Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18176 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. I, 05/07/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 05/07/2019), n.18176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2782/2018 proposto da:

Società per Azioni Esercizi Aeroportuali Sea, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Mazzini, 96 presso lo studio dell’avvocato Marina Rossi e

rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Fumagalli in forza di

procura notarile 26/11/2009 per atto Notaio R. di Milano rep.

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

Nippon Cargo Airlines Co Ltd, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Corso Vittorio

Emanuele II 187 presso lo studio dell’avvocato Massimo Giordano che

lo rappresenta e difende in forza di procura a margine del

controricorso;

– controricorrente incidentale –

contro

Società per Azioni Esercizi Aeroportuali Sea, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Mazzini, 96 presso lo studio dell’avvocato Marina Rossi e

rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Fumagalli in forza di

procura notarile 26/11/2009 per atto Notaio R. di Milano rep.

(OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2658/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, nel senso del rigetto

del ricorso e dell’assorbimento del ricorso incidentale

condizionato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nippon Cargo Airlines Co Ltd. (di seguito semplicemente NCA) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, la Società per azioni Esercizi Aeroportuali (di seguito, semplicemente, SEA) allegando di aver avuto in sub-concessione dalla convenuta alcuni locali ad uso ufficio all’interno dell’aeroporto di (OMISSIS), per svolgere attività operative e di assistenza al volo, e lamentando l’applicazione da parte di SEA, per il periodo dal 2001 al 2008, di canoni manifestamente eccessivi e superiori all’importo determinato da ENAC con provvedimento del 4/10/2007 in Euro 250,00 per m.q. all’anno; tale condotta, secondo l’attrice, configurava abuso di posizione dominante da parte del gestore esclusivo del sedime aeroportuale. Pertanto NCA ha chiesto la condanna della convenuta a restituirle la somma di Euro 266.309,42.

Si è costituita in giudizio SEA, eccependo l’incompetenza funzionale del Tribunale, chiedendo il rigetto della domanda dell’attrice e assumendo che il corrispettivo indicato era riferibile al solo spazio strettamente necessario e funzionale per lo svolgimento delle attività “volative”.

Il Tribunale di Milano – Sezione specializzata in materia di impresa, con sentenza 3004/2015, ha accolto solo parzialmente la domanda attorea, ritenendo, per un verso, la sussistenza di un abuso di posizione dominante da parte di SEA che aveva penalizzato, con l’applicazione di canoni quasi doppi, le compagnie che operavano quali “vettori in autoproduzione” (svolgendo, cioè, in proprio l’attività di assistenza a terra, senza appaltarla a terzi) rispetto alle società che svolgevano esclusivamente l’attività di handling; sostenendo, per altro verso, che l’estensione degli uffici di NCA non potesse essere considerata interamente riferibile alle attività “volative”; di conseguenza, il Tribunale ha ravvisato illecito concorrenziale per violazione dell’art. 102 TFUE e ha accolto la domanda nella misura del 50% (Euro 133.154,71).

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello SEA, a cui ha resistito l’appellata NCA, proponendo altresì appello incidentale per ottenere l’accoglimento della domanda anche per la parte respinta in primo grado.

La Corte di appello di Milano con sentenza del 15/6/2017 ha respinto i contrapposti appelli, a spese compensate.

3. Con atto notificato l’11/1/2018 ha proposto ricorso per cassazione SEA svolgendo dieci motivi (la numerazione è errata perchè nell’illustrazione dei motivi, non nella ricapitolazione iniziale, la ricorrente salta il n. 7, arrivando così all’undicesimo, in realtà decimo).

Con atto notificato il 20/2/2018 NCA ha proposto controricorso e ricorso incidentale condizionato, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, in via subordinata, per la cassazione della sentenza di secondo grado con il supporto di cinque motivi.

Con controricorso notificato il 29/3/2018 SEA ha resistito al ricorso incidentale avversario.

Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 1, la ricorrente SEA denuncia difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale recentemente consolidatosi circa la giurisdizione del giudice amministrativo, anche in materia antitrust, riguardante i corrispettivi regolamentati applicati dal gestore aeroportuale.

Il motivo è inammissibile.

