Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18162 del 01/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/09/2020, (ud. 06/07/2020, dep. 01/09/2020), n.18162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31268-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 135, presso lo studio LEGALITAX, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAURIZIO CIMETTI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, EMANUELE

DE ROSE, ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– resistente –

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 207/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Cagliari, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato prescritto il credito relativo all’intimazione di pagamento n. (OMISSIS) per Euro 24.309,15, emessa nei confronti di M.D. a causa del mancato versamento, da parte di quest’ultimo, di contributi previdenziali relativi alla gestione commercianti per gli anni 1997 -2002;

ha, altresì, rigettato il ricorso incidentale proposto da Equitalia Nord s.p.a., dove quest’ultima si doleva, in particolare, dell’affermazione del primo giudice secondo cui dalla documentazione versata in atti (relata di notifica ed estratto di ruolo) non era possibile ricavare la corrispondenza fra il credito riportato in cartella e il credito oggetto dell’intimazione di pagamento;

la Corte territoriale ha ritenuto generica tale ultima doglianza, affermando che l’agente della riscossione non aveva dato prova di quanto lamentato nè reso possibile una verifica d’ufficio non avendo depositato il fascicolo da parte;

quanto al profilo della durata della prescrizione – motivo assorbente e comune al ricorso principale e a quello incidentale – la Corte d’appello ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016 che, nel comporre un dissidio interpretativo esistente nella giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che il termine di decorrenza deve considerarsi quinquennale, e che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, che richiama la prescrizione decennale in caso di nuovo affidamento della riscossione al concessionario nell’ipotesi in cui si rinvengano altri beni da aggredire nel caso di esecuzione infruttuosa, non si applica ai contributi previdenziali ma soltanto a quelli fiscali;

la cassazione della sentenza è domandata dalla Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrata a Equitalia s.p.a. sulla base di due motivi;

M.D. è rimasto intimato;

l’Inps in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. ha depositato procura in calce al ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, parte ricorrente deduce “Violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul tema della regolarità della notifica delle cartelle”;

sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura all’erronea affermazione del primo giudice circa l’impossibilità di identificare la corrispondenza fra il credito controverso e l’oggetto dell’intimazione;

contesta l’affermazione del giudice dell’appello secondo la quale lo stesso sarebbe stato impossibilitato a procedere alla valutazione della documentazione per mancanza di deposito del fascicolo di primo grado da parte della ricorrente incidentale;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è dedotta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c.: la sentenza contro cui si ricorre è viziata nella parte in cui non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c., trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto delle cartelle di pagamento non impugnate dalla parte debitrice”;

la ricorrente afferma che la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., perchè, fermo restando il principio affermato dalle Sezioni Unite in merito all’inapplicabilità ai crediti iscritti a ruolo della prescrizione decennale prevista dall’art. 2953 c.c., – norma peraltro mai invocata dall’Agenzia delle Entrate – ai fini della pretesa occorreva aver riguardo alla decorrenza della prescrizione con unitaria decorrenza a far tempo dalla formazione del ruolo e della notifica della cartella di pagamento e non già dalla decorrenza originaria dei singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti portati nel ruolo;

il Collegio ritiene di procedere dapprima con l’esame del secondo motivo di ricorso, dichiarandolo inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.;

la questione in esso rappresentata è, infatti, assorbente rispetto alla soluzione della complessiva controversia, e, la soluzione offerta dal giudice dell’appello alla problematica dell’individuazione del termine di prescrizione applicabile al caso di specie, è di per sè idonea a sorreggere l’intera decisione adottata;

nell’esplicazione della propria tesi difensiva l’odierna ricorrente non aggiunge indicazioni utili per indurre a modificare il ragionamento del giudice del merito, la cui decisione è pienamente aderente al principio affermato dalle Sezioni Unite secondo cui “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10), in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dall’1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)” (Cass. n. 23397 del 2016);

la correttezza della statuizione della Corte territoriale in merito alla durata quinquennale della prescrizione estintiva rende perciò irrilevante l’esame del primo motivo;

in nessun caso, infatti, un eventuale accoglimento dello stesso, determinerebbe l’annullamento della sentenza impugnata, atteso che la motivazione resa in merito alla assorbente problematica della prescrizione è conforme ai principi di diritto consolidati e di per sè idonea a sorreggere la fondatezza del decisum (Cass. n. 15399 del 2018; Cass. n. 15350 del 2017);

il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità in favore di M.D., rimasto intimato, nè in favore dell’Inps, in assenza di attività difensiva da parte di quest’ultimo;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 6 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2020

 

 

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