Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18194 del 24/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, (ud. 21/04/2017, dep.24/07/2017),  n. 18194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26387-2012 proposto da:

F.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA’ 27, presso lo studio dell’avvocato

BARBARA NOVELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONINO

PALERMITI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIULIO CESARE 61, presso lo studio dell’avvocato M. GIUSEPPE

TOSCANO, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO GULLO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 20/05/2012 R.G.N. 890/10.

Fatto

RILEVATO

che con la sentenza n. 93 del 29.5.2012 la Corte di Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta da F.G. nei confronti della Regione Calabria volta al pagamento dell’assegno mensile “ad personam” non riassorbibile e non rivalutabile pari alla differenza tra la retribuzione in godimento presso l’Amministrazione di provenienza (Agenzia delle Entrate di Trento) e quello spettante presso la Amministrazione di destinazione (Regione Calabria);

che avverso tale sentenza la F. ha proposto ricorso affidato due motivi, al quale ha opposto difese la Regione Calabria con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che la ricorrente denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del CCNL e del Contratto collettivo integrativo comparto Enti Locali, mancata applicazione dell’art. 28 del CCNL comparto enti locali del 5.10.2001 e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40 motivazione insufficiente su un fatto controverso e decisivo, erronea interpretazione delle norme pattizie, asserisce che la Corte territoriale avrebbe errato nel qualificare come “contrattazione collettiva decentrata i lavori della delegazione trattante” e che non avrebbe considerato che non si era perfezionato alcun accordo integrativo decentrato essendo solo intervenuta una mera proposta della delegazione trattante;

che il ricorso è inammissibile in quanto la ricorrente in contrasto con i principi sanciti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass. SSUU 8077/2012 e 22726/2011; Cass. 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), si limita a trascrivere solo alcuni stralci del verbale dell’8.1.2007 e non l’intero verbale nel quale la Corte territoriale, sulla scorta delle qualità delle parti partecipanti all’incontro e del suo contenuto, del successivo intervento dei provvedimenti di ratifica ed attuativi e della approvazione da parte dell’Aran, ha rinvenuto una pattuizione collettiva idonea a disciplinare, in sede decentrata ai sensi della delega conferita dalla contrattazione collettiva nazionale del comparto enti locali (art. 28, comma 7 CCNL comparto enti locali del 5.10.2001), la materia di trattamento economico del personale proveniente da diversa Amministrazione;

che la ricorrente, inoltre, non ha specificato nel ricorso la precisa sede di produzione documentale dei documenti che richiama a sostegno delle censure formulate avendo a ciò provveduto, inammissibilmente solo in prossimità dell’udienza, depositando in data 16.3.2017 “L’INDICE DEGLI ATTI E DOCUMENTI”;

che tali omissioni si pongono in contrasto con i principi sanciti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, disposizioni che consacrano il principio di specificità dei motivi di impugnazione, il quale comporta che, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un error in procedendo, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 della medesima norma, è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass.SSUU 22726/2011; Cass.5543/2017, 5314/2017, 19157/2012, 6937/2010, 15808/2008, 12239/2007); che le spese del giudizio seguono la soccombenza.

PQM

 

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso;

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA in favore della Regione Calabria.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017

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