Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18189 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/09/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 16/09/2016), n.18189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22000/2011 proposto da:

CENTRO SERENA ROMA S.P.A., C.F. (OMISSIS), persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato

RICCARDO CHILOSI, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

L.I., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 140, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

ZAPPASODI, che a lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 811/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/03/2011, R.G. N. 4275/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato RICCARDO CHILOSI;

udito l’Avvocato ANTONIETTA MASTRANGELO per delega ENRICO ZAPPASODI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 31 marzo 2011, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva la domanda proposta da L.I. nei confronti di Centro Serena Roma S.p.A., avente ad oggetto, previo riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti per lo svolgimento di mansioni inquadrabili nel 6^ livello per il settore commercio, la condanna al pagamento, a titolo di differenze retributive, della somma di circa 20.000,00 Euro, pronunciando la richiesta condanna.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, sulla base delle riesaminate risultanze istruttorie, la riferibilità alla Centro Serena Roma S.p.A., quale unico centro di imputazione delle attività di vendita formalmente facenti capo ad altre Società nelle quali il lavoratore era stato impiegato, della titolarità del rapporto di lavoro intercorso avente le caratteristiche indicate ed implicante il trattamento economico richiesto e non contestato.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, il L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa a applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè dell’art. 414 c.p.c., commi 3 e 4, in una con il vizio di insufficiente motivazione, la Società ricorrente lamenta la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato per aver la Corte territoriale fondato la propria decisione su una causa petendi, l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro derivante dal carattere fittizio dell’intermediazione di altro datore con il quale quel rapporto era formalmente costituito, non presupposta necessariamente dalla domanda di riconoscimento di pretese differenze retributive azionata dal lavoratore con il ricorso introduttivo ed ivi neppure allegata e provata, ferma restando l’insufficienza degli elementi di fatto emersi in sede istruttoria a sostegno dell’addotta motivazione.

Il secondo motivo è inteso a denunciare un radicale vizio di insufficiente motivazione nonchè la violazione dell’art. 2697 c.c., lamentandosi l’assenza di qualsiasi supporto probatorio all’accoglimento della pretesa pecuniaria, derivando questa dalla mancata contestazione dei conteggi in ordine tanto ai presupposti di calcolo, quanto allo sviluppo contabile, essendo tale mancata contestazione insuscettibile di essere riguardata quale fondamento di una prova “confessoria” della sussistenza degli elementi costitutivi della domanda nè allegati nè provati dal lavoratore/attore.

Il primo motivo risulta infondato.

Sostiene, in sostanza, la Società ricorrente che la mancata prospettazione nel ricorso introduttivo dell’interposizione fittizia di manodopera, quale causa petendi della formulata domanda di riconoscimento della natura subordinata del rapporto intercorso tra il lavoratore ed essa Società avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a respingere la domanda per difetto di allegazione dei relativi fatti costitutivi, risultando alla medesima inibito da tale carenza l’accertamento della dedotta subordinazione. Al contrario, deve ritenersi che la domanda originaria non difettava dell’allegazione del fatto costitutivo, dato dall’aver il lavoratore di fatto prestato la propria opera alle dipendenze della Società ricorrente a prescindere dalla veste formale attribuita a tale collaborazione, risultando, pertanto, la Corte territoriale legittimata all’accertamento della natura del rapporto in conformità alla formulata domanda giudiziale, accertamento, poi, che, in quanto correttamente condotto sulla base di significativi indici sintomatici della subordinazione – quali lo stabile inserimento nell’ambito dell’organizzazione della Società, attestato dal ricevimento di disposizioni sui turni di lavoro da parte del responsabile del magazzino facente capo alla Società medesima, la provenienza della remunerazione corrisposta al lavoratore da una cassa unica gestita dalla medesima Società cui confluivano i proventi delle attività formalmente incassati da altre Società la cui operatività non risultava giustificata da un appalto di servizi, la sottoscrizione per quietanza da parte del lavoratore della documentazione di consegna della merce proveniente dalla stessa Società – si sottrae alle censure a riguardo qui sollevate dalla Società ricorrente, che non vanno oltre la generica smentita delle predette circostanze asseverate dalla Corte territoriale.

Parimenti infondato risulta il secondo motivo, atteso che la generica contestazione delle deduzioni in fatto di cui al ricorso introduttivo, quale è quella correttamente rilevata dalla Corte territoriale come risultante dagli atti della Società odierna ricorrente, non configura valida negazione delle ragioni poste a fondamento dell’an della domanda incompatibili con l’operatività dell’effetto preclusivo del difetto di contestazione del quantum, venendo così ad assumere rilievo l’orientamento di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, per il quale l’onere di specifica contestazione dei conteggi elaborati dal ricorrente opera anche quando il resistente contesti in radice la sussistenza del credito, allorchè la negazione del titolo degli emolumenti non implica necessariamente l’affermazione dell’erroneità della quantificazione (cfr. Cass. 18.2.2011, n. 4051).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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