Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18196 del 02/09/2020

Cassazione civile sez. II, 02/09/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 02/09/2020), n.18196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5447/2016 proposto da:

D.N.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

GIUSEPPE VERDI, 9, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CRISCI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO PAOLO

PATANO;

– ricorrente –

contro

SO.FARMA.MORRA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTTAVIANO

N. 66, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CARRIERO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI GABELLONE;

– controricorrente –

e contro

DITTA TRASPORTI A.V.;

– intimate –

e contro

DITTA G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ARCHIMEDE, 143, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PATRICELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO DI CARLO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 47/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 24 gennaio 2005 il Tribunale di Foggia ingiungeva a D.N.G., titolare della farmacia “(OMISSIS)”, di pagare alla società Sofarma.morra la somma di Euro 201.450,71 a titolo di corrispettivo per la fornitura di prodotti farmaceutici e medicinali

2. D.N.G. proponeva opposizione, contestando analiticamente la fornitura di parte della merce e chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo. Si costituiva la società Sofarma.morra che chiedeva l’autorizzazione alla chiamata in causa del vettore A.V..

2.1 Veniva così citato in giudizio il suddetto vettore nei cui confronti la società Sofarma.Morra chiedeva accertarsi la condanna al pagamento della somma in caso di accoglimento dell’opposizione.

2.2 A.V. si costituiva in giudizio e chiamava in causa, a sua volta, il vettore G.E. che si era occupato del prelievo dei farmaci presso il magazzino della società fornitrice.

2.3 Si costituiva anche quest’ultimo deducendo di aver eseguito solo la prestazione di trasporto.

3. All’esito dell’istruttoria il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo, e accoglieva la domanda subordinata dell’opposta, condannando l’ A. al pagamento in favore della Sofarma.Morra della somma di Euro 201.450,71.

4. La Società Sofarma.Morra proponeva appello avverso la suddetta sentenza. Si costituiva A.V. che proponeva appello incidentale. Si costituiva anche D.N.G. che proponeva a sua volta appello incidentale, nonchè il G..

5. La Corte d’Appello di Bari accoglieva l’appello principale, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da D.N.G., dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto da A.V., rigettava l’appello incidentale proposto da D.N.G. e condannava quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.

La Corte d’Appello preliminarmente dichiarava inammissibile l’appello incidentale dell’ A. per genericità. Nel merito rivalutava gli elementi di prova acquisiti nel giudizio di primo grado, ritenendo che le tesi difensive del D.N. fossero contraddittorie, generando dubbi sulla veridicità di quanto esposto. Egli, infatti, aveva ammesso di aver intrattenuto rapporti commerciali con la società Sofarma.Morra e aveva sostenuto di aver sollecitato l’invio delle fatture recapitate in ritardo e riferito di aver constatato divergenze tra la merce consegnata e quella fatturata, ventilando ordinazioni telefoniche di grosse partite ad opera di anonimi truffatori.

Successivamente il D.N. contestava la fornitura descritta in sette delle nuove fatture prodotte in fase monitoria, dichiarandosi disponibile a pagare solo quanto effettivamente consegnato. In sede di interrogatorio formale il D.N., dopo l’iniziale ammissione dei rapporti di fornitura, aveva genericamente negato la ricezione della merce di cui alle fatture, escluso accordi sui termini di pagamento e negato discordanze per difetto di consegna. Si era anche rifiutato di rispondere alla domanda relativa al 140 capitolo dell’interrogatorio sul perchè aveva proseguito negli ordini per tutto l’anno 2003 a fronte delle incongruenze di fatturazione del 2002. Peraltro, risultava smentita anche la tesi difensiva del d.N. secondo la quale la sua farmacia aveva un modesto fatturato, in quanto dalla sentenza di condanna emessa dal gip del Tribunale di Foggia nel giudizio abbreviato che vedeva imputati A. ed altri di usura ed estorsione nei confronti del D.N. era emerso che, a fronte di un prestito di Euro 133.000, questi aveva restituito Euro 451.300. Peraltro, in pagamento di una parte degli interessi usurari il D.N. aveva corrisposto all’ A. anche medicinali per importi elevati.

