Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18164 del 26/07/2013

Civile Sent. Sez. L Num. 18164 Anno 2013

Presidente: LAMORGESE ANTONIO

Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 5585-2011 proposto da:

AA

– ricorrente –

2013

1175

contro

AST AZIENDA SICILIANA TRASPORTI S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 26/07/2013

studio dell’avvocato VALENZA DINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIACONIA MAURIZIO, giusta delega

in atti;

– controricorrente nonchè contro

fallimento della STAT S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 381/2010 della CORTE D’APPELLO

di MESSINA, depositata il 02/03/2010 R.G.N. 229/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO

VENUTI;

udito l’Avvocato AMAGLIANI ROBERTO;

udito l’Avvocato GIACONIA MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

MACCARI RAFFAELE, nella qualità di curatore del

R.G. n. 5585/11

Ud. 4.4.2013

Con ricorso depositato in data 25 maggio 1999, AA, premesso che aveva lavorato alle dipendenze della s.r.l. STAT

dal 1 luglio 1983, con qualifica di funzionario principale, esponeva

che l’azienda era stata posta in liquidazione in data 16 aprile 1997 e

che con decreto dell’Assessorato regionale Trasporti l’intero

complesso dei servizi STAT era stato affidato all’AST – Azienda

Siciliana Trasporti, che si era avvalsa di tutto il personale in servizio

presso l’azienda liquidata.

Lamentava che tutti i lavoratori della società STAT erano

effettivamente transitati all’AST tranne essa ricorrente e che l’AST,

richiesta esplicitamente dell’assunzione, aveva motivato il proprio

rifiuto con la situazione di incompatibilità della AA, quale socia

della STAT. Aggiungeva che nelle more la STAT era stata dichiarata

fallita e chiedeva la declaratoria di prosecuzione del rapporto di

lavoro con l’azienda subentrante, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ. e del

R.D. n. 148 del 1931, art. 26 o, in subordine, la condanna dell’AST a

costituire il rapporto o ancora in ultima analisi a risarcire i danni.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 736/02, rigettava il ricorso.

Tale decisione veniva impugnata dalla AA e la Corte

d’Appello di Messina con sentenza n. 669 del 2003 rigettava l’appello.

Avverso tale sentenza, AA proponeva ricorso per

cassazione e questa Corte, con sentenza n. 21023 del 2007, in

accoglimento del ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava

alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione per il riesame

della controversia, osservando :

– che l’art. 2112 cod. civ., nel testo modificato dalla L. n. 428

del 1990, art. 47, che ha recepito la direttiva comunitaria

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2

77/187/Cee (successivamente modificato dal D. Lgs. n. 18 del 2001,

art. 1), doveva ritenersi applicabile anche nei casi in cui il

trasferimento dell’azienda non derivi dall’esistenza di un contratto

tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo

della pubblica amministrazione, con conseguente diritto dei

lavoro subordinato con l’impresa subentrante, purché si accerti

l’esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le

due imprese;

– che la sentenza impugnata, per sottrarsi alle censure che le

erano state mosse, avrebbe dovuto accertare se la AA era o meno

una lavoratrice subordinata della STAT (non essendo la

configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze

di una società escluso dalla qualità di socio del lavoratore),

costituendo la continuità di un siffatto rapporto presso la nuova

società un requisito necessario per la applicabilità dell’art. 2112 c.c.,

richiesta dalla AA.

– che, pur avendo la lavoratrice nell’atto di gravame affermato

che il rapporto di lavoro con la STAT dagli atti risultava in modo

certo, la Corte d’appello di Messina aveva omesso qualsiasi

motivazione su tale decisivo punto della controversia, ritenendo

rilevanti talune circostanze di fatto, quali la posizione di socio di

minoranza rivestita dalla AA nella società STAT e la titolarità del

restante capitale sociale da parte del proprio marito, circostanze che

andavano però valutate in un diverso contesto processuale, al fine di

stabilire se la coesistenza tra il rapporto societario e quello di lavoro

subordinato – in astratto possibile – si fosse nella fattispecie in esame

verificata o se, invece, come ritenuto dal giudice di primo grado,

risultassero in concreto carenti gli elementi caratterizzanti la

subordinazione in ragione della peculiarità della situazione in cui la

AA versava ed in ragione delle modalità di esecuzione dell’attività

dalla stessa spiegata.

