Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18180 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. I, 05/07/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 05/07/2019), n.18180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23822/2014 r.g. proposto da:

GENERALE INVESTIMENTI s.r.l., (p. iva (OMISSIS)), con sede in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore

G.A., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in

calce al ricorso, dall’Avvocato Marco De Bonis, con il quale

elettivamente domicilia in Roma, alla via Giovanni Bettolo n. 17,

presso lo studio dell’Avvocato Carlo Picardi;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.n.c. (p. iva (OMISSIS)), in persona del

curatore Dott. F.G., rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato

Paolo Bontempi, presso il cui studio

(paolo.bontempi-ordineavvocatiravenna.eu) elettivamente domicilia;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di RAVENNA depositato il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Generale Investimenti s.r.l. propose opposizione, L. Fall., ex art. 98, avverso la mancata ammissione al passivo del fallimento della (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) (per il prosieguo, più semplicemente (OMISSIS) s.n.c.) del credito di Euro 735.935,00, in chirografo, invocato quale risarcimento dei danni ad essa asseritamente derivati dal preteso inadempimento della (OMISSIS) s.n.c. in bonis all’incarico professionale, conferitole con proposta del 26 luglio 2010, per la realizzazione di un intervento residenziale a (OMISSIS). In quella sede, l’opponente chiese di essere insinuata per la maggior somma di Euro 819.293,46 (così aumentato l’importo originariamente domandato per effetto di quanto reclamato dall’Agenzia delle Entrate con un avviso di rettifica e liquidazione medio tempore notificatole), in chirografo, ribadendo, in subordine, l’eccezione di compensazione, L. Fall., ex art. 56, di detto credito con qualsivoglia suo eventuale debito nei confronti della fallita.

1.1. Instauratosi il contraddittorio con la curatela fallimentare, il Tribunale di Ravenna, con decreto del 18/23 luglio 2014, dichiarò inammissibile detta opposizione non avendo la Generale Investimenti s.r.l. allegato il provvedimento del giudice delegato reiettivo della sua istanza L. Fall., ex art. 93, nè quest’ultima, sicchè neppure era “dato sapere quali fossero le ragioni poste dalla Generale Investimenti s.r.l. a sostegno del proprio credito”. Affermò, inoltre, che, “quand’anche ammissibile, l’opposizione non potrebbe essere accolta nel merito”, sostanzialmente per carenza di prova del credito ivi preteso.

1.2. Avverso questo decreto, Generale Investimenti s.r.l. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi, cui resiste, con controricorso, la curatela fallimentare.

2. Le formulate doglianze denunciano, rispettivamente:

I) “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 738 c.p.c., comma 3, ed erronea interpretazione e qualificazione giuridica delle norme. Contrasto con la sentenza n. 3164, del 20 novembre – 12 febbraio 2013, emessa dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, e contrasto con l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, n. 16101 del 14.7.2014”. Si censura il decreto impugnato laddove ha ritenuto inammissibile l’opposizione predetta per la mancata allegazione del provvedimento del giudice delegato reiettivo della domanda di insinuazione al passivo formulata da Generale Investimenti s.r.l e della domanda medesima con i relativi allegati, sottolineandosi, peraltro, che, nelle conclusioni del ricorso L. Fall., ex art. 98, era stata chiesta, in via istruttoria, anche “l’acquisizione del fascicolo contenente la domanda di insinuazione al passivo proposta dall’esponente, con i documenti ivi offerti in produzione…”;

II) “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ed in particolare l’accordo 11.8.2010, sottoscritto dalle parti citato nella lettera 18.1.2011 della Koinè”, con cui le parti avevano modificato i loro accordi originari, prevedendo di sostituire il contratto preliminare del 21.2.2008 con uno successivo in base al quale la (OMISSIS) s.n.c. avrebbe dovuto acquistare, sul lotto di terreno promessole in vendita, una porzione del fabbricato che la medesima società fallita avrebbe dovuto realizzare sulla base del progetto di variante al PRG che essa stessa avrebbe dovuto predisporre.

3. Rileva preliminarmente il Collegio che, come si è già riferito, il Tribunale di Ravenna, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione L. Fall., ex art. 98 proposta dalla Generale Investimenti s.r.l., l’ha dichiarata “inammissibile” (così recita il dispositivo del decreto impugnato), ritenendola, altresì, in motivazione, “quand’anche ammissibile”, comunque non fondata. Si porrà, dunque, ove dovesse risultare fondato il primo motivo di ricorso (chiaramente pregiudiziale perchè investe la suddetta statuizione di inammissibilità, soltanto rimossa la quale potrebbe procedersi oltre), il problema di stabilire la giuridica rilevanza, o meno, delle argomentazioni attinenti al merito della controversia svolte da quel giudice.

