Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18169 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 24/06/2021), n.18169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29770-2017 proposto da:

C.F., C.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA NOMENTANA 263, presso lo studio dell’avvocato MATTIA

MICHELANGELO, rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI TADDEO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4764/2017 della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA,

depositata il 23/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO;

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 4764/2017, depositata il 23 maggio 2017, la Commissione tributaria regionale della Campania, nel confermare la decisione di prime cure, ha rigettato l’appello proposto da C.F. e C.M. rilevando che l’avviso di accertamento catastale impugnato risultava correttamente motivato e che alla sentenza prodotta dai contribuenti non poteva correlarsi l’eccepito giudicato in quanto la stessa non si era pronunciata sull’accertamento catastale;

2. – C.F. e C.M. ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;

– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 324 c.p.c., e del principio del ne bis in idem, deducendo, in sintesi, che il giudice del gravame illegittimamente non aveva tenuto conto del giudicato formatosi a seguito della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 71/16/13, del 29 novembre 2013; pronuncia, questa, che aveva accolto il ricorso che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, era stato proposto in impugnazione (anche) dell’avviso di accertamento catastale (ora) riproposto (nel contenuto motivazionale del nuovo avviso di accertamento);

– il secondo motivo espone la denuncia di violazione del D.Lgs. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, assumendo i ricorrenti che: – ai sensi di detta disposizione, l’avviso di accertamento catastale presupponeva una richiesta del Comune che non risultava allegata all’atto, nè l’Agenzia aveva proceduto alla necessaria verifica in loco dell’unità immobiliare; – l’avviso di accertamento risultava genericamente motivato nè recava, in allegato, gli atti e documenti richiamati; – era onere dell’Agenzia dar prova della fondatezza dell’accertamento, attraverso una stima comparativa con immobili simili; – i parametri di valutazione posti a fondamento della rettifica catastale risultavano generici ed indeterminati, in difetto di ogni indicazione “concreta sulla qualità e sullo stato degli immobili oggetto della variazione e dei luoghi circostanti.”;

2. – i due motivi sono inammissibili;

3. – il primo motivo non è autosufficiente (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), posto che la pronuncia, che si assume integrare il giudicato, non viene (neppure parzialmente) riprodotta e, per di più, dagli sparuti riferimenti operati dai ricorrenti, risulta che (v., altresì, il controricorso) l’avviso di accertamento allora impugnato, – che era stato emesso dal Comune di Napoli a fini ICI, quando ora si controverte su di un accertamento catastale, – venne annullato dall’Ente in autotutela;

– il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in tema di giudicato esterno, viene declinato dalla Corte nel senso che è necessaria la trascrizione della sentenza che costituisce giudicato, non essendo sufficiente la mera riproduzione di stralci ovvero del suo solo dispositivo (cfr. Cass., 30 dicembre 2019, n. 34590; Cass., 31 maggio 2018, n. 13988; Cass., 8 marzo 2018, n. 5508; Cass., 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., 16 luglio 2014, n. 16227; Cass., 30 aprile 2010, n. 10537; Cass., 13 marzo 2009, n. 6184; Cass., 13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416);

4. – il secondo motivo, a sua volta, reca plurime censure che tutte sono inammissibili:

– relativamente alla denunciata violazione di legge (L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58), in quanto, – trattandosi di questioni non esaminate dal giudice del gravame, – i ricorrenti non danno conto della relativa proposizione, essendosi rilevato, con costante orientamento interpretativo, che il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicchè sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (Cass., 12 giugno 2018, n. 15196; Cass., 6 giugno 2018, n. 14477; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass., 31 gennaio 2006, n. 2140; Cass., 7 agosto 2001, n. 10902; Cass., 12 giugno 1999, n. 5809; Cass., 29 marzo 1996, n. 2905);

– perchè i vizi della motivazione della gravata sentenza, sotto il profilo dell’accertamento in fatto, vengono dedotti in termini aspecifici ed indistinti, al di fuori del canone di legittimità che consente alla Corte una siffatta verifica (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

– in quanto la gravata sentenza ha dato conto della compiutezza della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, e la relativa censura viene articolata dai ricorrenti in mera contrapposizione all’accertamento così operato, e senz’alcuna riproduzione del contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento impugnato, la censura involgente la congruità della motivazione dell’avviso di accertamento necessariamente richiedendo che il ricorso per cassazione riporti testualmente i passi della motivazione dell’atto che, per l’appunto, si assumano erroneamente interpretati o pretermessi e che hanno dato luogo al vizio motivazionale denunciato (v. Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde, ex plurimis, Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., 29 maggio 2006, n. 12786);

5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA