Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18189 del 25/08/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18189 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 1437-2011 proposto da:
FORTE RINO FRTRNI55D21A326K, considerato domiciliato
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
DANIELA ALLEGRINI unitamente all’avvocato FRANCESCO
TERNULLO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2014
contro

1646

DESTO PAOLA DSPPLA51B47C370G, considerata domiciliata
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato

I

Data pubblicazione: 25/08/2014

STEFANO SARTORI giusta procura a margine del
controricorso;
– controridorrente nonchè contro

ZANONI ISABELLA, DESTO PAOLA & C SAS ;
2

avverso la sentenza n. 1939/2009 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 12/11/2009 R.G.N. 171/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/06/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato ALESSANDRO ARDIZZI per delega;
udito l’Avvocato STEFANO SARTORI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

,

2

– intimati –

.:.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Rino Forte, nel 1998, convenne in giudizio la sas Zanoni Isabella e
Desto Paola & C, oltre alla sode accomandanti Zanoni Isabella e Desto
Paola, per sentirle condannare al risarcimento del danno. Espose un
comportamento doloso e/o colposo da parte della società convenuta,
agente nnonomandataria della compagnia assicuratrice Lloyd Adriatico
spa, per essere stato tratto in inganno e indotto a sottoscrivere una

Assicurazioni spa, credendo di averla stipulata con la Lloyd, e di aver
pagato il premio per il periodo dicembre 1993/giugno 1994. Aggiunse
che, dopo il furto dell’autovettura, avvenuto il 13 maggio 1994, aveva
saputo che l’assicurazione era stata stipulata con la D’Eass, in
liquidazione coatta amministrativa già al momento della stipulazione e
che il premio non era stato versato.
Il Tribunale di Verona, in esito all’istruzione documentale e testimoniale e
all’esito dell’interrogatorio formale delle parti, rigettò la domanda.
La Corte di appello di Venezia rigettò l’impugnazione del soccombente
(sentenza del 12 novembre 2009).
2. Avverso la suddetta sentenza, Forte propone ricorso per cassazione
affidato a tre motivi.
Paola Desto resiste con controricorso.
La sas Zanoni Isabella e Desto Paola & C, e Zanoni Isabella non si
difendono.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di appello ha ritenuto che, al momento della stipulazione del
contratto di assicurazione, il Forti avesse tutti gli elementi per rilevare di
aver stipulato con la D’Eass, e non con la Lloyd, senza dolo e colpa grave
della parte convenuta, e che in tale momento la D’Eass non era in
liquidazione coatta amministrativa. A tal fine, ha valutato attendibile la
testimonianza del Vincenti, anche se coniuge dell’accomandataria e
gestore della società convenuta, con il quale il Forti concretamente aveva
trattato e che aveva ricevuto il pagamento del premio, considerando che
le dichiarazioni dello stesso avevano trovato conforto nella
documentazione. Ha rilevato: che lo stesso attore aveva riconosciuto, con
l’atto introduttivo, che la polizza furto consegnatogli era intestata alla
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polizza contro il rischio di furto dell’autovettura con la compagnia D’Eass

D’Eass, anche se contenuta in una cartellina Loyd; che l’altro teste
(Bissoli) aveva riferito dell’incontro tra il Forti e il Vincenti e della
documentazione consegnata, oltre che del premio versato; che,
irrilevante era il fax con la proposta di assicurazione da parte dell’agenzia
Lloyd, attesa la chiara intestazione della polizza alla D’Eass e che io
stesso Forti non aveva mai dedotto che la polizza era diversa da quella
consegnata.

