Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18166 del 05/09/2011

Cassazione civile sez. I, 05/09/2011, (ud. 04/04/2011, dep. 05/09/2011), n.18166

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.Y.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 52, presso l’avvocato

SANTONOCITO MARCO VALERIO, rappresentato e difeso dagli avvocati

DENARO ANTONIO, GIUFFRIDA MASSIMO, giusta procura speciale per Notaio

2011 JADA D. TH0RNT0N di COLUMBIA (WASHINGTON) – Apostille n. 202037

del 10.11.2008;

– ricorrente –

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MESSINA depositato il

09/10/2008; n. 232/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso alla Corte d’appello di Messina del giugno 2007, S.Y.M. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio civile per risarcimento danni da incidente stradale, giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Catania nell’ottobre 1990, definito in primo grado con sentenza depositata nell’ottobre 1997, in secondo grado con sentenza dell’ottobre 2001, in cassazione con sentenza del 25 agosto 2006.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 9 ottobre 2008, ritenuta la durata irragionevole complessiva di cinque anni e otto mesi, liquidava per danno non patrimoniale l’indennizzo di Euro 4.600,00.

La S. ha proposto, avverso tale decreto, ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero della Giustizia il 21 settembre 2009, formulando quattro motivi, cui resiste il Ministero con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

E’ infondata l’eccezione, sollevata dal resistente, di inammissibilità del ricorso perchè proposto oltre il termine previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, atteso che la comunicazione del decreto da parte della Cancelleria della Corte d’appello è inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione del provvedimento.

Esaminando i motivi della impugnazione – con i quali si denunziano, quanto al primo, al secondo ed al quarto, violazione di legge e, quanto al terzo, vizio di motivazione – deve preliminarmente rilevarsi come, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile nella specie (trattandosi di impugnazione avverso provvedimento depositato nell’ottobre 2008), l’illustrazione di ciascun motivo, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Nel caso in esame, l’illustrazione del primo motivo non contiene alcun quesito di diritto, al pari di quella del quarto motivo; l’illustrazione del secondo motivo si conclude con quesiti affatto generici, in quanto privi di qualsiasi riferimento alla fattispecie decisa ed alla ratio decidendi del provvedimento impugnato oggetto di censura. Del tutto inadeguata poi risulta la sintesi esposta in relazione al terzo quesito (“Dica la Cassazione se la Corte territoriale abbia o meno adeguatamente motivato la propria decisione”). L’inammissibilità del ricorso ne deriva dunque di necessità, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 900,00 per onorari, oltre le spese prenotate a debito. Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2011

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