4. Fermo quanto precede, il menzionato primo motivo è fondato alla stregua delle considerazioni di cui appresso.

4.1. La declaratoria di inammissibilità in questione è stata giustificata dal citato tribunale con l’assunto che Generale Investimenti s.r.l. non aveva allegato, in quella sede, il provvedimento del giudice delegato reiettivo della domanda di insinuazione al passivo formulata dalla stessa nonchè la domanda medesima con i relativi allegati.

4.2. Osserva, però, il Collegio che questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che: i) in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento nel regime (qui pacificamente applicabile ratione temporis, risalendo la dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.n.c. al 24/26 gennaio 2012) previsto dal D.Lgs. n. 169 del 2007, la mancata produzione della copia autentica del provvedimento impugnato non costituisce causa di improcedibilità del giudizio, atteso che tale opposizione, ancorchè di natura impugnatoria, non è qualificabile come appello, nè la L. Fall., art. 99, nell’indicare il contenuto del corrispondente ricorso, impone la necessaria allegazione dell’atto impugnato (cfr. Cass. n. 17086 del 2016; Cass. n. 18253 del 2015, in motivazione; Cass. n. 6804 del 2012; Cass. n. 2677 del 2012). Più specificamente, Cass. n. 19802 del 2015 ha statuito che, in tale opposizione, la produzione di copia autentica del provvedimento impugnato, sebbene non prevista a pena di inammissibilità della domanda dalla L. Fall., art. 99, cionondimeno può determinarne il rigetto, laddove il giudice, non potendo valutare in mancanza di tale documento le censure prospettate dall’opponente, sia nell’impossibilità di accertarne la fondatezza (in senso sostanzialmente conforme si veda anche la più recente Cass. n. 17086 del 2016); li) il ricorso con il quale, ai sensi della L. Fall., art. 93, si chieda l’ammissione allo stato passivo non è un documento probatorio del credito, sicchè non può ritenersi incluso fra i documenti che, nell’ipotesi in cui il giudice delegato abbia respinto, in tutto o in parte, la domanda, devono essere prodotti a pena di decadenza, ai sensi della L. Fall., art. 99, comma 2, al momento del deposito del ricorso in opposizione. Ne deriva che qualora, in sede di opposizione allo stato passivo, una copia della domanda di ammissione non risulti allegata al fascicolo di ufficio, nè a quello di una delle parti, il tribunale, che non sia in grado di ricostruirne il contenuto sulla scorta degli ulteriori atti processuali e ne ritenga l’esame, comunque, indispensabile per la decisione, deve provvedere alla sua acquisizione (cfr. Cass. n. 19764 del 2017; Cass. n. 18253 del 2015; Cass. n. 3164 del 2014).

4.3. Già, dunque, alla stregua degli appena riportati arresti, la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal tribunale per le ragioni dallo stesso enunciate non può essere qui confermata.

4.4. L’appena descritta conclusione è poi ulteriormente rafforzata dal più recente orientamento di questa Corte, cui in questa sede si intende dare continuità, a tenore del quale: i) nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4), deve soltanto indicare specificatamente i documenti di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicchè, in difetto della produzione di uno o di alcuni di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito (cfr. Cass. n. 29615 del 2018, in motivazione; Cass. n. 12549 del 2017; Cass. n. 5094 del 2018; Cass. n. 15267 del 2018); li) in tema di verifica dello stato passivo, i documenti trasmessi dal creditore al curatore tramite posta elettronica certificata e da questo inviati telematicamente alla cancelleria del giudice delegato entrano a fare parte del fascicolo d’ufficio informatico della procedura, ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 9, comma 1, sicchè, proposta opposizione allo stato passivo, il tribunale deve disporre l’acquisizione dei documenti specificatamente indicati nel ricorso dall’opponente, L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4), che siano custoditi nel detto fascicolo informatico (cfr. Cass. n. 29615 del 2018, in motivazione; Cass. n. 5570 del 2018; Cass. n. 12548 del 2017).

4.4.1. Nella specie, invero, come puntualmente riportato nell’odierno ricorso (cfr. pag. 15), Generale Investimenti s.r.l., nelle conclusioni della propria opposizione L. Fall., ex art. 98, aveva espressamente domandato “l’acquisizione del fascicolo contenente la domanda di insinuazione al passivo proposta dall’esponente, con i documenti ivi offerti in produzione…”.