Sulla questione di giurisdizione si è formato il giudicato interno poichè non è stata proposta formale eccezione di difetto di giurisdizione nel primo e nel secondo grado di giudizio di merito e soprattutto la ricorrente SEA non ha impugnato sul punto la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che, implicitamente ravvisata la propria giurisdizione, aveva deciso nel merito, contestando, al contrario, la sola competenza del Tribunale in luogo della Corte di appello.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ormai consolidata, il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo, sicchè non può validamente prospettarsi l’insorgenza sopravvenuta di una questione di giurisdizione all’esito del giudizio di secondo grado, perchè tale questione non dipende dall’esito della lite, ma da due invarianti primigenie, costituite dal petitum sostanziale della domanda e dal tipo di esercizio di potere giurisdizionale richiesto al giudice (Sez. Un., n. 25937 del 16/10/2018, Rv. 651342 – 01; Sez. Un., n. 10438 del 02/05/2018, Rv. 648269 – 01; Sez. Un., n. 10265 del 27/04/2018, Rv. 648268 – 01; Sez. Un., n. 28503 del 29/11/2017, Rv. 646254 – 0; Sez. Un., n. 2067 del 28/01/2011, Rv. 616102 01; Sez. Un., n. 27348 del 18/11/2008, Rv. 605700 – 01).

L’esistenza di un orientamento consolidato delle Sezioni Unite consente ex art. 374 c.p.c., comma 1, la pronuncia della sezione semplice.

2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso principale sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

2.1. Con il secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 1, la ricorrente SEA denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., art. 111 Cost., per motivazione apparente e art. 116 c.p.c. in relazione all’utilizzabilità del provvedimento dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato quale prova privilegiata, indebitamente ravvisata dalla Corte di appello nonostante che il provvedimento riguardasse altra fattispecie e altri soggetti.

2.2. Con il terzo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2697 c.c., perchè sull’errato presupposto della sussistenza di una prova privilegiata (provvedimento AGCOM) la Corte di appello aveva ritenuto dimostrati gli elementi della condotta anticoncorrenziale di SEA che sarebbe stato invece onere di NCA provare.

2.3. Le censure sono infondate.

La Corte milanese con ampia e articolata motivazione, esposta alle pagine da 7 a 9 della sentenza impugnata, ha dato conto delle ragioni in forza delle quali il provvedimento A377 dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, che aveva ritenuto che SEA avesse violato il diritto Euro-unitario della concorrenza, non applicando le tariffe regolamentate ai soggetti che svolgevano attività di assistenza a terra, potesse riferirsi anche a NCA, così assumendo la qualità di prova privilegiata rivestita dai provvedimenti dell’Autorità Garante nelle c.d. follow-on actions.

Infatti nel giudizio instaurato ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 33, comma 2, per il risarcimento dei danni derivanti da intese restrittive della libertà di concorrenza, pratiche concordate o abuso di posizione dominante, le conclusioni assunte dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, nonchè le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso (Sez.3, 22/09/2011, n. 19262; Sez. 1, 13/02/2009, n. 3640).

Secondo la Corte di appello, NCA svolgeva almeno parzialmente attività di handling (controllo del caricamento dei messaggi e delle telecomunicazioni e altri servizi di supervisione, prima e durante e dopo il volo, nonchè gli altri servizi amministrativi richiesti dall’utente); il provvedimento A377 considerava effettivamente quali destinatari dell’obbligo di Sea di applicare le tariffe regolamentate gli handlers e i selfhandlers (vettori in autoproduzione), ma NCA non poteva essere considerato vettore non in autoproduzione, avendo adottato un sistema composito, diverso e intermedio fra l’autoproduzione integrale e il completo ad affidamento del servizio di handling a imprese terze. In quella limitata parte (e cioè parzialmente) NCA doveva essere considerata vettore in autoproduzione e pertanto interessata dal provvedimento dell’Autorità.

La terza censura, meramente consequenziale, cade con il cadere della seconda.

3. Con il quarto motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 18 del 1999, artt. 2, 7, 10, 13, All. A e degli artt. 2,4, 16 della Direttiva CE 96/97, dell’art. 2907 c.c. e del D.Lgs. n. 250 del 1997, art. 2.

3.1. La Corte di appello avrebbe violato sia la normativa nazionale sia quella comunitaria applicandola analogicamente a un soggetto che non svolgeva attività di assistenza a terra (handling) ed esercitando a tal fine un potere discrezionale amministrativo, competente esclusivamente ad ENAC ovvero una funzione legislativa.