società convenuta alla assicurazione D’Eass, la Corte lo ha ritenuto non
provato, unitamente all’incidenza di tale mancato versamento sulla
mancanza della copertura assicurativa.
2. L’esame del secondo e terzo motivo è logicamente preliminare
all’esame del primo, incidendo l’esito dei questi motivi sul materiale
probatorio utilizzato dal giudice di merito nel decidere la controversia.
2.1. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 246 cod. proc. civ.
Il ricorrente deduce l’incapacità a testimoniare del Vincenti – colui con il
quale aveva stipulato il contratto e al quale aveva versato il premio
assicurativo – per esser lo stesso socio accomandante della società
convenuta in giudizio, marito della accomandataria, pure convenuta, ed
effettivo gestore dell’attività imprenditoriale.
Il motivo è inammissibile.
2.1.1. Le Sez. Un. di questa Corte hanno, di recente, ribadito che la
nullità della testimonianza resa da persona incapace, ai sensi dell’art. 246
cod. proc. civ., essendo posta a tutela dell’interesse delle parti, è
configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita

Quanto al mancato versamento del premio assicurativo da parte della

subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi
dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., e che qualora detta
eccezione venga respinta, l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di
precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione,
dovendosi altrimenti ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della
nullità per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e
grado del processo (Sez. Un. 23 settembre 2013, n. 21670).
Di contro, nella specie, nulla è dato sapere, sulla base del ricorso, in
ordine a quanto eventualmente accaduto nel processo di merito in ordine
4

alla necessaria e tempestiva eccezione di nullità per incapacità a
testimoniare.
Con la conseguenza, che resta precluso ogni esame sulla configurabilità o
meno della incapacità a testimoniare, dovendosi presumere – in
mancanza di diverse allegazioni in ordine alla tempestiva eccezione di
incapacità da parte di chi avrebbe avuto interesse a rilevarla – che

2.2. Con il terzo motivo, si deduce omessa e insufficiente motivazione, ai
sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., per avere la Corte di appello
«omesso di motivare le ragioni per cui la nuova produzione
documentale in sede di gravame non costituisca prova decisiva al fine del
decidere».
Il motivo è inammissibile.
2.2.1. Nella parte esplicativa del motivo si deduce omessa, più che
insufficiente motivazione, in ordine ad un documento decisivo, costituito
dalla comparsa di risposta dell’assicurazione D’Eass in un diverso giudizio
di appello, dove questa avrebbe riconosciuto che il premio assicurativo
rilevante, consegnato al Vincenti per la sas convenuta nel nostro giudizio,
non era stato versato alla Eass e, per tale motivo, il risarcimento per il
furto subito sarebbe stato escluso dallo stato passivo della liquidazione
coatta amministrativa della D’Eass. Documento che si assume prodotto in
appello in questo giudizio e non esaminato dal giudice.
2.2.2. Premesso che la Corte di merito non fa alcun accenno al suddetto
documento e che, anzi, rispetto all’altro giudizio nel quale parti convenute
sembrano essere le assicurazioni, la Corte suddetta ne esclude la
pendenza come dato pacifico, ai fini dell’inammissibilità del motivo è
assorbente, che il ricorrente avrebbe dovuto dedurre la violazione dell’art.
345 cod. proc. civ., il quale prevede rigide condizioni per l’ammissione di
nuove prove, anche documentali, anche prima della novella ad opera
della legge n. 69 dei 2009, che sul punto ha recepito il pacifico indirizzo
giurisprudenziale di legittimità. Ed inoltre, il ricorrente avrebbe dovuto,
nell’ambito di tale censura, dimostrare, mediante il richiamo degli atti
processuali, il momento della produzione e richiamare eventuali
provvedimenti del giudice, unita mente all’esistenza delle eventuali
condizioni per la denuncia di omessa decisione.
5

l’eventuale nullità si sia sanata.

