Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18182 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. III, 05/08/2010, (ud. 14/06/2010, dep. 05/08/2010), n.18182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.M. (OMISSIS), considerata domiciliata “ex lege”

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARINO ANTONIO giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

R.A., R.G., LLOYD ADRIATICO D

ASSICURAZIONI & RIASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 180/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

2^ SEZIONE CIVILE, emessa il 28/4/2004, depositata il 17/02/2005,

R.G.N. 128/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.G. e R.A. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Catanzaro T.M. e la s.p.a.

Compagnie Riunite Assicurazioni, quale assicuratrice della T., per sentirle condannare al risarcimento dei danni da essi patiti, sia al mezzo meccanico che alla persona, in seguito ad un sinistro accaduto il (OMISSIS) nei pressi di (OMISSIS) allorquando, mentre procedevano alla guida del furgone di loro proprietà sulla loro destra, venivano sbalzati fuori strada da una vettura Fiat 850 di proprietà della T. e dalla stessa condotta, che invadeva la corsia di marcia tenuta dagli esponenti e si scontrava con il loro furgone provocandone l’uscita di strada.

Le convenute si costituivano contestando la fondatezza dell’avversa domanda e la T. spiegava domanda riconvenzionale nei confronti dei R., indicando R.A. quale unico responsabile del sinistro de quo e chiedendo la loro condanna al ristoro dei danni da essa patiti; inoltre chiedeva la chiamata in causa della s.p.a. Lloyd IA Adriatico, allora assicuratrice per la r.c.a. del R..

Il Lloyd si costituiva contestando la domanda riconvenzionale.

Dopo che in corso di causa gli attori avevano comunicato di aver raggiunto un accordo transattivo della lite con le Compagnie Riunite, e costituitasi in giudizio la s.p.a. Axa Assicurazioni succeduta alle Compagnie Riunite, l’adito Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere tra gli attori e le convenute in ordine alle domande formulate con l’atto introduttivo e rigettava quella riconvenzionale della T..

Appellata tale sentenza da parte di quest’ultima, si costituivano l’Axa, che dichiarava di riproporre esclusivamente la riserva d’azione di regresso ex art. 2055 c.c., nei confronti dell’appellante, ed il Lloyd Adriatico, che chiedeva il rigetto del gravame, mentre gli appellati R. restavano contumaci.

Con sentenza depositata il 7.2.05 la Corte d’appello di Catanzaro rideterminava in Euro 3.650,00 le spese del primo grado di giudizio a carico dell’appellante, ponendo a suo carico anche le spese della consulenza tecnica espletata nel primo giudizio, e confermava nel resto la sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la T., con cinque motivi, mentre nessuna attività difensiva è stata svolta dagli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta il vizio di motivazione illogica, contraddittoria e meramente apparente, la violazione dell’art. 116 c.p.c., nella valutazione delle prove, nonchè dell’art. 115 c.p.c., comma 1 e art. 112 c.p.c., per omesso vaglio di elementi di prova decisivi posti a base del primo motivo d’appello e per utilizzazione di documenti (rapporto giudiziario) non esistenti agli atti di causa.

Con il secondo motivo lamenta motivazione illogica, contraddittoria ed apparente in relazione all’erronea individuazione dei presupposti di fatto conseguente a violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonchè violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2.

Con il terzo motivo si duole della violazione dell’art. 2054 c.c..

Con il quarto motivo si duole ancora di motivazione illogica ed apparente per omesso esame di decisivi elementi di giudizio in violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c..

Con il quinto motivo deduce infine violazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè motivazione insufficiente e contraddittoria sul punto.

1. I primi quattro motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta ed evidente connessione, non sono fondati.

Ed invero, tenuto conto che per principio consolidato della giurisprudenza di questa C.S. compete esclusivamente al potere discrezionale del giudice di merito la valutazione degli elementi probatori acquisiti in corso di causa ed il suo conseguente convincimento si sottrae quindi ad ogni sindacato di legittimità, quando esso sia sorretto da un impianto motivazionale immune da vizi logici ed errori giuridici, va rilevato che nel caso in esame le censure addotte, sebbene impropriamente rappresentate sotto il profilo della violazione di norme di diritto e sotto quello del vizio di motivazione, si rivolgono in realtà ad un riesame del merito della causa attraverso la rilettura delle risultanze istruttorie, pur correttamente valutate dai giudici d’appello.

Ciò premesso, si rileva che la ricostruzione, ad opera della Corte di merito, delle modalità del sinistro, con la conseguente attribuzione all’odierna ricorrente dell’esclusiva responsabilità del sinistro stesso, risulta puntualmente giustificata con precisi riferimenti alle singole risultanze istruttorie.

In particolare, i giudici d’appello hanno innanzitutto valorizzato, per confutare la versione dell’incidente così come prospettata dalla ricorrente, le risultanze del rapporto della polizia stradale (intervenuta nell’immediatezza del sinistro) ed i rilievi effettuati a seguito di tale intervento.

Hanno, quindi, evidenziato sia un dato di prova generica, e cioè la posizione di quiete finale dell’auto Fiat 850 condotta dalla T. (rinvenuta trasversalmente all’asse stradale), che le testimonianze rese dai testi M. e B., per le quali – pur dando atto delle modificazioni dinanzi al Tribunale delle dichiarazioni da loro rese alla polizia – viene comunque sottolineata la circostanza decisiva della conferma, da parte dei medesimi, sia dell’invasione dell’opposta corsia di marcia ad opera dell’auto della T. ( M.) che della regolare marcia sulla sua destra del furgone ( B.).

