Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18184 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 24/06/2021), n.18184

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33956-2019 proposto da:

L.P.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

BAINSIZZA 1, presso lo studio dell’avvocato MAURO MELLINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato JACOPO SEVERO BARTOLOMEI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/04/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L.P.R. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso il decreto della Corte di appello di L’Aquila n. 277/2019, depositato il 2 maggio 2019.

L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensive.

Con ricorso depositato in data 8 gennaio 2019 presso la Corte di appello di L’Aquila, l’avvocato L.P.R. chiese la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio di opposizione all’esecuzione promosso nel giugno 2009 nei suoi confronti da R.L. davanti al Tribunale di Teramo, in relazione ad un credito portato da titolo esecutivo giudiziale dell’importo di Euro 200,00, giudizio definito in primo grado nel maggio 2011, in appello nel dicembre 2017 e pendente in cassazione all’epoca della domanda indennitaria.

Il magistrato designato presso la Corte di appello di L’Aquila rigettò la domanda di equa riparazione, stante il valore del credito oggetto del procedimento di opposizione all’esecuzione (Euro 419,00 comprensivo delle spese della procedura esecutiva) e perciò ritenendo operante la presunzione di insussistenza del pregiudizio prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), come introdotto dalla L. n. 208 del 2015, in caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa.

Il collegio della Corte d’Appello respinse poi l’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, evidenziando come la previsione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), imponesse di prestare attenzione alla “posta in gioco” nella sola prospettiva della creditrice procedente, non venendo in rilievo a tal fine, per il giudizio presupposto di opposizione all’esecuzione, la dedotta questione dell’accertamento della decadenza di R.L. dal beneficio d’inventario. Il valore della causa, a dire del collegio dell’opposizione ex art. 5 ter, doveva perciò trarsi unicamente dal credito azionato in via esecutiva (Euro419,00), somma oggettivamente modesta, sicchè, trovando applicazione la presunzione di insussistenza del pregiudizio ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2 sexies, lett. g), sarebbe spettato all’avvocato L.P.R. fornire prova in senso contrario.

Il primo motivo di ricorso di L.P.R. censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), e l’errata applicazione dell’art. 17 c.p.c., dovendosi diversamente determinare il valore del giudizio presupposto (“indeterminabile medio”).

Il secondo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, e degli artt. 2727-2729 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., circa l’assolvimento dell’onere probatorio per il superamento della presunzione di insussistenza del pregiudizio, avendo la ricorrente allegato elementi idonei a tal fine, quali la spropositata liquidazione di spese processuali, l’esito altalenante della fasi cautelari e di merito, la protratta impossibilità di recuperare il credito professionale, l’accertamento incidentale della decadenza dal beneficio, il patema d’animo ed il disagio subiti.

Il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso e travisato esame del fatto decisivo inerente all’interesse del creditore procedente all’accertamento incidentale della decadenza del debitore esecutato dal beneficio di inventario.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria pervenuta in data 14 aprile 2021, e dunque non osservante il termine di cui all’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano, ad avviso del collegio, inammissibili.

La L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 sexies, lett. g), come introdotto dalla L. n. 208 del 2015, contempla una presunzione di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, in caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa.

La Corte d’appello di L’Aquila, nell’ambito dell’apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito (che rimane sindacabile in sede di legittimità soltanto per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012), ha ritenuto insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo in capo all’avvocato L.P.R. per la irrisorietà della posta in gioco (credito originario di Euro 200,00, somma complessiva oggetto del procedimento esecutivo, comprensiva delle spese processuali, pari ad Euro 419,00).

