa, che decorre dall’anno accademico 2003) e non considerata da quei precedenti.

16.Non vi è dunque luogo a rimettere la questione alla valutazione delle Sezioni Unite proprio perchè non di reale contrasto si tratta, quanto di una rilettura di più ampio respiro normativo e di specifica inerenza al periodo successivo alla L. n. 449 del 1997, che ha portato a riconoscere l’esistenza del blocco anche per tale aggiornamento.

17. La predetta sentenza ha poi anche in questo caso richiamato – a nulla evidentemente valendo la normativa che abbia aumentato il fondo non in ragione della necessità di aggiornamenti, ma per il finanziamento tout court degli incrementi alla platea dei medici specializzandi (D.L. n. 90 del 2001, art. 1 conv. in L. n. 188 del 2001) – il già citato disposto della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, nella parte che qui interessa ed in cui si è stabilito che l’ammontare delle borse di studio “a carico del Fondo sanitario nazionale rimane consolidato nell’importo previsto dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, art. 32, comma 12”, con previsione che anche in questo caso è stata prorogata per il triennio 2006-2008 dalla L. n. 266 del 2005, già citato art. 1.

18. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

19. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate avuto riguardo alla complessa stratificazione del quadro normativo delineatosi in ordine agli aggiornamenti delle borse di studio dei medici iscritti alle scuole di specializzazione.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti costituite le spese di giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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