Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18195 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 24/06/2021), n.18195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8116-2019 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE

FILIBERTO 271, presso lo studio dell’avvocato BERARDO SERAFINI, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UMBRIA ACQUE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTANTINO MAES, 84, presso

lo studio dell’avvocato GIANLUCA DELLA GATTA, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 800/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 17/11/2018.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con decreto ingiuntivo n. 5804 del 2016, il Tribunale di Perugia, su richiesta di Umbra Acque S.p.A. ingiungeva a C.L. il pagamento delle somme relative al saldo delle fatture emesse in favore dell’ingiunta, per consumi di acqua potabile dalla stessa fruiti, quale intestataria di un contratto di somministrazione sottoscritto il 4 agosto 1998 a servizio dell’immobile di sua proprietà;

avverso tale decreto proponeva opposizione C.L. contestando di avere effettivamente consumato l’acqua indicata e deducendo l’esistenza di un’anomalia nella determinazione dei consumi, atteso che l’immobile era disabitato da tempo. In ogni caso, eccepiva di non aver mai ricevuto le fatture e lamentava la violazione degli obblighi contrattuali da parte del gestore del servizio;

si costituiva in giudizio Umbra Acque S.p.A. contestando la ricostruzione operata dall’opponente e deducendo di avere agito sulla base del Regolamento di gestione del servizio idrico; il Tribunale di Perugia, con sentenza del 5 giugno 2016, rigettava l’opposizione;

avverso tale sentenza proponeva appello C.L. deducendo l’omessa motivazione sull’eccepita inesistenza della fornitura contrattuale, la violazione dell’art. 67 del Codice del consumo e l’illogicità della motivazione con riferimento alle risultanze processuali. Si costituiva Umbra Acque S.p.A. che eccepiva la tardività dell’appello e, nel merito, l’infondatezza del gravame;

la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 17 novembre 2018, rigettava l’appello, condannando la appellante al pagamento delle spese di lite. Secondo la Corte territoriale il contratto con il gestore del servizio idrico del Comune di Assisi risultava regolarmente concluso in data 4 agosto 1998 e l’appellante aveva indicato, quale recapito per le fatture, l’indirizzo della fornitura. Era provato il corretto funzionamento del contatore dei consumi e Umbra Acque S.p.A. aveva anche inviato, in più occasioni, una segnalazione di “consumo elevato”. L’appellante, infine, non aveva dimostrato di avere vigilato diligentemente per evitare consumi rilevanti nell’immobile ad opera di terzi o a causa di una perdita nell’impianto interno;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione C.L. affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso Umbra Acque S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., l’inesistenza della prova del credito da fornitura idrica, l’illegittima inversione dell’onere probatorio in danno della ricorrente, atteso che la prova della correttezza dei consumi registrati dal contatore costituirebbe onere a carico del gestore del servizio idrico. Nel caso in esame, il contatore idrico non avrebbe riportato un preciso dato numerico e non vi sarebbe la prova della corrispondenza tra il dato numerico del contatore e la fattura emessa. Il giudice di appello avrebbe erroneamente percepito un fatto inesistente e cioè l’esistenza di un dato numerico del contatore ed avrebbe ritenuto erroneamente sufficiente la prova del regolare funzionamento degli impianti di somministrazione dell’acqua, facendo ricadere sull’utente l’onere di dimostrare di avere diligentemente vigilato, per evitare l’intrusione di terzi che avrebbero potuto alterare il corretto funzionamento del contatore. Al contrario, ai sensi dell’art. 67 del Codice del consumo, gravava su Umbra Acque S.p.A. l’onere di provare di avere fornito effettivamente l’acqua nella misura indicata nella bolletta. La giurisprudenza ha ribadito che grava sul fornitore idrico la prova del corretto funzionamento del contatore. Sotto altro profilo, la Corte avrebbe errato nell’attribuire ai documenti relativi alla segnalazione dei consumi anomali il valore processuale di raccomandate effettivamente ricevute dall’utente. Al contrario, Umbra Acque S.p.A. non avrebbe mai depositato le cartoline di ritorno di quelle raccomandate, come pure richiesto con ordinanza del 25 giugno 2014 dal Tribunale;

con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per contrasto irriducibile tra le affermazioni inconciliabili esistenti tra il contenuto della sentenza e quello dell’ordinanza del 9 giugno 2017, della medesima Corte territoriale, oltre che la mancanza di motivazione riguardo alla diversa affermazione contenuta nella citata ordinanza. In particolare, la Corte territoriale, nell’ordinanza del 9 giugno 2017, aveva rilevato che “ad un primo esame, qual è consentito in questa sede, la sentenza appellata non appare rispondere alle argomentazioni sollevate dall’appellante”. Nel mutare opinione, la Corte d’Appello, con la sentenza impugnata, non avrebbe dato conto delle ragioni di tale differente intendimento. Nello stesso modo, in primo grado, con ordinanza del 30 giugno 2014, la causa era stata rimessa sul ruolo per acquisire le cartoline di ritorno delle raccomandate indicate da Umbra Acque S.p.A.. Tali documenti non sarebbero stati depositati dal creditore. Inoltre, la Corte territoriale, con ordinanza del 9 giugno 2017 aveva sospeso l’esecutorietà della sentenza di primo grado, evidentemente sulla base di una prognosi di fondatezza dell’appello. Tali profili di contraddittorietà determinerebbero la nullità della sentenza;

