Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18176 del 25/08/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 18176 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29589-2008 proposto da:
RUTOLO UMBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ROMEO ROMEI 23, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMILIANO ZUCCARO, rappresentato e difeso
dall’avvocato FIORELLO TATONE giusta procura a

i.

margine del ricorso;
– ricorrente –

2014
contro

1632

D’ARCANGELO VITTORIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 480/2008 della CORTE D’APPELLO

1

Data pubblicazione: 25/08/2014

di

L’AQUILA,

depositata

il

09/07/2008

R.G.N.

272/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/06/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;

Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha congluso per
l’inammissibilita% in subordine rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Ric.n. 29589/08 rg. – Ud. del 24 giugno 2014.

Svolgimento del giudizio.

In data 19 settembre 1996 Umberto Rutolo proponeva opposizione
avverso il decreto con il quale il pretore di Chieti gli
ingiungeva il pagamento, a favore di Vittorio D’Arcangelo, della
somma di lire 12 milioni a titolo di restituzione di caparra

apposta in scrittura privata 11 giugno 1987 – in previsione
dell’acquisto di un terreno, poi non perfezionatosi.
Nella costituzione in giudizio del D’Arcangelo, interveniva
sentenza ex articolo 281 sexies cod.proc.civ. con la quale il
tribunale di Chieti (avente cognizione a seguito della
soppressione dell’ufficio di pretura) respingeva l’opposizione a
decreto ingiuntivo e condannava il Rutolo alla rifusione delle
spese di lite.
Proposto gravame, veniva emessa la sentenza n.

480 del 9

luglio 2008, notificata il 3 novembre 2008, con la quale la corte
di appello dell’Aquila confermava la decisione di primo grado.
Avverso tale sentenza viene dal Rutolo proposto ricorso per
cassazione sulla base di tre motivi; il D’Arcangelo non ha svolto
attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione.
1.1 Con il primo motivo di ricorso il Rutolo deduce violazione e

falsa applicazione della normativa processuale (1. 18 giugno 1998
n. 188; d.lvo 19 dicembre 1998 n. 51), dal momento che la corte
di appello aveva respinto la sua doglianza in ordine al fatto che
il primo giudice avesse emanato sentenza ex articolo 281 sexies
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confirmatoria da quest’ultimo versatagli come da quietanza

Ric.n. 29589/08 rg. — Ud. del 24 giugno 2014.

cpc nonostante che: – tale disposizione, entrata in vigore il 2
giugno ’99, non esistesse alla data (’96) di introduzione del
giudizio; egli avesse richiesto in primo grado di poter
illustrare le proprie ragioni difensive con scambio delle difese
ex articolo 190 cod.proc.civ.; – l’adozione del rito abbreviato

sia della corte di appello, delle necessarie incombenze
istruttorie. Tutto ciò deponeva per la nullità della sentenza e
dell’intero procedimento.
§ 1.2

Il motivo è infondato perché

come esattamente ritenuto

dalla corte di appello – le cause già spettanti alla cognizione
pretorile, ed assegnate ex

lege

al tribunale in composizione

monocratica a seguito dell’accorpamento degli uffici giudiziari di
primo grado, dovevano essere decise sulla base delle nuove regole
processuali dettate dal decreto legislativo n. 51/98, divenuto
operativo il 2 giugno 1999; così come stabilito dall’art. 132 d.
lvo cit.:

Fuori dei casi previsti dall’articolo 133, i

procedimenti pendenti davanti al pretore alla data di
efficacia del presente decreto sono definiti dal tribunale
sulla base delle disposizioni introdotte dal decreto medesimo”.
Unica eccezione era rappresentata dalle cause nelle quali, alla
suddetta data di operatività, fossero già state precisate le
conclusioni definitive, così come stabilito dall’articolo 133
d.lvo cit.: ” 1. Le cause pendenti davanti al pretore alla data
di efficacia del presente decreto sono definite dal pretore
sulla base delle disposizioni anteriormente vigenti se alla
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avesse comportato la mancata adozione, da parte sia del tribunale

Ric.n. 29589/08 rg. – Ud. del 24 giugno 2014.

predetta data sono gia’ state precisate le conclusioni o la causa
e’ stata comunque ritenuta in decisione”.
Nel caso di specie, alla data del 2 giugno 1999 le conclusioni
< non erano ancora state precisate, essendo tale incombente stato effettuato, avanti al tribunale, solamente il 16 aprile 2003. Ne resto corrispondente alla regola generale della immediata applicabilità delle norme di natura _—_processuale), la causa in oggetto doveva essere decisa dal tribunale in composizione monocratica secondo il modello procedimentale delineato dal suddetto decreto legislativo; ricomprendente, tra il resto, anche il nuovo istituto della decisione immediata a seguito di trattazione orale ex articolo 281 sexies cod.proc.civ.. La circostanza che il Rutolo avesse richiesto la fissazione dei termini ex articolo 190 cod.proc.civ. per il deposito dello scambio delle difese conclusive non precludeva, di per sé, al giudice di esercitare il potere, di tipo discrezionale ed ordinatorio, di disporre che la causa, in ragione della sua I .c natura, venisse comunque decisa con il rito abbreviato di cui all'articolo 281 sexies cit.. Ancorchè il su richiamato dato normativo appaia dirimente, ragioni di completezza inducono a rilevare come nella specie faccia altresì difetto la individuazione da parte del ricorrente di una lesione del diritto di difesa specificamente riferibile all'adozione avanti al tribunale dell'articolo 281 sexies 5 consegue che, in base alla disciplina transitoria suddetta (del Ric.n. 29589/08 rg. — Ud. del 24 giugno 2014. cod.proc.oiv. Il Rutolo sostiene che tale adozione avrebbe menomato i suoi diritti di natura probatoria (concernenti la dimostrazione della imputabilità al D'Arcangelo della mancata conclusione della compravendita), senza considerare che tale profilo non attiene alla fase decisionale della ausa, alla quale soltanto si riferiscono le modalità di cui all'ar iticolo 281 sexies i cod.proc.civ., bensì a quella istruttoria; in altri termini, il ricorso a quest'ultima disposizione processuale limita la difesa della parte solo con riguardo al momento decisionàle, non anche al pregresso svolgimento del processo. Sì che era onere del ricorrente dedurre una specifica menomazione del diritto di difesa in fase decisionale, con riguardo alle argomentazioni che egli avrebbe potuto svolgere, nelle forme ordinarie, mediante comparsa conclusionale e note di replica, e che, per converso, non avrebbe asseritamente potuto svolgere in sede di discussione orale. Si tratta, con ciò, di fare applicazione di un principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità - e confortato anche dall'esigenza di imprimere al processo una ragionevole durata - secondo cui la violazione della norma processuale e, in particolar modo, l'adozione di un rito piuttosto che di altro, non rileva di per sé; ma solo nell'ipotesi in cui si sia prodotta una effettiva ed apprezzabile lesione della posizione della parte che tale violazione lamenti. Posto dunque che l'esattezza del rito prescelto non deve essere considerata fine a se stessa, ma funzionale alla tutela della posizione processuale delle parti, queste non hanno interesse a far valere la violazione delle norme 6 k Ric.n. 29589/08 rg. - Ud. del 24 giugno 2014. sul rito in assenza della necessità di porre rimedio ad una effettiva e specifica lesione delle loro prerogative processuali di difesa (Cass. n. 11903 del 13/05/2008; Cass. n. 19942 del 18/07/2008, ed altre). Con il secondo motivo di ricorso il Rutolo lamenta violazione degli articoli 112, 633 e 634 c.p.c., nonché contraddittoria motivazione, poiché la corte di appello aveva confermato il rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo basato dal tribunale sull' 'arricchimento ingiustificato' che esso opponente avrebbe tratto dall'incameramento della caparra confirmatoria, nonostante che tale arricchimento ingiustificato: fosse stato ritenuto dal giudice in assenza di qualsivoglia domanda di parte; - avesse carattere residuale, mentre nel caso di specie il D'Arcangelo poteva agire sia per l'adempimento sia per risoluzione la della promessa compravendita; fosse insuscettibile di fondare 'prova scritta' ex articoli 633 e 634 cit.. § 2.2 Si tratta di doglianza infondata. Quanto al requisito della prova scritta, rileva che il decreto