Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18195 del 29/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 18195 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 6266-2010 proposto da:
IL MESSAGGERO S.P.A. 05629251009, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo
studio dell’avvocato LAZZARA GIOVANNI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente-

2013

contro

1302

FALCIATANO GIANPAOLO FLCGPL74S06L103L;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 29/07/2013

FALCIATANO GIANPAOLO FLCGPL74S06L103L, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SENECA 10, presso lo studio
dell’avvocato DANESE ROBERTO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FRANCESCHELLI MASSIMO, giusta delega in
atti;

contro

IL MESSAGGERO S.P.A. 05629251009, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo
studio dell’avvocato LAllARA GIOVANNI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 158/2009 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 04/03/2009 r.g.n. 1525/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato LAllARA GIOVANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

– controri corrente e ricorrente incidentale –

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Teramo, Gianpaolo Falciatano conveniva
in giudizio la s.p.a. “Il Messaggero” chiedendo accertarsi l’esistenza
di un rapporto di lavoro subordinato giornalistico dal 1.5.99 al
21.10.2002; l’accertamento delle mansioni di fatto svolte come

con conseguente condanna della società al pagamento delle
differenze retributive ed indennità accessorie previste dal CCNLG
per il redattore ordinario; nonché l’accertamento della nullità e\o
inefficacia del licenziamento intimatogli verbalmente dal
caposervizio Claudio Fazzi il 24.10.2002, con condanna della
controparte alla reintegra nel posto di lavoro e nelle mansioni di
redattore ordinario ed al risarcimento del danno ex art. 1 L.
n.108\90. All’uopo esponeva di aver lavorato dal 1993 al febbraio
1999 come collaboratore del quotidiano “Il Centro” nella redazione
di Teramo; di essersi iscritto il 22.7.1998 all’albo dei Giornalisti,
Elenco pubblicisti; di aver quindi iniziato a collaborare con II
Messaggero nel febbraio 1999 per circa tre mesi, mentre dal
maggio 1999 era stato chiamato in redazione tutti i giorni, con una
media di sei giorni alla settimana, con orario sostanzialmente fisso,
tra le 11 e le 14, e le 14,30 e le 18, nel corso del quale scriveva
tutti i suoi articoli in redazione, usandone gli arredi ed i computers,
nonché aiutando il redattore Marcozzi nella correzione delle bozze;
aggiungeva che dal giugno 1999, oltre alle incombenze esterne alla
redazione, gli era stata ufficialmente attribuita la responsabilità di
alcuni settori giornalistici, quali scuola, provincia ed università, ed
era stato richiamato dal caposervizio Fazzi in più occasioni per
“buchi” o notizie diverse uscite su giornali concorrenti; di essere
stato ricompreso nel piano ferie, curando nel periodo feriale
..

anche la cronaca
.

in assenza del collaboratore

nera
3

redattore ordinario presso la redazione di Teramo del quotidiano,

incaricato; inoltre, il Fazzi lo aveva scelto come suo sostituto e dal
2001 gli venne anche affidato l’incarico di seguire il mondo
sindacale, finché egli non chiese al direttore responsabile de Il
Messaggero il rilascio del certificato di eseguito praticantato,
evidenziando di essere stato letteralmente espulso dalla redazione

redattore, per essere consistite nella raccolta, elaborazione e
redazione di articoli e servizi e titolazione degli stessi; nella
preparazione quotidiana delle pagine della cronaca di Teramo
unitamente al capo servizio ed al capo redattore, con un orario di
lavoro pari, se non superiore, alle 36 ore settimanali previste
dall’art. 7 CCNLG per i redattori, a fronte di una retribuzione
mensile sostanzialmente fissa, cresciuta fino a raggiungere
€.600,00 nel settembre 2002; evidenziava che trattavasi di
prestazione di lavoro quotidiana e continuativa a tempo pieno, non
avendo egli altro rapporto di lavoro, espletando la sua attività
giornalistica in piena autonomia; evidenziava altresì la irrilevanza
della mancata iscrizione all’albo professionale, presupposto della
rivendicazione della qualifica di giornalista professionista da lui non
richiesta, avendo egli interesse all’accertamento dello svolgimento
di fatto delle mansioni di redattore ordinario ed al relativo
trattamento economico; aggiungeva che il 24.10.2002 era stato
allontanato dalla redazione e, quindi, licenziato di fatto, con
conseguente inefficacia del licenziamento per difetto dei requisiti di
forma e, comunque, della giusta causa, come era avvenuto per altri
tre collaboratori della redazione di Teramo.
Il Messaggero s.p.a. si costituiva in giudizio contestando la
ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato e sostenendo quella
di un rapporto di collaborazione autonoma; formulava quindi
domanda riconvenzionale per la dichiarazione di nullità del rapporto
..