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell’art. 2 del codice di consumo e del regolamento idrico integrato, art. 33, adottato da Umbra Acque S.p.A.. In particolare, si lamenta la violazione delle norme in tema di buona fede e di trasparenza nell’esecuzione del contratto, oltre che delle regole previste dal Regolamento del Servizio Idrico Integrato, cit. art. 33. Ciò emergerebbe dal mancato deposito degli avvisi di ricevimento delle raccomandate relative alle segnalazioni del consumo anomalo, mentre il cit. art. 33 avrebbe imposto la sospensione della fornitura idrica;

con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1421 c.c. per omessa rilevazione di ufficio della nullità del tasso di interesse ultralegale, non dovuto, perchè non oggetto di specifica pattuizione, da provare per iscritto ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c.. Il tasso di interesse applicato da Umbra Acque S.p.A. avrebbe richiesto l’accettazione da parte dell’utente, con conseguente nullità della relativa clausola. La questione sarebbe stata prospettata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dovendosi intendere la richiesta di invalidità del decreto sotto il profilo della nullità, annullabilità e inefficacia, come comprensiva anche del riconoscimento degli interessi convenzionali ai sensi del Regolamento di Gestione del Servizio Idrico Integrato, art. 33, comma 4. Si tratterebbe -comunque- di una nullità rilevabile d’ufficio. Per tale motivo si insiste anche per la sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 373 c.p.c.;

i motivi vanno trattati congiuntamente perchè strettamente connessi ruotando tutti intorno alla distribuzione dell’onere della prova sulla base degli elementi fattuali come descritti in sentenza. Il ricorso è fondato;

costituisce orientamento consolidato quello secondo cui in tema di contratti di somministrazione, la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicchè, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinchè eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19154 del 19/07/2018, Rv. 649731; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23699 del 22/11/2016, Rv. 642982 – 01);

conseguentemente, nell’ipotesi pacificamente ricorrente nel caso di specie, di contestazione dei consumi idrici e della stessa esistenza di dati numerici riferibili ai consumi, non opera la presunzione semplice di veridicità dei dati numerici riportati dal contatore e, processualmente, l’onere della prova è così ripartito: il somministrante (Umbria Acque S.p.A.) deve dimostrare la perfetta funzionalità del contatore. L’utente, al contrario, deve dare una prova liberatoria che consenta di attribuire ad un elemento esterno e non imputabile al contraente l’eccessività dei consumi. Tale prova potrà essere fornita individuando il fattore esterno al suo controllo, che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto ovvero dimostrando di avere vigilato con diligenza per evitare la intrusione di terzi nel proprio immobile, quando Ofa condotta di tali terzi possa alterare il normale funzionamento del misuratore o possa determinare un incremento dei consumi;

a pag. 7 della sentenza impugnata la Corte d’Appello, nel descrivere l’esito delle prove testimoniali, evidenzia che “in occasione del sopralluogo dell’ottobre 2006, al momento dell’apertura del rubinetto da parte del tecnico intervenuto, si è potuto constatare che l’acqua scorreva verso l’impianto interno della Cornacchia e che il contatore girava a vuoto”;

la circostanza secondo cui “il contatore girava a vuoto” è espressa in maniera equivoca, sebbene tale profilo fattuale incida direttamente sull’onere probatorio posto a carico del somministrante, il quale deve dimostrare la perfetta efficienza del contatore. Infatti, mentre nella prima parte del periodo si esprime un profilo di funzionalità del contatore (al momento dell’apertura del rubinetto “l’acqua scorreva verso l’impianto interno della Cornacchia”) facendo presumere che il contatore iniziava a conteggiare il consumo solo dopo aver aperto il rubinetto, la dizione “il contatore girava a vuoto” resta equivoca potendo avere una valenza sostanzialmente fisiologica (una volta aperto il rubinetto il contatore evidentemente rilevava il movimento della acqua) oppure significare che il contatore girava a vuoto e conteggiava consumi indipendentemente dal funzionamento del rubinetto posto all’interno della proprietà dell’utente. E ciò potrebbe fare desumere che l’impianto presentava una anomalia o, comunque, una perdita, tanto che il “contatore girava a vuoto ininterrottamente” e che quindi questa era la causa del consumo elevato (come potrebbe desumersi dalla premessa “i consumi potrebbero essere quantitativamente compatibili con la perdita dell’impianto” riportata a pag. 7 della sentenza impugnata). In questo secondo caso, poichè a pag. 5 della sentenza impugnata si legge che l’appellante “al momento della stipula del contratto, ebbe ad indicare, quale recapito per le fatture delle comunicazioni, lo stesso indirizzo della fornitura e che, in seguito, detto indirizzo è rimasto invariato”, tale aspetto potrebbe avere rilevanza ai fini di un concorso di responsabilità dell’utente riguardo alla mancata verifica di congruità dei consumi, ai sensi dell’art. 1227 c.c..

tali profili essenziali non risultano adeguatamente trattati nella sentenza impugnata;

ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio, atteso che è necessario che il giudice di appello chiarisca se le risultanze processuali consentivano di ritenere il contatore regolarmente funzionante, poichè tale profilo fattuale costituisce il presupposto per la applicazione del citato principio giurisprudenziale di presunzione di veridicità della rilevazione dei consumi mediante contatore. Sotto tale profilo assumeranno rilevanza anche le caratteristiche dell’immobile riguardo alla valutazione sull’esistenza di perdite eventualmente non visibili (appartamento, immobile con giardino, ecc). Inoltre, il giudice del rinvio potrà prendere in esame la condotta dell’utente ai sensi dell’art. 1227 c.c. sotto il profilo dell’onere di diligenza nella custodia dell’impianto e nella verifica del corretto funzionamento del contatore.

PQM

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 2 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

 

 

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