Decisiva anche, ai fini dell’attribuzione alla ricorrente della responsabilità esclusiva del sinistro, è stata ritenuta dalla Corte di merito la mancanza di prove che il furgone condotto da R. A. avesse proceduto contromano e a velocità sostenuta.

Tale ricostruzione del sinistro appare, dunque, sorretta da un impianto motivazionale che risulta del tutto immune da a vizi logici ed errori giuridici e che consente di accertare come il convincimento espresso dai giudici d’appello sia il risultato di un processo logico esente da lacune e contraddizioni insanabili, che ha investito tutti i punti decisivi della controversia.

Nessuna sostanziale contraddizione risulta peraltro indicata dalla ricorrente nel suddetto processo logico, dovendosi aggiungere che la parte che si dolga di un’errata valutazione di risultanze istruttorie non può invocare il sindacato di legittimità trascrivendo solo passi di prove o documentali od orali, fuorvianti nella loro parzialità, e sostituire una personale rielaborazione delle prove stesse alla sintesi operata dal giudice di merito del complessivo materiale probatorio, senza evidenziare l’inadeguatezza, l’incongruenza e l’illogicità della motivazione.

Poichè a questa Corte è precluso istituzionalmente di ricercare direttamente le prove negli atti di causa, la censura di erronea o inadeguata valutazione di prove orali e/o documentali impone alla parte che la solleva l’onere di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il tenore esatto e completo delle prove stesse.

Il richiamato principio di autosufficienza avrebbe anche imposto alla ricorrente l’onere di specificare in modo netto i quali “elementi di prova decisivi posti a base del primo motivo di appello” non sarebbero stati esaminati dalla Corte territoriale.

Va aggiunto che la ricorrente si è doluta dell’utilizzazione di documenti, quali il rapporto della Polstrada, “non esistenti agli atti di causa”, ma in realtà nella stessa esposizione del fatto, contenuta nelle premesse del ricorso, la ricorrente ha dato atto che dopo la costituzione in giudizio della soc. Lloyd Adriatico, “prodotta documentazione varia, tra cui – da parti attrici all’udienza del 23/03/1979 – il rapporto prot. n. 9767/287.507 redatto dalla Polizia Stradale di Catanzaro in data 25/10/1975, venivano ammesse le prove testimoniali così come richieste dalle parti ed escussi alcuni testi” (v. pag. 4 del ricorso).

Risulta, dunque, che detto rapporto venne acquisito ritualmente agli atti di causa nel corso della fase istruttoria del processo, così come precisato del resto dalla stessa sentenza impugnata a pag. 5, e che esso sia stato legittimamente utilizzato dai giudici di merito ai fini della decisione.

Per quanto riguarda poi la doglianza relativa al mancato esame della circostanza concernente l’avvenuta cessazione della materia del contendere tra gli originar attori R. e le Compagnie Riunite di Assicurazione, dopo che i primi avevano accettato il risarcimento loro offerto sulla base di un concorso di colpa del 50% di R. A. nella causazione del sinistro, si rileva che la questione non può trovare ingresso per la prima volta nel giudizio di legittimità, in quanto, essendo stata tale cessazione dichiarata con la sentenza di primo grado, le implicazioni della dichiarazione medesima sul piano probatorio a favore della tesi prospettata dalla T. andavano ovviamente dedotte dalla parte interessata, quanto meno, con l’atto di appello avverso detta sentenza.

Ma la ricorrente, anche in questo caso, non è stata osservante del principio di autosufficienza del ricorso, omettendo non solo di allegare l’avvenuta deduzione di tale mancato esame dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Si rileva ancora come debba comunque escludersi nel caso di specie la violazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, in quanto l’accertamento – da parte dei giudici d’appello – del repentino spostamento verso sinistra, con l’invasione dell’opposta corsia di marcia, dell’autovettura della T. quale causa esclusiva per il verificarsi del sinistro non ha affatto precluso ai giudici stessi l’indagine circa la i; sussistenza o meno di un concorso di colpa della controparte R. nella determinazione dell’evento dannoso: concorso che è stato escluso, in quanto tale indagine ha consentito di accertare, come già rilevato, il difetto di alcuna prova che il furgone Volkwagen procedesse contromano e a forte velocità.

Va aggiunto infine che il quarto motivo è manifestamente infondato, avendo correttamente ritenuto la Corte di merito che il rigetto del primo motivo di gravame, concernente l’attribuzione di responsabilità del sinistro, non potesse che comportare la preclusione dell’esame delle altre questioni relative al “quantum debeatur”.

2. Anche il quinto motivo è infondato.

Infatti, in tema di pronunzia sulle spese, può ravvisarsi violazione di legge solo quando queste siano state poste in tutto o in parte a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, come tale incensurabile in cassazione, l’apprezzamento sull’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese medesime o di condannare alla totalità delle spese, come nel caso di specie, la parte anche solo parzialmente soccombente.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato, mentre nulla va statuito circa le spese del presente giudizio di Cassazione stante la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

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