Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18168 del 16/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/09/2016, (ud. 15/03/2016, dep. 16/09/2016), n.18168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19173/2013 proposto da:

D.I., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

BRUNO BUOZZI, 99, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA RINALDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato EUGENIO TRAVERSA giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA 48,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO ALEANDRI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROMANO NICCOLINI giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

OMUNE di CANAZEI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 52/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO

dell’8/01/2013, depositata il 18/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Eugenio Traversa difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti insistendo per l’accoglimento del ricorso ed in

subordine per la trattazione in P.U.;

udito l’Avvocato Stefano Aleandro difensore del controricorrente che

si riporta agli scritti e chiede la condanna alle spese.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Nel giudizio di primo grado, svolto dinanzi al Tribunale di Trento, conseguente alla proposizione da parte di D.I. nei confronti di V.F. di domanda di accertamento del possesso ultraventennale ed intervenuta usucapione avente ad oggetto una baita sita nel comune di (OMISSIS), il giudice adito, con sentenza n. 1 del 2011, nella resistenza del convenuto, accoglieva la domanda attorea sul presupposto della continuità del possesso in capo al D. per il tempo necessario a maturare l’usucapione ed escludendo la buona fede del convenuto al momento dell’iscrizione del titolo nel libro fondiario.

Avverso la menzionata sentenza proponeva appello il V., contestando la decisione del giudice di prime cure in ordine alla portata dell’art. 5 della legge tavolare, nella resistenza dell’appellato, la Corte di appello di Trento, ritenuta la fondatezza del gravame, con sentenza n. 52 del 2013, affermava la prevalenza dell’iscrizione tavolare per non avere l’attore dedotto e fornito elementi probatori decisivi a sostegno della malafede dell’acquirente.

Con ricorso notificato il 20 luglio 2013, D.I. ha impugnato per cassazione la richiamata sentenza della Corte Triestina (notificata in data 23 maggio 2013), prospettando tre motivi.

Con il primo motivo ha denunciato la violazione e falsa applicazione del R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 5 e delle disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove province.

Con il secondo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè violazione dell’art. 2687 c.c..

Con il terzo motivo ha censurato la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ossia l’omesso esame delle prove testimoniali.

L’intimato ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., proponendo la reiezione del ricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta: “In via preliminare occorre sottolineare l’infondatezza della eccezione di inammissibilità, dedotta dal V. nel controricorso, per avere il ricorrente ritenuto erroneamente che il giudice del merito non si fosse pronunciato sugli ulteriori motivi di appello, limitandosi a dichiararli assorbiti e, in conseguenza di ciò, per non aver espressamente impugnato ciascuno dei motivi di gravame accolti dalla Corte, in quanto, in termini opposti a quanto ritenuto dal resistente, il ricorrente non si è limitato a contestare la prima ragione di accoglimento di cui al primo motivo ma, con gli ulteriori motivi di ricorso, ha contestato integralmente il fondamento delle ragioni poste dal giudice a sostegno della pronuncia. Tanto premesso, con il primo mezzo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 5, che regola il conflitto tra un diritto extra tavolare acquistato per usucapione in assenza di iscrizione e un diritto tavolare acquistato per atto inter vivos ed iscritto nell’apposito registro, per non essere tale norma applicabile al caso concreto, laddove l’usucapione era in corso al momento dell’iscrizione, non essendo l’intavolazione atto idoneo ad interrompere il corso dell’altrui prescrizione acquisitiva.

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito errato nel non ritenere adempiuto l’onere di allegazione della parte quanto alla malafede dell’acquirente tavolare, avendo, di converso, introdotto nel processo tutti gli aspetti rilevanti della vicenda per consentire al giudice un’opportuna valutazione degli stessi.

Le censure, da trattare congiuntamente in quanto involgono questioni attinenti le fondamenta del sistema tavolare, comportando una ricostruzione dei principi vigenti in materia, appaiono prive di pregio.