ingiuntivo venne emesso sulla base della quietanza di ricezione della caparra confirmatoria apposta nella scrittura privata 11 giugno 1987 e che, in ogni caso, con l'introduzione dell'opposizione ex articolo 645 cod.proc.civ., si instaura un ordinario giudizio di cognizione nell'ambito del quale il diritto del D'Arcangelo di ottenere la restituzione della somma è stato ritenuto provato a fronte delle contestazioni di ordine 7 § 2.1 Ric.n. 29589/08 rg. - Ud. del 24 giugno 2014. esclusivamente formale opposte dal Rutolo (inidoneità della quietanza a fungere da prova scritta). Quanto alla natura del credito di restituzione del D'Arcangelo, essa non è stata dal giudice dimerito individuata nell'arricchimento senza causa ex articolo 2041 cod.civ.. La (sent.pag.7) nell'ambito (connaturato al regime dplle restituzioni in esito allo scioglimento del vincolo contrattuale) dell'indebito oggettivo ex articolo 2033 cc; così esercitando il potere/dovere suo proprio di qualificazione giuridica della domanda sulla base dei fatti costitutivi allegati dalle parti. Proprio perché si tratta di mera qualificazione giuridica, è da escludere che il giudice di merito sia incorso nel lamentato vizio di extra o ultrapetizione. Va poi considerato che la corte di appello ha ravvisato l'indebito oggettivo nel fatto che la dazione della caparra, quasi 10 anni prima dell'ingiunzione, non trovava più causa giustificatrice nella concretezza della fattispecie; essendo certo che la compravendita non sarebbe più stata conclusa, stante il venir meno della volontà negoziale delle parti a ciò diretta. Questa 'ratio decidendi' - fondata sulla ricostruzione fattuale della vicenda, per sua natura riservata alla delibazione del giudice di merito - non è stata specificamente contestata dal Rutolo, il quale lamenta invece di essere stato impedito nella prova del suo diritto al trattenimento della caparra mediante la 8 corte di appello ha infatti chiaramente inquadrato la fattispecie Ric.n. 29589/08 rg. - Ud. del 24 giugno 2014. mancata ammissione del giuramento decisorio; su questo aspetto, l'unico dedotto, vale però quanto ora si dirà. § 3.1 Con il terzo motivo di ricorso il Rutolo deduce violazione normativa (artt.2736 segg. e 2697 cod.civ., nonché 233-234 cod.proc.civ.) e difetto di motivazione in rapporto alla mancata su fatti decisivi della controversia e comuni ad entrambe le parti, ed insiti nelle ragioni (imputabili al D'Arcangelo) che avevano impedito la conclusione della compravendita. A corredo del motivo viene formulato, ex art.366 bis cod.proc.civ. qui applicabile ratione quesito di diritto: temporis, il seguente "vero che il giuramento decisorio deve ritenersi ammissibile, al di là di ogni valutazione discrezionale, allorquando dalla sua prestazione o dalla mancanza di essa dipenda la definizione della causa, perché i fatti su cui è deferito sono decisori alla soluzione della stessa, sicché il giudice deve limitarsi ad accertare 'an luratum sit' l'esistenza dei fatti stessi risolutivi della controversia con esclusione di ogni giudizio e di ogni interpretazione dei fatti stessi'. Viene inoltre formulato il seguente quesito di fatto o momento di sintesi: "si addita l'obiettiva circostanza omissiva nel non avere la corte territoriale accertato 11 fatto oggettivo della diserzione da parte del D'Arcangelo nel comparire dinanzi allo studio del notaio chiamato alla stipula del definitivo; 11 fatto oggettivo del rifiuto del D'Arcangelo alla stipula per l'adempimento coattivo, comunque confessato dallo stesso ed il 9 ammissione da parte del giudice di merito del giuramento decisorio Ric.n. 29589/08 rg. - Ud. del 24 giugno 2014. fatto altrettanto oggettivo della impossibilità ontologica e giuridica, o dell'alternativa non palesata dal D'Arcangelo, del dover egli ricorrere al recesso del contratto ovvero richiedere la risoluzione dello stesso per conseguire l'importo corrisposto a titolo di caparra confirmatoria". Si tratta di doglianza inammissibile perphé assistita da quesiti difformi dal modello legale di cui all'art.366 bis cit.. E' orientamento consolidato di legittimità (tra le tante: Cass. sez. un., 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass. 