Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1819 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/01/2017, (ud. 07/12/2016, dep.24/01/2017),  n. 1819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2170/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TRASTEVERE 209,

presso lo studio dell’avvocato MERSIA ALFIERI, rappresentata e

difeso dagli avocati MARIA ROSARIA RUSSO e MICHELE GUERRASIO, in

virtù di mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6610/12/2(114 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, emessa il 23/06/2014 e depositata il

02/07/2014:

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di S.R. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 6610/12/2014, depositata in data 2/07/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF dovuta in relazione all’anno d’imposta 2005, a seguito di rettifica, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d) e art. 41 bis, del reddito d’impresa, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente. In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che l’atto impositivo era illegittimo, in quanto “notificato solo dopo due giorni dal verbale di accesso” e con motivazione dell’urgenza, L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, insufficiente (“trattasi di annualità per la quale è in decadenza l’azione accertatrice dell’Ufficio”) a “chiarire le ragioni per le quali l’Ufficio non si è tempestivamente attivato”. A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 e dell’art. 2697 c.c..

2. La censura è infondata.

Questa Corte, in sede di applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 18183/2013, ha chiarito che “la capacità paralizzante dell’urgenza rispetto alla nullità dell’atto notificato senza il rispetto del termine dilatorio deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell’accertamento delle pretese fiscali”, con conseguente esclusione della riconducibilità dell’urgenza “a valutazioni correlate all’imminenza della scadenza del termine dilatorio che, a ben considerare, non attengono a fatti specifici che esulano dalla volontà dell’amministrazione ma rappresentano, per converso, l’effetto dell’azione tardivamente esercitata dall’amministrazione proprio perchè da tale esercizio deriverebbe l’impossibilità di garantire al contribuente il termine dilatorio e le esigenze fondamentali di garanzia del contraddittorio ad esse connesse” (Cass. 22786/2015). Non dunque l’imminenza della scadenza del termine vale ad integrare l’urgenza ma, semmai, l’insorgenza di fatti concreti e precisi che possano rendere giustificata l’attivazione dell’Ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio, a pena di vedere decaduta l’Amministrazione (cfr. Cass. 1869/2014: Cass. 2142/2011 e Cass. 9424/2014; Cass. 25759/2014).

Nel caso di specie, l’urgenza, invocata dall’Ufficio ed indicata nell’avviso di accertamento, era correlata solo all’imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativi (e neppure in sede di ricorso per cassazione, pur lamentandosi la ricorrente pare di non avere potuto “allegare e provare le ragioni di urgenza anche in sede di giudizio, non si indicano diverse ragioni), con la conseguenza che la decisione della C.T.R. è in linea con gli orientamenti sopra espressi di questa Corte.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio. liquidate in complessivi Euro 5.000,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017

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