4.4.2. E’ palese, dunque, che, essendo stato correttamente assolto, dalla società opponente, il descritto onere sulla medesima gravante L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4, il tribunale a quo, prima di ritenere inammissibile, per le ragioni anzidette, la spiegata opposizione, avrebbe dovuto senz’altro procedere all’acquisizione del fascicolo predetto. Non assume, del resto, rilevanza, ai fini che qui interessano, la veste giuridica dell’istanza attribuita alla parte – eventualmente configurata L. Fall., ex art. 99, o ex artt. 210 c.p.c. – dovendosi comunque escludere che l’opponente sia rimasto negligentemente inattivo, dal momento che aveva assolto, con tempestività, l’onere di indicare i documenti posti a base dell’opposizione, con formula non di stile, in modo da non lasciare dubbi sull’identità dei documenti su cui intendeva fondare l’opposizione (cfr. Cass. n. 16101 del 2014).

5. Si impone, a questo punto, il problema di stabilire la giuridica rilevanza, o meno, delle argomentazioni attinenti al merito dell’opposizione comunque svolte dal tribunale ravennate (cfr. pag. 4 e ss. del decreto impugnato) dopo averne sancito la sua inammissibilità (unica statuizione rinvenibile nel dispositivo).

5.1. Sul punto, giova ricordare che, come sancito da Cass., SU, n. 3840 del 2007, diversamente dall’ipotesi in cui la motivazione ulteriore sia volta a sorreggere con più argomenti (anche su piani gradati) la decisione di un medesimo aspetto della domanda (ovvero di una eccezione che si è valorizzata), in relazione al quale l’impugnazione avverso la decisione deve “vincere” tutti quegli argomenti, ciascuno dei quali si pone come autonoma ed autosufficiente ratio decidendi (cfr. in tal senso anche, le più recenti Cass. n. 7838 del 2015; Cass. n. 2736 del 2013; Cass. n. 21490 del 2005), allorquando la motivazione ad abundantiam riguardi altri aspetti, cioè domande o eccezioni non solo diverse da quella delibata in via principale ma il cui esame è, per di più, precluso al giudice proprio in ragione della inammissibilità decisa principaliter con cui questi ha evidentemente definito il giudizio, le considerazioni di merito, che comunque egli abbia poi a svolgere, restano irrimediabilmente fuori, appunto, dalla decisione, non tanto perchè – come, peraltro, accaduto nella specie – esse non trovano sbocco nel dispositivo (che potrebbe, al limite, considerarsi integrabile con la motivazione), e non solo perchè formulate in via affatto ipotetica (come nell’odierna fattispecie, in cui il tribunale ha affermato che “quand’anche ammissibile, l’opposizione non potrebbe essere accolta nel merito”. Cfr. pag. 3 del decreto impugnato), quanto, soprattutto, per l’assorbente ed insuperabile ragione che dette valutazioni provengono da un giudice che, con la pregiudiziale declaratoria di inammissibilità, si è già spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della fattispecie controversa. Dunque, quelle ultronee considerazioni relative al merito della domanda (o della impugnazione) non sono riconducibili alla decisione (di inammissibilità) che al riguardo egli ha adottato, ma a quella, semmai, che egli avrebbe adottato ove appunto il correlativo esame non ne fosse risultato precluso. E si muovono, pertanto, su un piano esclusivamente virtuale e non entrano nel circuito delle statuizioni propriamente giurisdizionali.

5.1.1. Da tanto consegue la riaffermazione del principio per cui la parte soccombente non ha l’onere, nè ovviamente l’interesse, ad impugnare le argomentazioni sul merito, ipotetiche e virtuali, che il giudice impropriamente abbia inserito nella decisione impugnata, subordinatamente ad una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di sua giurisdizione o competenza). Con l’ulteriore duplice e speculare corollario che è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile (per difetto di interesse) l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito svolta, per quanto detto, ad abundantiam nella decisione gravata (cfr. Cass., SU, n. 3840 del 2007, nonchè, nel medesimo senso, le successive Cass. n. 13997 del 2007; Cass. n. 15234 del 2007; Cass. n. 9647 del 2011; Cass., SU, n. 15122 del 2013; Cass. n. 17004 del 2015; Cass. n. 30393 del 2017).

5.1.2. Il secondo motivo di ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile per quanto sin qui detto.

6. In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso, con declaratoria di inammissibilità, per carenza di interesse, del secondo, ed il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Ravenna, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarandone inammissibile il secondo. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Ravenna, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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