Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18186 del 24/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2017, (ud. 29/03/2017, dep.24/07/2017),  n. 18186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18604-2011 proposto da:

AGAZZI CONTAINERS S.R.L., c.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

CARSO 51, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RUFINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA MATTIOZZI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, giusta delega in

atti;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A., (GIA’ EQUITALIA ESATRI S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 120/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 12/03/2011 R.G.N. 344/2010;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RITENUTO

che la Agazzi Containers srl, produttrice di cassoni in metallo, per la realizzazione degli scheletri stipulò un contratto di appalto con altra società, La Nuova Carpenteria srl, la quale impiegò proprio personale per l’esecuzione dei lavori commissionati;

che un accertamento della Guardia di Finanza rilevava, però, che la società appaltatrice operava nei fatti come mera intermediatrice di manodopera nel rapporto con varie imprese e l’INPS con cartella esattoriale chiedeva pertanto anche alla Agazzi Containers, in quanto società utilizzatrice, il pagamento dei contributi assicurativi per i lavoratori impiegati nell’appalto e per i periodi desunti dalle fatture del pagamento dei corrispettivo;

che accolta in primo grado l’opposizione svolta dalla Agazzi Containers srl, in ragione della non identificazione dei lavoratori inviati presso la sede dell’impresa opponente, e proposto appello dall’INPS, la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza 12.03.11, accoglieva l’impugnazione accertando in fatto che la società appaltatrice aveva una struttura inesistente sul piano operativo e che gli operai inviati presso le varie imprese andavano ad inserirsi nell’organizzazione aziendale delle committenti venendo “sempre” diretti dai responsabili delle imprese committenti;

che sotto diverso profilo la Corte bresciana riteneva irrilevante che fossero stati richiesti contributi non immediatamente imputabili a rapporti assicurativi specifici per lavoratori non identificati presso la singola impresa committente, atteso che la quantificazione era stata effettuata in base al minimale del CCNL applicabile e che il sistema di ripartizione tra i lavoratori iscritti all’INPS garantiva comunque l’integrazione delle posizioni assicurative dei singoli, tra quelli appartenenti all’impresa pseudo appaltatrice;

che propone ricorso la soc. Agazzi con cinque motivi nei quali deduce: con il primo motivo la violazione della L. n. 153 del 1969, art. 12 come modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 36, comma 1 per aver ricavato l’imponibile contributivo “non da quanto percepito dal lavoratore ma dalla fattura pagata al suo datore di lavoro”; col secondo motivo la violazione degli artt. 1411,1418 e 1325 c.c. posto che il contratto di assicurazione sociale avrebbe la struttura di un contratto a favore di terzo sicchè l’assenza di un lavoratore assicurato o assicurabile renderebbe geneticamente impossibile la formazione del contratto e comporterebbe altresì la sua nullità per l’assenza di causa, “non potendosi ipotizzare la prestazione previdenziale in favore di un soggetto non identificato e contrattualmente inesistente”; col terzo motivo la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 6 in relazione al cosiddetto “criterio contributivo” di accredito dei contributi e di calcolo della pensione; con il quarto motivo la violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost. in quanto la sentenza ha considerato l’imponibile contributivo nell’importo della fattura del febbraio 2001 depurato dalla quota di un 25% a titolo di presunto ricarico della società Nuova Carpenteria; col quinto motivo l’incongrua e contraddittoria motivazione nella valutazione delle prove non essendo stata provata l’illiceità dello specifico appalto posto che la sentenza sul punto era fondata solo su presunzioni;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che i motivi di ricorso sono tutti infondati anzitutto perchè, come risulta dalla sentenza, sul piano oggettivo della determinazione del quantum dell’imponibile contributivo, la base imponibile si ricava sulla scorta “dei minimali contributivi” e del numero dei lavoratori impiegati nell’appalto illecito;

che la fattura relativa al corrispettivo pagato dal committente al fornitore della manodopera in base all’orario svolto dai lavoratori è stata quindi utilizzata per determinare – sulla scorta della tariffa oraria corrisposta e di un orario settimanale di 40 ore – il numero dei lavoratori impiegati nell’appalto, in relazione ai quali si determina l’obbligazione contributiva dovuta; fermo restando che i contributi vanno computati sul dovuto e non su “quanto percepito dal lavoratore”, se inferiore al minimale; talchè la stessa censura sollevata in ricorso (ovvero che la base imponibile sarebbe stata determinata in virtù del fatturato pagato al fornitore meno il 25%) appare generica ed irrilevante in mancanza dell’allegazione che nel quantum fosse stato richiesto al datore reale più di quanto risultante dalla legge (in virtù di quanto dovuto ai lavoratori in base al CCNL);

che pertanto al datore di lavoro effettivo è stato richiesto di pagare i contributi per un numero di lavoratori (suoi dipendenti “a tutti gli effetti” in base al D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 21 e 28), che ha impiegato nel lavoro oggetto dell’appalto, secondo l’accertamento insindacabile del giudice del merito, neppure fatto oggetto di idonea censura in questa sede;

che si tratta di lavoratori pure nominativamente individuati in quanto già assunti dall’impresa fornitrice e per questo assicurati all’INPS (anche in virtù dei principi di obbligatorietà, indisponibilità ed automaticità del rapporto previdenziale);

che pertanto è pure infondata la tesi secondo cui l’INPS procederebbe ad incamerare i contributi in oggetto in maniera indistinta senza che si conoscano nemmeno i nomi dei beneficiari;