3.2. La censura non coglie il segno, innanzitutto perchè la Corte milanese non ha fatto ricorso ad una applicazione analogica e ha semplicemente ritenuto riferibile la disciplina dell’attività di assistenza a terra anche a chi la svolgesse solo parzialmente e per la parte in cui la svolgeva.

In secondo luogo, la ricorrente cerca di coinvolgere nelle sue critiche valutazioni prettamente fattuali e di merito compiute dalla sentenza impugnata.

L’applicazione del corrispettivo regolamentato non è collegata alla certificazione del vettore ma solo alla circostanza obiettiva che l’ufficio sia utilizzato per attività operativa, come accertato in fatto dai Giudici del merito; quali che siano le ragioni per cui ENAC non ha ritenuto necessario certificare NCA per le attività da esse svolte, esse non rilevano nel giudizio perchè non vi è nessuna norma che subordini l’applicazione del canone corretto, equo e non discriminatorio alla certificazione ENAC per i servizi in questione.

L’eccezione di difetto di giurisdizione, sotto il profilo dell’invasione delle funzioni di ENAC, non risulta proposta in grado di appello, cosa di per sè dirimente; in ogni caso la sua infondatezza scaturisce dal fatto che la Corte si è limitata ad accertare l’attività svolta in aeroporto dal vettore e ad applicare il coerente trattamento normativo, una volta verificatane la natura, proprio in relazione al provvedimento amministrativo dell’ENAC.

4. Con il quinto motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 1, la ricorrente denuncia carenza di giurisdizione per violazione dei criteri di riparto della giurisdizione, con riferimento agli artt. 103 e 113 Cost. e art. 7 cod.proc.amm. quanto alla decisione della Corte territoriale di individuare in metà della superficie occupata da NCA lo spazio operativo necessario per le “attività volative” soggetto al corrispettivo regolamentato.

Anche questa censura non è stata sollevata nel giudizio di merito ed appare in ogni caso infondata.

La Corte di appello ha determinato le attività svolte da NCA e accertato l’estensione degli spazi dell’ufficio locato riferibili a tali attività operative, esercitate direttamente (stoccaggio container e supervisione attività di handling fisico), quale presupposto per l’applicazione ad essi del canone regolamentato, con giudizio di fatto insuscettibile di censura in sede di legittimità.

5. Con il sesto motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 102 TFUE e artt. 2729,2697 e 2043 c.c.

5.1. La decisione della Corte di appello circa la natura anticoncorrenziale dell’applicazione da parte di SEA del corrispettivo regolamentato solo alla superficie di mq 20 si fondava solo sulla presunzione della necessità di NCA di disporre di uffici in aeroporto per svolgere la sua attività, presunzione che non era nè grave, nè precisa, e anzi era smentita da altre prove acquisite al giudizio e basata su circostanza non dimostrate da NCA che ne avrebbe avuto l’onere.

5.2. Con la prima parte dell’articolata censura SEA sostiene che la decisione impugnata, estendendo oltre il limite dei 20 m.q. l’area su cui doveva essere applicato il corrispettivo regolamentato, si poneva in contrasto con le disposizioni dell’ENAC, senza considerare l’effettivo contenuto della valutazione dei Giudici del merito, che hanno riferito lo spazio standard di 20 m.q. (salvo documentate maggiori esigenze) allo spazio da attribuire alle compagnie aeree per le attività strettamente necessarie e funzionali alle attività di volo, mentre la maggior estensione pari al 50% della restante superficie dello spazio locato (195 m.q.) è stata riconosciuta a NCA come necessaria allo svolgimento delle attività di handling svolte (sia pur parzialmente) in autoproduzione.

5.3. Con la seconda parte dell’articolata censura, dedicata al giudizio di insostituibilità degli uffici aeroportuali per NCA, la ricorrente, pur denunciando violazione di norme di legge in ordine all’onere probatorio e alla disciplina della prova presuntiva, in effetti svolge una critica prettamente riversata nel merito alla valutazione della Corte territoriale, articolata alla pagina 11 della sentenza impugnata, per sostenere che l’accesso ad un’area collocata in sede aeroportuale per una impresa che svolge l’attività parziale di vettore in autoproduzione non costituisce un bene adeguatamente sostituibile con alto bene, come un ufficio in complesso esterno.

