Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18191 del 24/06/2021
Cassazione civile sez. VI, 24/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18191
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32192-2020 proposto da:
D.L.U., rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO
PERRELLA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
avverso il decreto n. 438/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositato il 18/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/04/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
Fatto
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
D.L.U. propone ricorso articolato in unico motivo avverso il decreto n. 438/2020 reso il 18 marzo 2020 dalla Corte d’Appello di Roma.
L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensive.
Il decreto impugnato ha rigettato l’opposizione ex art. art. 5 ter della L. n. 89 del 2001, proposta da D.L.U. avverso il decreto del magistrato designato del 15 luglio 2019, che aveva respinto la domanda di equa riparazione formulata per la durata non ragionevole di un procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi davanti al Giudice di pace di Cassino ed al Tribunale di Cassino.
I giudici dell’opposizione hanno evidenziato come l’appello svoltosi davanti al Tribunale di Cassino era stato dichiarato inammissibile in quanto la sentenza di primo grado, inerente a contributi condominiali pari ad Euro 496,07, era stata pronunciata secondo equità. A fronte tuttavia della durata di anni sei e mesi nove del giudizio di primo grado svoltosi davanti al Giudice di pace, i giudici dell’opposizione hanno affermato che “l’inammissibilità del gravame, dichiarata dal Tribunale di Cassino, si riverbera necessariamente sul giudizio di primo grado, dimostrando la consapevolezza della propria domanda anche con riferimento al procedimento svoltosi davanti al Giudice di Pace”.
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 quinquies.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il motivo di ricorso è fondato.
La L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 – quinquies, come modificato dalla L. n. 208 del 2015, esclude l’indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande e difese. Come più volte ribadito da questa Corte (già nella disciplina anteriore all’introduzione del vigente della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, il paterna d’animo derivante dalla situazione di incertezza per l’esito della causa è da escludersi non solo ogni qualvolta la parte rimasta soccombente abbia proposto una lite temeraria, difettando in questi casi la stessa condizione soggettiva di incertezza sin dal momento dell’instaurazione del giudizio, ma anche per il periodo comunque conseguente alla consapevolezza dell’infondatezza delle proprie pretese che sia sopravvenuta dopo che la durata del processo abbia superato il termine di durata ragionevole. La valutazione di temerarietà del giudizio presupposto operata dal giudice del merito dell’equa riparazione non va soggetta al sindacato di legittimità motivazionale, per effetto dei limiti introdotti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ferma la ipotizzabilità del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, ove determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione impugna risultino in contrasto con l’indicata norma regolatrice della fattispecie. La Corte d’appello di Roma ha fatto allora applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a, in una fattispecie in cui il giudice di appello, dopo un giudizio di primo grado eccedente la durata ragionevole, aveva emanato una pronuncia di inammissibilità del gravame, essendo oggetto di censura una sentenza del giudice di pace in controversia il cui valore non eccede millecento Euro, senza spiegare, se non in via meramente assertiva, perchè da tale pronuncia in rito sull’impugnazione il D.L. avrebbe acquisito consapevolezza che la sua opposizione a decreto ingiuntivo fosse ab origine manifestamente infondata e insuscettibile, in quanto tale, di generare una possibile incertezza sull’esito della causa e perciò di arrecare pregiudizio per la protrazione del processo oltre il limite della ragionevole durata. La valutazione sintetica e complessiva della durata ragionevole dell’intero giudizio, ai sensi della cit. L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-ter, non implica una sopravvenuta consapevolezza dell’impossibilità dell’accoglimento della domanda proposta, nè rende ex se irrilevante il periodo di durata del processo antecedente all’acquisizione della stessa.
Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021