che l’imputazione soggettiva dei contributi previdenziali nei confronti dei singoli lavoratori si configura come adempimento successivo al sorgere dell’obbligazione contributiva ed al pagamento dell’importo dovuto da parte del datore di lavoro; un’operazione che, in presenza di totale omissione del datore di lavoro reale (come qui si è verificata sia nel pagamento dei contributi, sia nella trasmissione delle necessarie informazioni), l’INPS dovrà regolare ricostruendo le vicende dei rapporti che ciascun lavoratore intratteneva con il somministratore abusivo in base ai documenti obbligatori (libri matricola e paga) e considerando gli appalti intervenuti nel corso del tempo coi vari utilizzatori tenuti al versamento dei contributi (qui richiesti, si ripete, per un periodo limitato alla durata del singolo appalto);

che la stessa operazione va effettuata alla luce della concezione solidaristica (riconosciuta da Cass. 1589/2004 e riaffermata anche dalle Sezioni Unite n. 12269/2004) cui è improntato il sistema previdenziale sotto molteplici aspetti (criterio di ripartizione, assenza di, sinallagmaticità, natura giuridica dei contributi, minimi e massimi pensionistici, ecc.) e tenendo conto del rapporto giuridico intercorrente esclusivamente tra lo stesso istituto previdenziale ed i lavoratori assicurati (i quali verifichino il mancato accredito contributivo da parte della ditta fornitrice);

che è stato affermato nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 26641 del 18/12/2009, Sez. U, Sentenza n. 14953 del 02/07/2007) che, in relazione al rapporto giuridico previdenziale con l’INPS, “L’antica concezione sulla natura trilaterale del rapporto assicurativo intercorrente tra assicurante, assicurato ed ente assicuratore (Cass. 18 luglio 1979 n. 4227) è attualmente superata dalle convergenti dottrina e giurisprudenza (Cass. 3 luglio 2004 n. 12213), che individua tre rapporti bilaterali: quello tra datore di lavoro ed ente previdenziale per la provvista finanziaria attraverso i contributi; quello tra il lavoratore ed ente previdenziale per le prestazioni; quello del lavoratore con il datore di lavoro, stante l’interesse del primo all’adempimento dell’obbligazione contributiva. Ciò a causa della necessaria distinzione del rapporto assicurativo, che ha esclusiva fonte nella legge, dal rapporto di lavoro, che ha fonte in un atto negoziale o in un provvedimento amministrativo, e la conseguente natura soltanto incidentale degli accertamenti relativi al secondo (Cass. Sez. Un. 5 febbraio 1991 n. 1076; 13 luglio 1993 n. 7704)”;

che tale principio, dettato a vari fini (ad. es. della legittimazione processuale, della giurisdizione, dell’interesse del lavoratore all’integrità della propria posizione contributiva, ecc.) esclude che le vicende di un rapporto bilaterale si ripercuotano sempre automaticamente sull’altro; e, per quanto qui attiene, che l’adempimento tecnico amministrativo di imputazione dei contributi nei confronti dei lavoratori (non individuati, ma individuabili) possa incidere sull’esistenza dell’obbligazione datoriale che sta a monte;

che tale conclusione è confortata anche da evidenti ragioni logico – sistematiche, a carattere costituzionale (artt. 3 e 38 Cost.); non potendo dubitarsi, infatti, della totale irrazionalità di un sistema che riconoscesse al datore di lavoro di potersi sottrarre all’assolvimento dei contributi dovuti solo sostenendo di non conoscere il nominativo dei lavoratori che ha utilizzato, per contro lasciando privo di tutela previdenziale i lavoratori effettivamente impiegati all’interno dell’impresa (o, come nel caso di specie, di varie imprese), favorendo così nei fatti le forme più retrive di evasione contributiva e di sfruttamento lavorativo;

che pertanto, alla luce delle premesse, la questione dell’imputazione soggettiva dei contributi ai singoli lavoratori da parte dell’INPS non rileva nel rapporto contributivo con il datore di lavoro, il quale – una volta individuato il numero dei lavoratori impiegati e la base imponibile dell’obbligazione contributiva per i periodi di utilizzazione – non ha titolo ed interesse a lamentare la mancata identificazione nominativa dei beneficiari di contributi che è comunque obbligato a versare nella misura discendente dalla legge;

che sulla conclusione assunta non incide la L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 6 ed il c.d. “criterio contributivo” il quale opera solo ai fini del calcolo della pensione ma non influisce sulla configurazione dell’obbligazione contributiva;

che, infine, come argomentato dal Procuratore generale nella requisitoria depositata prima dell’udienza camerale, neppure è estensibile al caso in esame la sentenza di questa Corte n. 8253/1999 (rel. La Terza) la quale fa riferimento ad una fattispecie in cui non si conoscevano “la misura dell’imponibile contributivo complessivo nè il numero dei soci, nè i loro nominativi, nè i compensi percepiti da ciascuno”; mentre nel caso di specie tutti i suddetti elementi sono noti; essendo soltanto sconosciuti ma, come già detto, soltanto nell’immediato – quali tra i lavoratori (forniti dal datore interposto e già identificati dall’INPS) abbiano lavorato per l’impresa ricorrente nel singolo rapporto, e, presumibilmente, presso le varie imprese alle quali La Nuova Carpenteria si limitava a fornire manodopera in modo illecito, a fronte del pagamento di un compenso forfettario;

che è pure privo di fondamento il motivo volto a contestare nel merito l’accertamento dell’illiceità del rapporto contrattuale intervenuto tra committente e fornitore di manodopera (qualificato come soggetto inesistente sotto il profilo imprenditoriale), accertamento effettuato dal giudice di merito con analitica e logica motivazione non censurabile in questa sede sotto alcuno dei dedotti profili;

che in forza delle ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 5100, di cui Euro 5000 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2017

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