Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18162 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. III, 05/08/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 05/08/2010), n.18162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

VETRERIE BRUNI S.P.A. (OMISSIS) in persona del suo Amministratore

e Legale Rappresentante Dott. D.B.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. PACINI 25, presso lo studio dell’avvocato

PICCIONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SARNI GIUSEPPE giusta procura speciale del Dott. Notaio

SILVIA ZARDI in MILANO 5/5/2006, rep. n. 150278;

– ricorrente –

contro

DE LANGLADE & GRANCELLI S.P.A. (OMISSIS);

– intimata –

e sul ricorso n. 20100/2006 proposto da:

DE LANGLADE & GRANCELLI S.P.A. in persona dell’Amministratore

Sig.

D.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIO

FANI 106-B, presso lo studio dell’avvocato ARNABOLDI LUIGI, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

VETRERIE BRUNI SPA in persona del suo Amministratore e Legale

Rappresentante Dott. D.B.G., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G. PACINI 25, presso lo studio dell’avvocato PICCIONE

SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARNI

GIUSEPPE giusta procura speciale del Dott. Notaio SILVIA ZARDI in

MILANO 5/5/2006, rep. n. 150278;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 439/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 18/4/2005, depositata il 10/05/2005,

R.G.N. 971/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato SALVATORE PICCIONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

IN FATTO

La Vetrerie Bruni convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Genova la societa’ De Langlade, chiedendone la condanna al pagamento della somma di oltre L. 122 milioni nella qualita’ di garante della societa’ spagnola Sapem – cui essa attrice aveva concesso in locazione una macchina capsulatrice – che si era resa inadempiente alle proprie obbligazioni di pagamento del canone e di restituzione del macchinario (onde gli oneri aggiuntivi sostenuti, per il trasporto).

Il giudice di primo grado respinse formalmente la domanda, ma la sentenza fu oggetto di correzione nelle parti in cui conteneva errori (ritenuti materiali) laddove la domanda risultava essere stata respinta, dovendosi invece ritenere, alla luce della motivazione adottata, accolta nella sostanza.

L’impugnazione proposta dalla De Langlade fu parzialmente accolta dalla corte di appello di Genova.

La sentenza e’ stata impugnata dalla Vetreria Bruni con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi.

Resiste De Langlade con controricorso corredato da ricorso incidentale.

Diritto

IN DIRITTO

I ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere preliminarmente riuniti. Entrambi risultano infondati.

Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1936 c.c. e segg., dell’art. 2691 c.c.;

motivazione insufficiente e contraddittoria per omesso esame di un punto decisivo della controversia.

Il motivo, che lamenta l’omesso esame, da parte della corte genovese, delle questioni relative ai canoni di locazione non versati dalla societa’ di diritto spagnolo ed al rimborso delle altre spese richiesto in sede di giudizio di merito, e’ privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui, diversamente da quanto affermato dalla odierna ricorrente, ha compiutamente e analiticamente esaminato le questioni predette, e – sulla incontestata premessa secondo cui, nel rapporto accessorio di garanzia fideiussoria tipica, incombe al garante l’onere di fornire prova certa e incontestata dell’inadempimento di cui si sia reso responsabile il debitore principale onde poter efficacemente azionare l’effetto di garanzia – ha escluso l’esistenza di una prova certa dei fatti contestati tanto sul piano documentale quanto su quello testimoniale (ff. 9 – 11 della sentenza impugnata), con motivazione ampia, articolata e scevra da errori logico giuridici, che questa corte interamente condivide, atteso che il motivo in esame, pur lamentando formalmente una (peraltro del tutto generica) violazione di legge e un decisivo difetto di motivazione, si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali cosi’ come accertare e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, perche’ la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformita’ a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilita’ e la giuridica, concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove ed.

legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perche’ in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimita’) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) si’ come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi’ mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilita’ maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per cio’ solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre piu’ consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilita’ nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimita’.

Con il secondo motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2691, 1226 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria su di un punto decisivo della controversia.

Il motivo, che contesta in sei punti l’iter logico seguito dalla corte ligure nell’accertare il valore del macchinario, e’ infondato.

La corte, operando un corretto richiamo ai criteri di comune esperienza, e condivisibilmente motivando in ordine alla sostanziale inutilita’ di un accertamento tecnico, ha proceduto, in applicazione della norma di cui all’art. 115 c.p.c., comma 2, ad una non censurabile valutazione equitativa del danno (valutazione richiesta, in termini di equita’, dalla stessa ricorrente in sede di appello, sia pur in via ipotetico – suppletiva).

Anche in tal caso la motivazione, scevra da vizi logico – giuridici, si sottrae alle censure mossele.

Con il primo motivo del ricorso incidentale, si denuncia violazione degli artt. 288 e 134 c.p.c. per omissione assoluta di motivazione in ordine al procedimento di correzione della sentenza di primo grado.

Il motivo non ha giuridico fondamento, avendo, viceversa, la corte genovese compiutamente motivato sul punto, evidenziando, con argomentazione conforme a diritto, come la impugnazione in toto della sentenza di prime cure (incluse, dunque, le parti soggette a correzione), implicasse che l’esame del giudice dell’appello si estendeva all’intera statuizione nella sua globalita’, a prescindere dalla, ormai irrilevante, pretesa violazione di tipo sub procedimentale realizzatasi in primo grado.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale, si denuncia violazione dell’art. 1936 c.c. per omessa o insufficiente motivazione in ordine alla lettera di garanzia.

La doglianza non puo’ essere accolta, avendo la corte territoriale compiutamente e condivisibilmente motivato sul punto della pretesa nullita’ della fideiussione per indeterminatezza dell’oggetto (oltre che su quello della sua pretesa inefficacia e della sua altrettanto pretesa estinzione), escludendola tanto sotto il profilo della validita’ della garanzia per obbligazione futura o condizionale (peraltro ritenuta impredicabile nella specie, attesane l’attualita’ riferibile al contratto di locazione), quanto sotto quello della conoscenza del rischio e dell’importo dell’obbligazione principale.

Anche in tal caso la motivazione appare congrua ed esente dai vizi logico giuridici lamentati.

I ricorsi sono pertanto rigettati.

La disciplina delle spese segue, giusta il principio della reciproca soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

 

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