4

dal Fazzi; precisava che le mansioni da lui svolte erano quelle di

di lavoro per omessa iscrizione all’albo professionale e l’awenuta
risoluzione di diritto e/o per mutuo consenso del rapporto di lavoro,
ove ritenuto sussistente.
All’esito dell’istruttoria testimoniale il Tribunale di Teramo, con
sentenza non definitiva del 26.7.2008, accoglieva il ricorso,

24.10.2002, un rapporto di lavoro subordinato con svolgimento da
parte del Falciatano delle mansioni di redattore ordinario,
condannando la s.p.a. “Il Messaggero” al pagamento in favore di
quest’ultimo delle differenze retributive, da accertarsi a mezzo di
espletanda c.t.u.; dichiarava poi inefficace e comunque illegittimo il
licenziamento intimato, ordinando la reintegra del Falciatano nel
suo posto di lavoro e condannando la società al risarcimento del
danno; disponeva quindi la prosecuzione del giudizio in merito al

quantum debeatur, che quantificava con successiva sentenza.
Avverso entrambe le pronunce proponeva appello la società n
Messaggero che contestava la ricostruzione dei fatti proposta dal
Falciatano e, quindi, che gli fosse stato assegnato un orario di
lavoro e richiesta una frequenza quotidiana, che invece era
saltuaria e ridotta, anche perché scriveva gli articoli a casa propria,
visto il suo impegno di studio universitario; che dovesse giustificare
le assenze e che fosse stato “cacciato” dal Fazzi, visto che fu il
ricorrente a non volere, dopo una discussione, riprendere il lavoro,
mentre la retribuzione era legata al numero delle collaborazioni
fornite.
Si costituiva il Falciatano, resistendo al gravame e proponendo
appello incidentale in ordine al mancato riconoscimento delle
retribuzioni ed indennità previste dagli accordi integrativi aziendali.
Con sentenza depositata il 4 marzo 2009, la Corte d’appello de
L’Aquila accoglieva parzialmente il gravame e, in parziale riforma
5

dichiarando essere intercorso tra le parti, dall’1.5.1999 ed il

delle sentenze impugnate, rigettava la domanda del Falciatano
relativa alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al connesso
risarcimento del danno, dichiarando inammissibile l’appello
incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società n

Resiste il Falaciatano con controricorso, contenente ricorso
incidentale, affidato a tre motivi, cui resiste la società n
Messaggero con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
I ricorsi avverso la medesima sentenza debbono essere riuniti ex
art. 335 c.p.c.
1.- Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia una
insufficiente e contraddittoria motivazione (ex art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c.) circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio:
l’insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti.
Lamenta che la Corte di merito avrebbe dovuto meglio valutare la
consistenza ed organizzazione della redazione di Teramo e
l’effettiva soggezione al potere direttivo datoriale del Falciatano,
che le numerose testimonianze escusse non avevano confortato,
come emergeva dagli ampi stralci riportati.
Rammenta la giurisprudenza di legittimità circa l’individuazione
della subordinazione con riferimento all’attività giornalistica.
Il motivo è inammissibile per sottoporre a questa S.C. unicamente
accertamenti di fatto ed una rivalutazione delle prove testimoniali,
rimesse innvece al prudente apprezzamento del giudice di merito.
(Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445;
Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n.

,

6

Messaggero, affidato a due motivi.

27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n.
7394).
Il motivo, peraltro, involge valutazioni sul concetto giuridico di
subordinazione giornalistica, e dunque di norme di diritto neppure
denunciate.

