Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18190 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22380-2020 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 22,

presso lo studio dell’avvocato GIULIO DI GIOIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MILENA MONICA DE NICOLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

09/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/04/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

R.G. propone ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Roma il 9 luglio 2020. Questo decreto, reso in sede di rinvio ex artt. 392 e ss. c.p.c., ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese processuali pari ad Euro 1.198,50 per la pregressa fase davanti alla medesima Corte d’appello e pari ad Euro 893,00 per il giudizio di cassazione, liquidando poi Euro 600,00 a titolo di compenso professionale per il giudizio di rinvio.

Il Ministero della Giustizia, intimato, ha depositato mero “atto di costituzione”.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 91 e 2233 c.c., nonchè del D.M. n. 55 del 2014. Il ricorrente espone che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Roma sia inferiore ai minimi dettati dalla Tabella 12 del D.M. n. 55 del 2014 (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari), applicabile ai “giudizi innanzi alla Corte d’appello”.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, non modificata dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, entrato in vigore il 27 aprile 2018 (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 21/06/2019, n. 16770; Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818;

Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6 – 2,

14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352). Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012 regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. Sez. 2, 17/01/2018, n. 1018), i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.

La liquidazione disposta dalla Corte di Roma in complessivi Euro 600,00, opera, invece, senza dare alcuna adeguata motivazione, una globale determinazione dei compensi in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00), pur applicata la riduzione massima in ragione della speciale semplicità dell’affare ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, (Euro 1.198,50: Euro 255,00 per la fase di studio; Euro 255,00 per la fase introduttiva; Euro 283,50 per la fase istruttoria; Euro 405,00 per la fase decisionale) (Cass. Sez. 6 – 3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 – L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6 – 1, 16/09/2015, n. 18167).

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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