dipendenti dell’impresa cedente alla continuazione del rapporto di

3

Il processo veniva riassunto davanti al giudice di rinvio e la

Corte d’Appello di Messina, con sentenza n. 381/10, rigettava

l’appello proposto dalla AA avverso la sentenza di primo grado,

osservando :

– che era da escludere la natura subordinata del rapporto

libro matricola della STAT, in mancanza di altri elementi, costituiva

un elemento formale, inidoneo a comprovare la subordinazione, tanto

più che la AA rivestiva la qualità di socio di minoranza, mentre il

marito, socio di maggioranza e titolare delle restanti quote, era

amministratore della STAT, cioè colui al quale la AA doveva

render conto;

– che in particolare non era stata offerta la prova, incombente

alla AA, della effettiva subordinazione, intesa quale soggezione del

lavoratore al potere disciplinare, direttivo ed organizzativo del datore

di lavoro;

– che al riguardo la prova testimoniale chiesta dalla lavoratrice

era inammissibile, perché dedotta in appello e quindi tardivamente;

– che, come affermato dalla pronuncia rescindente della

Suprema Corte, la disciplina di cui all’art. 2112 cod. civ. era

applicabile anche nell’ipotesi di un atto autoritativo della pubblica

amministrazione, ma tuttavia era necessario che vi fosse una

cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese. Nella

specie non risultava il trasferimento di beni da una all’altra impresa

(mezzi di trasporto ed impianti per la gestione del servizio), essendo

state affidato all’AST lo stesso servizio dato in concessione alla STAT,

con il vincolo di utilizzare il personale da questa dipendente, onde

non era ravvisabile un trasferimento di azienda vero e proprio.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la sig.ra AA

sulla base di sette motivi, non numerati. L’AST resiste con

controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art.

378 cod. proc. civ. La curatela del fallimento STAT è rimasta

intimata.

intercorso tra la STAT e la AA, poiché la semplice iscrizione nel

4

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente, denunziando violazione

degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., deduce che in sede di

accertamento del passivo fallimentare, le è stato riconosciuto il

credito da lei vantato quale lavoratrice subordinata. Aggiunge che il

presente giudizio, onde la natura subordinata del rapporto non può

essere posta in discussione. Il giudice di rinvio, al quale la questione

era stata proposta, avrebbe dovuto affermare l’esistenza del

giudicato.

2. Con il secondo e il terzo motivo la ricorrente, denunziando

omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e

decisivo per il giudizio, deduce che erroneamente la Corte territoriale

ha ritenuto che non fossero stati offerti elementi idonei a comprovare

l’effettiva natura subordinata del rapporto.

Rileva che l’Assessorato al Turismo della regione Sicilia ha

rilasciato alla ricorrente una certificazione di “capacità professionale

per dirigere l’attività di trasporto di impresa”, attestante la qualità di

funzionario principale rivestita presso l’impresa STAT s.r.1.; che il

giudice del merito non ha considerato le dichiarazioni rese dal legale

rappresentante dell’AST nel corso del libero interrogatorio; che la

Corte territoriale non ha attribuito la dovuta valenza al libro

matricola, dal quale risultava la sua qualifica di funzionario

principale; che lo stesso giudice non ha tenuto conto che il decreto

assessoriale di trasferimento dei rapporti di lavoro prevedeva che

l’AST dovesse avvalersi di tutto il personale in servizio presso la

STAT, risultante dal libro matricola.

3. Con il quarto motivo, denunziando violazione dell’art. 2697

cod. civ., in relazione agli artt. 1414 e 1417 stesso codice, la

ricorrente deduce che la prova in ordine alla simulazione del

rapporto subordinato era a carico dell’AST, che aveva eccepito tale

simulazione.