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass. 8 novembre 2010, n. 22704) che il quesito di cui all'art.366 bis cit. - dovendo costituire un momento di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio generale - non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, dovendo invece presentare uno specifico collegamento con la fattlispecie concreta. Esso deve in altri termini raccordare la prima alla seconda, ed entrambe alla decisione impugnata; di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti dedotti dal giudice 'a quo' e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi. Si è in particolare affermato (Cass. 19 novembre 2013 n. 25903) che il quesito di diritto "deve essere formulato in modo tale da 10 3.2 Ric.n. 29589/08 rg. Ud. dei 24 giugno 2014. esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula luris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza imptIgnata; in altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione (siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata); b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicché, il quesito non deve risolversi in un'enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresi desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420) (...). Ora, nel caso di specie la mancanza di collegamento tra i quesiti e la fattispecie concreta è resa particolarmente evidente dal fatto che essi non colgono l'aspetto fondamentale di decisorietà che deve essere necessariamente connaturato all'istituto ex articolo 2736 n.1) cod.civ.. Nei capitoli di giuramento decisorio dedotti dal Rutolo (come riportati nella pagina 27 del ricorso), la decisione della causa verrebbe 11 fatta degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito Ric.n. 29589/08 rg. - Ud. del 24 giugno 2014. dipendere dall'affermazione, ovvero dalla negazione, della mancata presenza del D'Arcangelo avanti al notaio designato per la stipula del contratto definitivo di compravendita. Là dove da tale affermazione, ovvero negazione, non potrebbe in realtà trarsi alcun contributo decisivo ai fini della risoluzione della lite; avanti al notaio (del tutto pacifica), ma sulle ragioni che avevano indotto quest'ultimo a non stipulare più il contratto definitivo; aspetto che i capitoli di giuramento qui in esame (e, con essi, i quesiti ex art.366 bis cit.) nemmeno sfiorano. E' vero che di tali ragioni vi era invece menzione nei capitoli di giuramento riferiti dal D'Arcangelo medesimo (anch'essi riportati in ricorso: pag.26); ma si tratta di capitoli che non sono stati - nemmeno essi - ammessi dal giudice di merito; con A 4-115u40.4.4 decisione che la parte soccombente non ha interesse a agiafflame per cassazione (Cass. n. 714 del 14/01/2013). In definitiva, nei quesiti formulati dal ricorrente la decisorietà del giuramento si dà apoditticamente per assodata sotto il profilo della 'diserzione' del D'Arcangelo tutta incentrata non già sulla mancata presenza del D'Arcangelo all'appuntamento fissato davanti al notaio per la stipula della compravendita; ma tale diserzione, quand'anche fatta oggetto di giuramento, non sarebbe sufficiente a decidere la causa, dal ‘ momento che il D'Arcangelo ha sostenuto la legittimità del suo// rifiuto, atteso che il terreno in trattativa era infine risultató gravato da varie iscrizioni pregiudizievoli, la cui estinzione 12 Ric.n. 29589/08 rg. Ud. del 24 giugno 2014. presupponeva un esborso di molto superiore al prezzo pattuito per l'acquisto. L'astrattezza dei quesiti in esame denota in realtà la mancata considerazione da parte del ricorrente del principio di diritto per cui in tanto il deferimento del giuramento decisorio è negazione comporti raccoglimento ovvero il rigetto della domanda (o di singoli capi di essa); e ciò in maniera automatica iuratum sit), (ari e dunque avulsa dalla necessità di una ulteriore valutazione di merito dei fatti affermati o negati (Cass. n. 39 del 03/01/2011; Cass. n. 11964 del 17/05/2010; Cass. n. 13425 del 08/06/2007 ed altre). Ne segue il rigetto del ricorso. Non si fa luogo alla liquidazione delle spese di lite, posto che l'intimato non ha svolto attività difensiva nella presente sede. Pqm La Corte rigetta il ricorso; Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile in data 24 giugno p014. ammissibile, in quanto verta su circostanze la cui ammissione o

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