3. In esito alla inammissibilità dei motivi suddetti, la testimonianza del
Vincenti resta validamente assunta e resta non censurata la statuizione
della sentenza impugnata in ordine all’accertamento della assenza di
prova rispetto al mancato versamento del premio assicurativo alla d’Eass
da parte della società convenuta e, naturalmente, l’incidenza di tale
mancato versamento rispetto alla copertura assicurativa dell’autovettura

4. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 1173, 1175, 1337 e 1375 cod. civ., della legge 28 novembre
1984, n. 792, dell’art. 2043 cod. civ.; erronea rappresentazione della
realtà probatoria – art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia.
Nella parte esplicativa, dalla quale non emerge alcun riferimento alla
violazione dell’invocato art. 2043 cod. civ., essenzialmente, il ricorrente si
lamenta che il rigetto della domanda sia stato basato sull’esistenza della
polizza intestata alla D’Eass e quindi, di un chiaro documento messo nella
disponibilità del Forti, nella cartellina con intestazione Loyd, senza
considerare, omettendo ogni motivazione, il comportamento illegittimo
dell’agente nel proporre e far sottoscrivere una polizza con una
assicurazione diversa, da quella per la quale l’agenzia era
monomandataria, e nell’incassare il premio a proprio nome, inserendo la
polizza nella cartellina della Lloyd.
Il presupposto di tale difetto di motivazione, pure esplicato nel motivo di
ricorso, è che l’Agenzia monomandataria avrebbe, in violazione della I. n.
792 del 1984 e senza essere a ciò autorizzata, svolto attività di
brokeraggio a favore di una assicurazione diversa, in violazione di doveri
di correttezza e buona fede nella fase precontrattuale, creando nella
parte l’affidamento in ordine alla stipula del contratto con la compagnia di
cui era monomandataria, mentre dalla reale stipulazione con altra
compagnia all’attore sarebbe derivato pregiudizio. Ed inoltre, sempre
secondo quanto sostenuto nel motivo di ricorso, l’attore non si sarebbe
mai lamentato della specifica inadempienza dell’agente nel non
trasmettere il premio assicurativo, perché tale circostanza sarebbe del
tutto irrilevante rispetto alla invocata responsabilità del preponente.
4.1. Il motivo è inammissibile.
6

rubata.

Il ricorrente introduce in sede di legittimità profili nuovi, quali il
riferimento alla violazione della legge che disciplina il broker, atteso che
non dimostra – mediante il doveroso richiamo degli atti ai sensi dell’art.
366, n. 6 cod. proc. civ. – di averli sviluppati nei giudizi di merito.
Collegata è la precisazione contenuta in ricorso che, nella prospettiva
attorea, è irrilevante il mancato versamento del premio da parte
dell’agente.
In tal modo il ricorrente sembra voler incentrare la responsabilità della
società convenuta sull’aver questa svolto illegittimamente attività di
brokeraggio, laddove nel giudizio di merito – quale emerge dagli atti del
giudizio di cassazione – la responsabilità precontrattuale era stata
incentrata su comportamenti dolosi e colposi nel far sottoscrivere il
contratto con una società diversa, e quella contrattuale sul mancato
versamento del premio pagato all’agente; tutto in collegamento con la
circostanza che la società con la quale effettivamente il contratto di
assicurazione del rischio furto era stato stipulato era in liquidazione
coatta amministrativa al momento della stipulazione del contratto e il
veicolo, era risultato non coperto da assicurazione per mancato
versamento del premio, con conseguente mancata ammissione ai passivo
del relativo credito, e relativo danno prospettato.
Esclusa

l’ammissibilità,

per novità,

della

prospettazione

della

responsabilità precontrattuale della pretesa illegittima attività di
brokeraggio; escluso che la società D’Eass – con la quale concretamente
il contratto di assicurazione furto fu stipulato – fosse in I.c.a. al momento
della stipula del contratto, risultando l’accertamento della Corte di merito
non contestato sul punto; viene meno la ragione stessa di danno
lamentata rispetto alla responsabilità precontrattuale.
5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le
spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza
nei confronti della controricorrente.
Non avendo la società intimata e Isabella Zanoni svolto attività difensiva,
non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese
processuali.
ìP.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE

,

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di
cessazione, che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2014

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