Questa Corte ha, peraltro, costantemente affermato che, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, già nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dapprima dalla L. n. 134 del 2012 e poi dalla L. n. 208 del 2015, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 6: sicchè, il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale a meno che non ricorrano, nel caso concreto, proprio come nella specie considerato dalla Corte d’Appello di L’Aquila, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dall’interessato (cfr. ad esempio, Cass. Sez. 6 – 2, 17/01/2020, n. 974; Cass. Sez. 2, 24/07/2012, n. 12937; Cass. Sez. 1, 26/09/2008, n. 24269; Cass. Sez. 1, 16/12/2010, n. 25519). Contenendo la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. g), introdotto dalla L. n. 208 del 2015, una presunzione iuris tantum di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, esso pone una nuova disciplina della formazione e della valutazione della prova nel processo. In assenza di norme che diversamente dispongano, e perciò proprio in forza dell’art. 11 preleggi, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. g), senza che rilevi la natura sostanziale o processuale della disposizione, dando luogo a ius superveniens operante sugli effetti della domanda e implicante un mutamento dei presupposti legali cui è condizionata la disciplina di ogni singolo caso concreto, non può che trovare applicazione avendo riguardo al momento della proposizione della domanda di equa riparazione (e, quindi, anche nella fattispecie in esame, essendo stata la domanda presentata in data 8 gennaio 2019).

Secondo, peraltro, l’orientamento già espresso da questa Corte, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, ai sensi del Protocollo n. 14 alla CEDU, art. 12, la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicchè dall’ambito di tutela della L. 24 marzo 2001, n. 89, restano escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sè non significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (Cass. Sez. 2, 14/01/2014, n. 633). La Corte di L’Aquila ha messo in risalto l’esiguità del valore monetario del giudizio presupposto; a fronte di tale valutazione di merito, la ricorrente, elenca una serie di elementi, tutti sprovvisti di decisività (e cioè di portata tale da determinare un sicuro diverso esito della controversia), che sarebbero stati prospettati al giudice dell’equa riparazione, senza peraltro specificare, nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quale atto del giudizio di merito fossero state compiute le relative allegazioni. Di tali elementi fattuali la ricorrente invoca dalla Corte di cassazione un nuovo apprezzamento di fatto difforme da quello operato dalla Corte d’appello, mediante un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, non consentiti nel giudizio di legittimità.

Peraltro, proprio perchè la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, introdotto dalla L. n. 208 del 2015, contempla un elenco di presunzioni iuris tantum di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, le ipotesi considerate costituiscono prova “completa”, alla quale il giudice di merito può legittimamente ricorrere, anche in via esclusiva, salvo pur sempre il limite della motivazione del proprio convincimento, nonchè quello dell’esame degli eventuali elementi indiziari contrari al fatto ignoto dell’inesistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, che si pretende legislativamente di desumere tramite l’allestita presunzione. L’accertamento dell’esistenza, sufficienza e rilevanza della prova contraria, che consenta il superamento delle presunzioni di insussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, di cui all’art. 2, comma 2-sexies, implica una tipica indagine di fatto, istituzionalmente attribuita dalla legge al giudice di merito, ma pur sempre sindacabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 2, 10/10/2019, n. 25542).

Quanto al primo ed al terzo motivo di ricorso, essi intendono dar rilievo, al fine di ottenere una diversa e più consistente valutazione della causa presupposta, all’accertamento incidentale della decadenza del debitore esecutato dal beneficio d’inventario ereditario, operato, a dire della ricorrente, nel giudizio di opposizione all’esecuzione. Sennonchè, è evidente che, dovendosi procedere, agli effetti del pregiudizio da irragionevole durata del processo, ad accertare l’impatto dell’irragionevole ritardo sulla psiche della parte richiedente, la determinazione della consistenza della pretesa e del valore della causa, ora anche agli effetti della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. g), deve compiersi sulla base della reale portata dell’interesse della singola parte alla decisione, effettuando un giudizio di comparazione con la situazione socioeconomica dell’istante (situazione in ordine alla quale il ricorso non contiene alcuna allegazione); sicchè non può che farsi riferimento all’entità della pretesa patrimoniale esercitata, e dunque, come fatto correttamente nella specie dalla Corte di L’Aquila, all’importo del credito azionato in sede esecutiva (cfr. Cass. Sez. 2, 04/10/2018, n. 24362).

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive.

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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