360, comma 1, n. 5 c.p.c.) una insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, e
cioè: il riconoscimento della qualifica di redattore ordinario in
contrasto con quanto emerso dalle deposizioni testimoniali;
l’attribuzione al Falciatano del trattamento economico e normativo
previsto dal c.c.n.l.g. per i redattori ordinari.
Anche tale secondo motivo è inammissibile.
La ricorrente principale, invero, demanda innanzitutto a questa S.C.
un riesame delle emergenze processuali e testimoniali in particolare
(di cui riproduce numerosi e vari brani), sottoponendole dunque
inammissibilmente accertamenti e valutazioni di fatto.
La censura risulta parimenti inammissibile laddove lamenta, ex art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c., una erronea applicazione dei principi di
cui agli artt. 36 Cost., 2099 e 2126 c.c., oltre che della legge
professionale n. 69\63 e del c.c.n.l.g., che configurano una
violazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.,
neppure denunciata, e comunque necessitante, ex art. 366 bis
c.pc., del quesito di diritto.
3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Falciatano
denuncia, ex art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione
dell’art. 7 L. n. 300\70; degli artt. 2, comma 2, L. n. 108\90; 3 L. n.
604\66; 13 e 18 L. n. 300\70.
Lamenta in particolare che la Corte di merito ritenne non provato il
dedotto licenziamento, che invece, stante la peculiarità della
.

7

2. Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia (ex art.

fattispecie, doveva evincersi dal complesso delle emergenze di
causa, di cui ripropone una sua ricostruzione, e che a suo awiso
offrivano elementi presuntivi, ex art. 2729 c.c., in tal senso.
Il motivo è inammissibile, oltre che per contenere inammissibili
censure in ordine all’accertamento dei fatti da parte del giudice di

n. 9470\08), per difettare completamente del necessario quesito di
diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., che prescrive, sempre a pena di
inammissibilità, anche per le censure ex art. 360, 1°co., n. 5 c.p.c.,
la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, owero le ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione, contenendo un momento di
sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in
sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (ex plurimis, Cass. 30 dicembre 2009 n. 27680, Cass.
7 aprile 2008 n. 8897, Cass. 18 luglio 2007 n. 16002, Cass. sez. un.
1°ottobre 2007 n. 20603).
4. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 410 e segg. c.p.c.
(ex art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), oltre ad omessa pronuncia ed
inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta in primo
grado dalla società I! Messaggero.
Lamenta che la Corte aquilana omise ogni pronuncia sull’eccezione
di inammissibilità della domanda riconvenzionale esperita in primo
grado dalla società in quanto non proceduta dal tentativo
obbligatorio di conciliazione.
Anche tale motivo è inammissibile per difetto assoluto dei quesiti di
diritto e di fatto di cui all’art. 366 bis c.p.c.
8

merito, ed al contempo di violazione di norme di diritto (Cass.ord.

Per completezza espositiva deve comunque rimarcarsi che il
mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione è
rilevabile, anche d’ufficio, non oltre l’udienza di discussione del
giudizio di primo grado, sicché, ove l’improcedibilità, ancorché
segnalata, non venga rilevata dal giudice entro detto termine, la

ritualmente, nei successivi gradi di giudizio (cfr, ex plurirrils, Cass.
n. 11629/2004; Cass. 26 marzo 2010 n. 7343).
5. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, il Falciatano denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (ex art. 360, nn. 3
e 5 c.p.c.), per omessa pronuncia sull’appello incidentale notificato
al domicilio eletto in data 31 gennaio 2008.
Lamenta che la Corte aquilana dichiarò inammissibile il gravame
incidentale perché non notificato alla controparte, limitandosi ad
esporne invece la fondatezza.
Il motivo è inammissibile, oltre che per difettare del quesito
imposto dall’art. 366 bis c.p.c., per denunciare una omessa
pronuncia che invece dalla stessa lettura della censura risulta
esservi stata.
Converrà poi rimarcare che quando col ricorso per cassazione
venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento
o della sentenza impugnata, il giudice di merito è sì investito del
potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il
ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente
in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito, ed
oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate
dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4,
cod. proc. civ. (Cass. sez. un. n. 8077\12).
6. Stante l’inammissibilità dei motivi di ricorso, risulta inammissibile,
per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale
9

questione di improcedibilità non può essere riproposta, ancorché

sollevata dal Falciatano in ordine agli artt. 1, 21, 26, 33-35 e 45-47
della L. n. 69\63, nella parte in cui non consentirebbero, secondo
l’elaborazione giurisprudenziale, lo svolgimento dell’attività di
giornalista da parte di chi non sia iscritto all’abo.
7. Entrambi i ricorsi debbono pertanto rigettarsi. Le spese del

compensate.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese
del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’H aprile 2013
L’estensore

Il Presidente

presente giudizio di legittimità sono conseguentemente

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