Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18168 del 24/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/06/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 24/06/2021), n.18168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24166-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

N.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GAVINANA 4,

presso lo studio dell’avvocato DOMENICO ANGELINI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MICHELE TUMMINELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 896/2017 della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA,

depositata il 07/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 896/2017, depositata il 7 marzo 2017, la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello di N.R., così pronunciando in integrale riforma della decisione di primo grado che, per suo conto, aveva disatteso l’impugnazione di tre avvisi di accertamento catastale recanti rettifica del classamento di tre unità immobiliari;

1.1 – il giudice del gravame ha rilevato che:

– gli avvisi di accertamento impugnati dovevano ritenersi “intempestivi” in relazione alle (originarie) denunce di variazione presentate con procedura Docfa, posto che dette denunce non erano state “verificate nei termini di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1”, così divenendo definitive;

– nella fattispecie nemmeno ricorrevano i presupposti di una revisione del classamento delle unità immobiliari ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 13, disposizione, questa, alla cui stregua detta revisione di categorie e classi è possibile “quando la revisione si renda opportuna per sopravvenute variazioni di carattere permanente nell’accertamento dello stato delle unità immobiliari.”;

– per di più, nel confermare la legittimità degli avvisi di accertamento catastale, il giudice di prime cure aveva omesso di “riconciliare le caratteristiche delle unità immobiliari, come descritte nelle denunce DOCFA dell’epoca, con quelle asserite dall’Ufficio relativamente ad altre unità similari insite nello stesso fabbricato, di cui non è data alcuna prova documentale, specie ed anche con riferimento ad altre unità immobiliari identificate come similari nella stessa zona.”;

2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;

– N.R. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 400 del 1988, art. 17, comma 3, al D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56, al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, ed alla direttiva dell’Agenzia delle Entrate n. 32 del 2016. sull’assunto che il termine (di 12 mesi) previsto dal citato D.M. n. 701 del 1994, art. 1, non ha natura decadenziale nè la natura decadenziale è compatibile con la disciplina legislativa della materia;

– col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 13, qual interpretato dalla circolare n. 189/T del 1996, deducendo che impropriamente il giudice del gravame aveva evocato le disposizioni di cui al citato D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 13, siccome, nella fattispecie, il potere di rettifica del classamento delle unità immobiliari fondato, – piuttosto che sulla revisione del “quadro delle categorie e classi in determinate zone censuarie”, – su presupposti diversi sottesi all’accertamento del maggior valore catastale degli immobili;

2. – il ricorso è inammissibile;

3. – come sopra riassunto, il decisurn della gravata sentenza si è articolato su di una duplice ratio decidendi, l’una incentrata sulla consumazione, e sulla stessa inesistenza, del potere di rettifica del classamento attribuito alle tre unità immobiliari, – in relazione (in tesi) al termine fissato dal D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3 e, rispettivamente, ai presupposti del potere di rettifica delineati dal D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 13, – l’altra correlata ad un accertamento in fatto sulle caratteristiche degli immobili, – avuto riguardo, ora, alla stima comparativa condotta rispetto alle cd. unità tipo (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61; v., altresì, il D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, conv. in L. 13 maggio 1988, n. 154), – avendo il giudice del gravame rilevato, per questo secondo profilo, il difetto di fondamento del riclassamento in relazione alle “caratteristiche delle unità immobiliari, come descritte nelle denunce DOCFA dell’epoca”, e qual rapportate a quelle “asserite dall’Ufficio relativamente ad altre unità similari insite nello stesso fabbricato, di cui non è data alcuna prova documentale, specie ed anche con riferimento ad altre unità immobiliari identificate come similari nella stessa zona.”;

– e questa seconda ratio decidendi non forma oggetto delle censure articolate dalla ricorrente;

3.1 – come la Corte ha statuito, con risalente orientamento, “il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti”, così che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (v., per tutte, Cass. Sez. U., 29 marzo 2013, n. 7931 cui adde Cass., 18 giugno 2019, n. 16314; Cass., 4 marzo 2016, n. 4293);

4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nei cui confronti non ricorrono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.000,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2021

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