Si tratta di una valutazione in fatto, espressa dal Giudice del merito e non immotivata (complicazioni logistiche attività più difficoltosa, differenze fra i livelli dei corrispettivi di affitto, comportamenti delle altre imprese), non sindacabile in sede di legittimità, che non può venir inficiata dalla prospettazione di elementi indiziari di segno contrario non adeguatamente soppesati, secondo la ricorrente, dalla Corte di appello.

In tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Sez. 6 – 1, n. 1234 del 17/01/2019, Rv. 652672 – 01).

5.4. Con l’ultima parte della censura la ricorrente sostiene che la Corte aveva violato l’art. 2043 c.c. e i principi in tema di elemento soggettivo della responsabilità aquiliana, condannandola al risarcimento del danno per abuso di posizione dominante senza aver accertato a suo carico il requisito psicologico del dolo o della colpa, concretamente non ravvisabili in difetto di elementi che comprovassero da parte sua la conoscenza o la conoscibilità dell’utilizzo in concreto fatto da parte di NCA degli spazi aeroportuali condotti in locazione.

E’ stato ritenuto, almeno in linea di principio, che il danno cagionato mediante abuso di posizione dominante non sia in re ipsa, ma, in quanto conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, debba essere autonomamente provato secondo i principi generali in tema di responsabilità aquiliana (Sez. 1, n. 20695 del 10/09/2013, Rv. 627910 – 01), sia pur potendo contare sotto il profilo probatorio delle risultanze privilegiate provenienti dal provvedimento sanzionatorio dell’Autorità Garante.

Certamente, tuttavia, la ricorrenza della buona fede dell’autore dell’abuso di posizione dominante, in termini generali, appare difficilmente configurabile con riferimento ad una fattispecie in ordine alla quale la giurisprudenza ha rilevato come la “speciale responsabilità” che incombe sull’impresa dominante, e in forza della quale essa è tenuta a non compromettere con il suo comportamento lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata, tende ad implicare anche uno specifico accertamento dell’elemento psicologico del dolo o almeno della colpa, in qualche misura immanente nel concetto stesso di abuso.

Nella concreta fattispecie a giudizio l’elemento psicologico è stato implicitamente accertato con il riconoscimento dell’abuso della posizione dominante e la contestazione della ricorrente ha carattere generico e mirante ad un giudizio di fatto. Soprattutto, poi, alla luce della sentenza impugnata e dello stesso riassunto delle attività processuali dei gradi precedenti contenuto nel ricorso, la ricorrente SEA, dopo essere stata condannata in primo grado dal Tribunale di Milano al risarcimento del danno, non risulta aver formulato uno specifico motivo di appello relativamente alla contestata sussistenza dell’elemento soggettivo in relazione al rapporto intercorso con NCA, sottoponendo con il necessario grado di attitudine critica la questione di fatto all’esame del giudice di appello.

I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.(Sez. 3 17/01/2018, n. 907); infatti nel giudizio di cassazione, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazione nel giudizio di appello, nel rispetto del contraddittorio e in conformità della regola tassativa secondo cui i motivi di appello devono essere esposti tutti esclusivamente nell’atto di appello. Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Sez.3, 13/06/2014, n. 13547).

6. Con il settimo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, ossia l’avvenuto spontaneo trasferimento di NCA al di fuori dell’aeroporto.

6.1. La censura in parte riprende l’accenno al proposito contenuto anche nel sesto motivo di ricorso, con la doglianza di mancata valutazione della medesima questione nel vaglio calibrato, asseritamente mancato, degli elementi indiziari di segno contrario all’accertamento dell’abuso, e non è meritevole di condivisione.

6.2. Il vizio motivazionale di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, introdotto nell’art. 360 c.p.c., n. 5, dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, nel senso della riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Secondo la nuova formula, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. un., 07/04/2014, n. 8053; Sez. un., 22/09/2014, n. 19881; Sez. un., 22/06/2017, n. 15486).

Inoltre, secondo le Sezioni Unite, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

6.3. La circostanza del trasferimento nel 2009 di NCA al di fuori dell’aeroporto, pur continuando ad operare i voli da (OMISSIS), secondo la ricorrente SEA avrebbe valore decisivo ai fini del giudizio di insostituibilità e della qualificazione in termini di essential facility della collocazione aeroportuale.

La controricorrente replica che ciò era avvenuto in conseguenza dell’apertura, solo allora effettuata, del (OMISSIS) (ultimato a fine 2008) a circa 2 km della Cargo City all’interno di (OMISSIS), che aveva reso possibile l’adozione di tale soluzione alternativa, ancorchè più scomoda ma ancora praticabile.

La predetta circostanza di fatto del trasferimento di sede non appare decisiva, come esige l’attuale formula normativa che ha ridotto al “minimo costituzionale” la possibilità di sindacato di legittimità sul vizio motivazionale, perchè attiene a un periodo e a un contesto diverso a quello in contestazione. Il che di per sè esclude la configurabilità del vizio di cui all’art. 360, n. 5 come sopra ricordato.

Inoltre la tesi della ricorrente sollecita la Corte di Cassazione a un accertamento di fatto che non le compete.

7. Con l’ottavo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2935 e 2947 c.c., con riferimento alla decisione sull’eccezione di prescrizione.

7.1. La Corte di appello aveva fatto risalire il momento di possibile esercizio dell’azione da parte di NCA al 4/1/2006, mentre occorreva riferirsi all’entrata in vigore della Direttiva 96/97 CE e del D.Lgs. n. 18 del 1999; inoltre la predetta comunicazione del 2006 non era acclusa agli atti ma era stata solo richiamata nel provvedimento AGCOM, sicchè non poteva aver effetto privilegiato di prova.

7.2. Il Tribunale, che aveva ritenuto sussistente, a differenza della Corte, anche la responsabilità su base contrattuale, soggetta a termine prescrizionale ordinario, aveva alternativamente considerato quale dies a quo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 c.c. e cioè quale giorno in cui il diritto poteva essere concretamente fatto valere, le date del 9/4/2004 (data in cui l’Autorità Garante aveva ricevuto una segnalazione da parte di un’associazione rappresentativa di vettori aerei operanti negli aeroporti gestiti da SEA) e del 4/10/2006 (data in cui numerosi vettori cargo avevano lamentato l’eccessività dei canoni pretesi da SEA).

Secondo la Corte era rilevante la seconda data, e cioè quella della doglianza collettiva che aveva originato il procedimento A377 e che aveva reso ragionevolmente possibile da parte di NCA la conoscenza del potenziale abuso; sia pur senza spingersi sino identificare la data del possibile esercizio del diritto in quella del deposito del provvedimento sanzionatorio, la Corte milanese ha dato rilievo al momento in cui l’abuso ha assunto rilevanza pubblica.

7.3. La giurisprudenza di legittimità ha stabilito in tema di giudizi anti-trust il principio secondo il quale in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno lungolatente, l’azione risarcitoria si prescrive, in base al combinato disposto degli art. 2935 e 2947 c.c., in cinque anni dal giorno in cui chi assume di aver subito il danno abbia avuto, usando l’ordinaria diligenza, ragionevole ed adeguata conoscenza del danno e della sua ingiustizia, mentre resta a carico di chi eccepisce la prescrizione l’onere di provarne la decorrenza; l’esordio della prescrizione non può essere collegato nè al momento in cui l’accertamento dell’esistenza di illeciti anticoncorrenziali ha assunto la sua definitività in sede giudiziaria amministrativa, nè nel momento in cui fu cagionato il danno; deve piuttosto conferirsi rilievo al momento in cui il soggetto danneggiato ha avuto completa conoscenza del danno e della sua ingiustizia (con il corredo di tutte le circostanze e modalità del fatto), e cioè nel momento in cui si deve ritenere che egli sia stato adeguatamente e ragionevolmente informato circa l’illiceità del fatto che ha cagionato il danno.

Pertanto il termine di prescrizione ex art. 2935 c.c. decorre non già da quando il fatto si è verificato nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si evidenzia all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità; in particolare, l’esercizio del diritto va considerato possibile, in caso di informazioni non di pubblico dominio, solo quando esse trovino una pubblica divulgazione, non potendo il relativo titolare azionarlo prima (Sez. 3, 04/06/2013, n. 14027; Sez. 3, 06/12/2011, n. 26188; Sez. 3, 02/02/2007, n. 2305).