Diversamente da quanto opinato da parte ricorrente, nel caso di specie, non trova applicazione l’interpretazione della norma dallo stesso prospettata, afferente alle ipotesi in cui l’usucapione, al momento della trascrizione del titolo di proprietà nel registro fondiario, era ancora in corso di maturazione in favore del terzo possessore di buona fede e che assume rilevanza esclusivamente in ordine alla portata interruttiva o meno dell’iscrizione tavolare rispetto al suddetto termine, fattispecie in alcun modo valutata dalla Corte di merito e del tutto irrilevante nel caso de quo, la quale, per di più, non esclude l’onere del ricorrente di fornire la prova della malafede altrui al fine di vedersi riconosciuto il proprio diritto di proprietà.

Pertanto, non essendo in contestazione l’efficacia interruttiva dell’acquisto inter vivos sul termine ventennale di cui all’art. 1158, correttamente la Corte triestina ha applicato la norma de qua, in conformità alle numerose pronunce di questa Suprema Corte, per la quale, nei territori in cui vige il sistema tavolare, basato sul principio della pubblicità costitutiva, il conflitto tra l’acquirente per atto fra vivi dall’intestatario tavolare che abbia proceduto per primo ad iscrivere il suo diritto e chi abbia acquistato il bene per usucapione si risolve in base al R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 5, il quale sancisce il principio di pubblica fede che assiste le risultante dei libri fondiari, per cui l’acquisto e effettuato in base a dette risultante si presume avvenuto in buona fede, ed è onere del terzo, che sostiene di aver acquistato il bene per usucapione, provare che colui che ha acquistato dal titolare del bene in base al libro fondiario era in malafede, essendo stato a conoscenza della sussistenza dell’usucapione maturata ma non giudizialmente dichiarata ed iscritta, o essendo stato in grado di apprenderlo facendo uso dell’ordinaria diligenza (Cass. 21 marzo 2011 n. 6393).

Nella specie, il giudice ha ritenuto che l’attore non avesse fornito la prova della malafede della controparte nel procedere all’acquisito e alla successiva iscrizione tavolare, in particolare ha statuito sulla mancata allegazione di elementi idonei ad evidenziare la circostanza della conoscenza o conoscibilità del possesso continuato da parte del V..

Invero, la difesa del ricorrente si è incentrata esclusivamente sulla prova dell’asserito possesso, senza essere accompagnata da ulteriori allegazioni funzionali all’accertamento della malafede altrui, che non viene in alcun modo sottolineata dal ricorrente, ponendosi in evidente contrasto con l’orientamento di questa Corte che espressamente richiede ai fini dell’esclusione di operatività dell’art. 5 della legge tavolare la prova, gravante su colui che afferma di aver acquistato il bene per usucapione, che colui che ha acquistato in base al libro fondiario era in malafede, essendo stato a conoscenza della sussistenza dell’usucapione maturata, o essendo stato in grado di apprenderlo facendo uso della ordinaria diligenza (Cass. 5 luglio 2002 n. 9735). Ne deriva che la Corte di merito ha fatto buon governo dei principi sopra esposti, concludendo correttamente per la prevalenza dell’iscrizione tavolare fondata sulla buona fede del libro fondiario, non sussistendo alcuna prova che deponga in senso contrario.

La terza censura dedotta, con la quale il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per omesso, insufficiente ed illogico esame delle prove testimoniali in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del possesso, rimane assorbita dal rigetto dei motivi precedenti.

In definitiva, il relatore ritiene che sussistano le condizioni per procedere in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la possibile manifesta infondatezza del ricorso.”. Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dal ricorrente nella memoria illustrativa non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacchè ribadiscono difese che per le ragioni sopra esposte – sono state superate dalle argomentazioni predette e non rappresentano alcuna lacuna motivazionale, non apportando alcun ulteriore elemento di valutazione, e conseguentemente il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte è tenuta a dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione in favore del resistente che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte di Cassazione, il 15 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2016

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