Inoltre, il D.N. non aveva ottemperato all’ordine di esibizione del libro giornale, del libro inventario e del registro Iva acquisti della farmacia “(OMISSIS)”. Le ragioni alla base della richiesta della revoca dell’ordine di esibizione non potevano trovare accoglimento, sicchè la mancata esibizione della suddetta documentazione rafforzava ulteriormente l’assunto della creditrice. Anche le deposizioni testimoniali confermavano il quadro così ricostruito e portavano a ritenere provata la consegna dei farmaci per i corrispettivi indicati nella fatture poste a base dell’ingiunzione e doveva pertanto riconoscersi il credito vantato dalla società Sofarma.Morra nei confronti D.N.G. per l’importo di Euro 201.450,71. Corrispondentemente doveva essere rigettato l’appello incidentale del D.N. fondato su motivi opposti.

5. D.N.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.

6. La società Sofarma.Morra S.p.A. ha resistito con controricorso.

7. Si è costituito senza notificare controricorso e senza svolgere difese G.E. affermandosi estraneo alla controversia.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza di appello per omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 e violazione dell’art. 112 c.p.c..

Secondo il ricorrente, la società Sofarma.Morra aveva notificato l’appello avverso la sentenza pubblicata il 15 giugno 2009, in data 28 luglio 2010. La ditta A.V. si era costituita il 24 settembre 2010 e, dunque, l’appello incidentale era stato proposto oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., sicchè il giudice dell’appello avrebbe dovuto dichiarare la tardività dello stesso.

Tale omessa pronuncia integrerebbe un error in procedendo con conseguente nullità della sentenza resa in violazione art. 112 c.p.c..

1.2 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La Corte d’Appello di Bari ha dichiarato inammissibile per genericità l’appello incidentale di A.V. e, dunque, non vi è alcun interesse in capo al ricorrente ad ottenere la diversa ragione di inammissibilità per tardività.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: eccezione di giudicato interno ex art. 2909 c.c., acquiescenza parziale ex art. 329 c.p.c..

Secondo il ricorrente, la sentenza del Tribunale di Foggia sarebbe passata in giudicato con riferimento al capo di condanna di A.V. al pagamento di Euro 201.450,71 in accoglimento della domanda proposta da Sofarma.Morra con l’atto di chiamata in causa.

La Società Sofarma.Morra, infatti, non aveva impugnato il capo della sentenza di condanna di A.V. e il giudicato interno era rilevabile d’ufficio.

Con la sentenza di primo grado si è affermata la responsabilità di A.V. in relazione ai medesimi fatti addebitati in secondo grado alla Sofarma.Morra S.p.A. creandosi un contrasto di giudicati.

2.1 Il secondo motivo è infondato.

La censura è palesemente errata in quanto il ricorrente non ha considerato che la società Sofarma.morra, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva chiamato in causa A.V., chiedendone la condanna solo in via subordinata, qualora fosse stata accolta l’opposizione proposta dal ricorrente, sicchè l’accoglimento della domanda subordinata non può ritenersi passato in giudicato, non essendo divenuta definitiva la statuizione di rigetto della domanda principale.

Il Collegio sul punto intendere dare continuità al seguente principio di diritto: In tema di impugnazioni, qualora vi sia incompatibilità tra la domanda principale e la domanda subordinata proposte in primo grado (..), il rigetto della prima e l’accoglimento della seconda non preclude alla parte di riproporre nel giudizio di impugnazione la propria domanda principale, atteso che il vincolo di subordinazione rimane pienamente efficace per tutto il corso del giudizio, finchè la domanda principale non venga respinta con sentenza passata in giudicato (Sez. 2, Sent. n. 5805 del 2012).

Ne consegue che l’appello proposto avverso la sentenza di accoglimento dell’opposizione avente ad oggetto la domanda principale della Sofarma.morra comprendeva necessariamente anche il capo di sentenza che aveva accolto la sua domanda subordinata di condanna dell’ A.. Nessun giudicato, dunque, si era formato sulla condanna dell’ A. e tale condanna, con la sentenza impugnata, è stata caducata dall’accoglimento dell’appello, avendo la Corte d’Appello ritenuto che la fornitura di farmaci di cui alle fatture azionate in via monitoria dalla Sofarma.morra era stata effettivamente ricevuta dal D.N., cui spettava l’obbligo di pagare il relativo prezzo.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 634 c.p.c., comma 2, in relazione art. 360 c.p.c., n. 3, mancata prova documentale del credito della consegna della merce.

Tutti i contratti di fornitura delle merci prevedevano che la consegna dei farmaci avvenisse a cura e spese della Sofarma.Morra S.p.A. la quale aveva stipulato con la ditta G. un contratto di vettura che prevedeva il prelievo della merce dal deposito di (OMISSIS), in provincia di Bari e la successiva consegna a A.V., titolare dell’omonima ditta presso il casello autostradale di (OMISSIS). Questi doveva poi consegnare la merce alle farmacie di zona, tra le quali quella del ricorrente.

In primo grado il giudice del Tribunale di Foggia aveva ordinato alla Sofarma.Morra il deposito di estratti autentici del registro Iva vendite del libro giornale e, da un attento esame di tali atti, non emergevano le indicazioni delle fatture depositate con il ricorso per ingiunzione.

Il notaio D.V. aveva rilasciato la dichiarazione di conformità alla sola pagina 1216/2000 del registro Iva Vendite, mentre le fatture facevano riferimento ad altre pagine e, dunque, i documenti non potevano soddisfare l’esigenza di integrazione della documentazione ai fini della prova scritta ex art. 334 c.p.c., comma 2 e dunque non era accoglibile il decreto ingiuntivo.

Peraltro, la creditrice non aveva depositato il libro giornale.

Il giudice d’appello avrebbe ritenuto sussistente la prova, fondandola su elementi indiziari che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., non possono costituire prova del credito.

3.1 Il terzo motivo è inammissibile.

Nella sentenza impugnata non vi è alcun cenno alla questione sollevata con il motivo in esame e, dunque, deve ritenersi che la censura è stata proposta solo in questa sede e non nei precedenti gradi di giudizio, sicchè il motivo è inammissibile.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (Cass. 9765/05; Cass. 12025/00). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass. 13.9.2007, n. 19164; Cass. 9.7.2013, n. 17041).

Nella specie, invece, il ricorrente si è limitato a dire, in modo del tutto generico, che nel corso dei giudizi di merito sono state sollevate eccezioni preliminari e pregiudiziali di rito in relazione alla carenza di prova scritta ex art. 634 c.p.c. (pag. 17 del ricorso).

In ogni caso giova ribadire il principio del tutto consolidato secondo il quale: “Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio ordinario di cognizione e si svolge seconde le norme del procedimento ordinario nel quale incombe, secondo i principi generali in tema di onere della prova, a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa. Pertanto, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di forniture, spetta a chi fa valere tale diritto fornire la prova del fatto costitutivo, non potendo la fattura e l’estratto delle scritture contabili, già costituenti titolo idoneo per l’emissione del decreto, non costituisce fonte di prova in favore della parte che li ha emessi, nè è sufficiente la mancata contestazione dell’opponente, occorrendo, affinchè un fatto possa considerarsi pacifico, che esso sia esplicitamente ammesso o che la difesa sia stata impostata su circostanze incompatibili con il disconoscimento e, con riferimento al comportamento extraprocessuale, non il mero silenzio, ma atti e fatti obiettivi di concludenza e serietà tali da assurgere a indizi non equivoci idonei, in concorso con altri, a fondare il convincimento del giudice (Sez. 3, Sent. n. 17371 del 2003).

Nella specie la Corte d’Appello ha motivato le ragioni per le quali ha ritenuto provata la consegna della merce al ricorrente e la sentenza è immune dai vizio di violazione di legge prospettato.

4 Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, violazione art. 116 c.p.c., art. 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Gli elementi indiziari indicati dal giudicante erano del tutto infondati perchè non vi era alcuna condotta contraddittoria del ricorrente e dalle prove testimoniali emergeva tutt’altro e, inoltre, mancava qualunque prova documentale dell’avvenuta consegna della merce. Sofarma.Morra era a conoscenza degli abnormi ed anomali ordini riconducibili alla farmacia del D.N. e che tali ordini erano effettuati da A.V. al quale Sofarma consegnava la merce senza accertarsi che poi la stessa, a sua volta, fosse consegnata al D.N. senza richiedere i documenti di trasporto.

4.1 Il quarto motivo è inammissibile.

La sentenza, come si è detto, è ampiamente motivata e non vi è stato alcun omesso esame di fatti oggetto di discussione che, infatti, il ricorrente non indica, limitandosi a chiedere una diversa valutazione di quanto emerso nel corso dell’istruttoria rispetto a quella operata dal giudicante.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo a carico del ricorrente, mentre nulla va statuito in ordine agli atri soggetti processuali, non avendo le ulteriori parti svolto attività difensiva.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000 più Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2020

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