Tale valutazione va condotta caso per caso, in relazione al grado di competenza e di effettiva conoscibilità proprio del soggetto danneggiato, accertando in quale momento esso abbia avuto sufficiente ed adeguata informazione quanto alla sussistenza dell’illecito lamentato in tema di tutela della concorrenza.

Il relativo accertamento compete al giudice di merito ed è incensurabile in Cassazione se sufficientemente e coerentemente motivato (Sez. 3, 02/02/2007, n. 2305).

7.4. La censura del motivato accertamento in fatto della data in cui sarebbe stato ragionevolmente possibile l’esercizio dell’azione risarcitoria, compiuto dalla Corte territoriale, alle pagine 12-13 della sentenza impugnata non è quindi proponibile in sede di legittimità.

8. Con il nono motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, la ricorrente SEA denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. non avendo la Corte territoriale esaminato e deciso la doglianza sollevata da SEA circa l’errore di calcolo compiuto dal Tribunale nella quantificazione del risarcimento del danno.

8.1. Secondo la tesi di SEA il Giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto nel calcolo della circostanza pacifica ed accertata che SEA, con efficacia dal 1/7/2008, si era adeguata alle indicazioni ENAC e aveva pertanto applicato il canone regolamentato alla superficie di m.q.20; quindi questa superficie doveva essere ricompresa in quel 50% di spazi che secondo il Tribunale e la Corte di appello avevano carattere strumentale rispetto all’attività di volo.

Ovvero, in altri termini, i Giudici avrebbero omesso di detrarre quello spazio, con decorrenza secondo semestre 2008 dalla superficie per cui era stata ravvisata l’applicazione del canone eccessivo.

8.2. La censura appare formulata in modo eccessivamente generico, poichè non indica in modo specifico in qual modo e attraverso quali conteggi il Tribunale avrebbe commesso l’errore di calcolo, contestato da controparte che assume di aver detratto la mota di credito SEA relativa ai 20 m.q. dal conteggio relativo alla propria richiesta.

Per la validità dell’appello è necessario che risultino esposte con sufficiente grado di specificità le ragioni sulle quali si fonda l’impugnazione; in mancanza di tale esposizione il giudice non è tenuto ad estendere la propria indagine e ad esaminare questioni esposte in maniera assolutamente generica e non costituenti oggetto di specifiche censure, con la conseguenza che rispetto a tali questioni non è configurabile il vizio di omessa pronuncia. (Sez. 1, n. 7152 del 01/08/1997, Rv. 506361 – 01).

Come osservato dal Procuratore generale, la contestazione sollevata con il motivo di appello era del tutto generica e non individuava consistenza e portata del preteso errore con l’inammissibilità del gravame sul punto e formazione del giudicato interno.

9. Con il decimo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge relativamente all’art. 102 TFUE, L. n. 287 del 1990, art. 33 e art. 2729 c.c. con riferimento alla decisione della Corte in tema di eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale a conoscere le domande di nullità e di risarcimento fondate su di un abuso di posizione dominante, affermando la rilevanza comunitaria, sulla base di argomentazioni errate e indimostrate.

La censura, lungi dal proporre la dichiarata denuncia di violazione di legge, contiene una critica, peraltro del tutto generica, all’ampia motivazione con cui la Corte di appello, a pagina 6, ha argomentato in ordine alla rilevanza comunitaria della violazione concorrenziale per cui è causa, ai fini di sostenere la corretta introduzione della controversia dinanzi alla Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale, nella prospettiva dell’importanza internazionale dell’aeroporto interessato e del coinvolgimento di società di Paesi terzi, apprezzando, ancora una volta con giudizio di fatto non sindacabile in sede di legittimità, il potenziale pregiudizio al commercio fra gli Stati membri.

11. I cinque motivi di ricorso incidentale proposti da NCA sono tutti diretti a superare il rigetto della concorrente domanda a fondamento contrattuale, accolta in primo grado e respinta in secondo.

Tutti i motivi di ricorso incidentale, peraltro proposti in via condizionata, restano assorbiti dal rigetto del ricorso principale.

12. Le spese seguono la soccombenza che grava sulla ricorrente principale SEA, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 10.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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