decreto dichiarativo dell’esecutività dello stato passivo fa stato nel

5

Con il quinto motivo la ricorrente, denunziando violazione

dell’art. 437 cod. proc. civ., deduce che il giudice di rinvio avrebbe

dovuto ammettere la prova testimoniale, ancorchè tardivamente

proposta, essendo questa indispensabile ai fini della decisione, tanto

più che erano stati acquisiti al giudizio numerosi elementi circa la

5. Con il sesto motivo, denunziando insufficiente motivazione

circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la ricorrente

deduce che, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., è configurabile il

trasferimento d’azienda anche nel caso in cui la cessione abbia ad

oggetto un solo gruppo di dipendenti stabilmente coordinati ed

organizzati tra loro; che è irrilevante il mancato trasferimento dei

mezzi di trasporto; che dalla documentazione in atti risulta che

all’AST con decreto assessoriale venne affidato l’intero complesso

aziendale appartenente alla STAT, comprese le concessioni di viaggio;

che vi era assoluta identità tra l’attività prestata dalla STAT e quella

prestata dall’AST.

6.

Con il settimo motivo, denunziando contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la

ricorrente deduce che la fattispecie di cui all’art. 2112 cod. civ.,

contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, “non può

comportare il subentro di un soggetto ad un altro e quindi la

che

sostituzione del primo al secondo”.

Aggiunge che è errata

l’affermazione della Corte di merito, secondo cui non può configurarsi

il trasferimento d’azienda nell’ipotesi in cui venga trasferito solo il

servizio svolto in concessione. A prescindere infatti che nella specie

non era stato trasferito solo il servizio, “secondo l’inattendibile tesi

sostenuta dalla Corte messinese, nella ipotesi di imprese di

servizi

mai sarebbe possibile applicare l’art. 2112 cit.”.

Il primo motivo non è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, i

provvedimenti che, in sede di verificazione dei crediti, vengono

adottati dal giudice delegato, quand’anche non abbiano formato

natura subordinata del rapporto.

6

oggetto di opposizione, non acquistano efficacia di cosa giudicata ma

spiegano effetti preclusivi nell’ambito della procedura fallimentare

(Cass. 3 settembre 2003 n. 12823; Cass. 15 giugno 2006 n. 13778;

Cass. 9 giugno 2011 n. 12638).

Ne consegue che il decreto di esecutività emesso dal giudice

estranea al procedimento di verifica dello stato passivo della STAT

s.r.l.

8. Parimenti infondati sono il secondo, il terzo, il sesto ed il

settimo motivo, che vanno esaminati congiuntamente in ragione della

loro connessione.

Nel cassare la sentenza impugnata, questa Corte con la citata

sentenza n. 21023 del 2007, dopo aver affermato che l’art. 2112 cod.

civ. è applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell’azienda

non derivi dall’esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma

sia riconducibile ad un atto autoritativo della pubblica

amministrazione, purchè si accerti l’esistenza di una cessione di

elementi materiali significativi fra le due imprese, ha precisato che la

sentenza impugnata per sottrarsi alle censure che le erano state

mosse, avrebbe dovuto accertare, non essendo la configurabilità di

un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una società

esclusa dalla qualità di socio del lavoratore, se la AA era o meno

una lavoratrice subordinata della STAT, costituendo la continuità di

un siffatto rapporto presso la nuova società un requisito necessario

per l’applicabilità dell’art. 2112 cod. civ.

Il giudice di rinvio, in sede di riesame, ha accertato che, ai fini

della prova della sussistenza della natura subordinata del rapporto,

non era sufficiente, in presenza di una specifica contestazione sul

punto, il dato formale della mera iscrizione nel libro matricola,

occorrendo viceversa la prova dell’esistenza e della effettività della

subordinazione, posto che la AA era socia di minoranza di una

società di cui era amministratore il coniuge, “il quale aveva curato

anche la propria iscrizione (nel libro matricola), sempre con la

delegato non può essere fatto valere nei confronti dell’AST, del tutto

7

qualifica di funzionario principale identica a quella attribuita alla

moglie”.

Ha aggiunto che oltre al suddetto dato formale, la ricorrente

non aveva offerto alcun elemento di prova circa la effettiva esistenza

della subordinazione, intesa come soggezione del prestatore al potere

Pur non essendo dunque esclusa la configurabilità di un

rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una società dalla

qualità di socio di un lavoratore, nella specie, secondo la Corte di

merito, gli elementi acquisiti non erano idonei a comprovare siffatto

rapporto.

