Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18190 del 24/07/2017
Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, (ud. 06/04/2017, dep.24/07/2017), n. 18190
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14277-2015 proposto da:
P.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEL SERAFICO 65, presso lo studio dell’avvocato ANGELO ROSATI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DIBITONTO, giusta
delega in atti;
– ricorrente –
contro
PIEMME AUTO S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VALADIER 39, presso lo studio dell’avvocato DANIELA DE LUCA,
rappresentata e difesa dagli avvocati ALFONSO FORESTA, MAURIZIO DEL
PINTO, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 130/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 12/02/2015 R.G.N. 1260/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udito l’Avvocato DIBITONTO ANTONIO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di L”Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale del 16.9.2013, dichiarava la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore P.F. da parte delle Piemme Auto spa ritenendo che il posto di lavoro (che era in realtà quello di addetto al servizio garanzie) fosse stato soppresso in quanto svolto da altro lavoratore cumulativamente all’attività di magazziniere e che la società fosse stata ristrutturata in relazione al terremoto del 2009 con la soppressione di altre tre posizioni. Altro dipendente era stato assunto come magazziniere ma solo nel 2010 e quindi circa un anno dopo il recesso. La ristrutturazione ed il ridimensionamento erano circostanze obiettive e documentate in relazione all’incertezza dovuta ai gravissimi danni del sisma.
2. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la lavoratrice con un motivo; resiste controparte. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si allega l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5: la società non era in crisi e non aveva subito perdite commerciali i per il 2009 ed il 2010: la diminuzione dei ricavi era infatti avvenuta solo nel 2011.
2. Il ricorso è inammissibile in quanto il motivo non è coerente con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, che non consente più di sviluppare censure attinenti la motivazione della sentenza impugnata salvo non sia stato esaminato un “fatto” determinante (cfr. Cass. Sez. un. n. 8053/2014); nel caso in esame il ridimensionamento dell’attività produttiva in seguito al terribile sisma del 2009 ed alla situazione di incertezza derivata da tale evento è stato esaminato anche in relazione alla conseguente soppressione del posto di lavoro occupato dal lavoratore e all’impossibilità di adibirlo ad altre mansioni. Il mero fatto che una situazione di crisi di bilancio o commerciale si sia verificata successivamente (anche se di poco) al licenziamento non fa che comprovare la genuinità dei motivi addotti per il recesso: inoltre questa Corte con sentenza n. 25201/2016 ha precisato che la situazione sfavorevole del mercato non è un requisito necessario per il recesso, salvo che tale circostanza non venga dedotta in modo pretestuoso, il che deve escludersi per quanto già detto.
3. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed accessori.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017