Quanto, poi, al principio affermato dalla pronuncia

rescindente, secondo cui l’art. 2112 cod. civ. è applicabile anche nei

casi in cui il trasferimento dell’azienda non derivi dall’esistenza di un

contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto

autoritativo della pubblica amministrazione, ”purchè si accerti

l’esistenza di una cessione di elementi materiali significativi fra le

due imprese: i la Corte di merito ha accertato che non era stato in

alcun modo provato il trasferimento di beni da una all’altra impresa,

ma solo l’affidamento in concessione all’AST dello stesso servizio già

affidato alla START, con il solo vincolo di assunzione dei lavoratori

alle dipendenze di quest’ultima azienda. In particolare non erano

stati trasferiti all’AST i mezzi da utilizzare per il trasporto né gli

impianti necessari per la gestione del servizio.

Era dunque da escludere che potesse configurarsi nella specie il

trasferimento di azienda di cui all’art. 2112 cod. civ.

Trattasi di motivazione congrua, coerente e priva di vizi logicogiuridici, resa in ossequio ai principi affermati dalla Cassazione con

la pronuncia rescindente, sulla scorta di accertamenti di fatto e

valutazioni incensurabili in questa sede, non essendo consentito al

giudice di legittimità di riesaminare il merito della vicenda

processuale e di sostituire una propria valutazione a quella data dal

giudice di merito, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della

direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro,

8

correttezza giuridica e della coerenza logica-formale, delle argomentazioni

svolte da tale giudice.

Quanto, poi, alla valutazione delle prove, spetta altresì in via

esclusiva allo stesso giudice di merito il compito di individuare le

fonti del proprio convincimento, di controllare l’attendibilità e la

processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la

veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza

all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti.

Conseguentemente per potersi configurare il vizio di

motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è

necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume

trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far

ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe

portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto il mancato

esame di elementi probatori costituisce vizio di omesso esame di un

punto decisivo solo le risultanze processuali non esaminate siano tali

da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità,

l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il

convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi

priva di base (cfr., tra le altre, Cass. 15355/04; Cass. 9368/06;

Cass. 9245/07; Cass. 14752/07).

Nella fattispecie in esame non si ravvisano nella motivazione

della sentenza impugnata carenze, insufficienze, contraddizioni

logiche né tanto meno si riscontra l’omesso esame di elementi che

avrebbero potuto condurre a una diversa decisione.

9. Anche il quarto motivo, con il quale la ricorrente deduce che

la prova in ordine alla simulazione del rapporto subordinato era a

carico dell’AST, che aveva eccepito tale simulazione, è infondato.

Come correttamente osservato dalla sentenza impugnata,

l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato costituiva un elemento

concludenza delle prove, di scegliere, tra le complessive risultanze del

9

posto a sostegno dell’azione proposta dalla AA, onde il relativo

onere probatorio era a carico della medesima.

10. Infondato è infine il 911,;»-co motivo, secondo cui giudice di

rinvio avrebbe dovuto ammettere, in ragione dei “numerosi indizi”

acquisiti al processo sulla natura subordinata del rapporto, la prova

Da un lato l’ammissione di nuove prove da parte del giudice

d’appello rientra tra i poteri discrezionali allo stesso riconosciuti dagli

artt. 421 e 437 cod. proc. civ. (Cass. 9 gennaio 2007 n. 209);

dall’altro tale potere non può essere esercitato nel caso di colpevole

inerzia della parte interessata e conseguente inottemperanza ad oneri

procedurali (Cass. 9 marzo 2001 n. 3516; Cass. 1 settembre 2004 n.

17572; Cass. 10 gennaio 2006 n. 154).

11. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, previa

condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente

giudizio a favore dell’Azienda resistente, come in dispositivo.

Nulla per le spese nei confronti della curatela del fallimento

della STAT s.r.1., rimasta intimata.

P. Q. M .

La Corte rigetta il ricorso e condanna AA al

pagamento delle spese del presente giudizio a favore dell’AST Azienda Siciliana Trasporti S.p.A., che liquida in E 50,00 per esborsi

ed 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Nulla per le spese nei confronti della curatela del fallimento della

STAT s.r.l.

Così deciso in Roma in data 4 aprile 2013.

testimoniale, ancorchè proposta in grado di appello.

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