Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1816 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. I, 26/01/2011, (ud. 15/07/2010, dep. 26/01/2011), n.1816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.C., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa

dall’avv. Marra Alfonso Luigi per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 7 maggio

2008, nel procedimento n. 1978/07;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 15 luglio 2010 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, dott. Destro Carlo, che nulla ha osservato.

LA CORTE:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

ritenuto che:

1. M.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Napoli in data 7 maggio 2008 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2;

1.1. il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso;

osserva:

2. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;

3. i motivi da due a sette appaiono manifestamente fondati;

infatti, in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale non può ignorare i criteri applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, pur avendo facoltà di apportare, motivatamente e non irragionevolmente, le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella – tra i 1000 e i 1500 Euro per anno.

accordata dalla predetta Corte negli affari consimili (Cass. 2006/24356; 2007/2254); la Corte di appello di Napoli – determinando l’ammontare dell’indennizzo nella esigua misura di Euro 75,00 ad anno – non sembra essersi uniformata al principio sopraenunciato e il ricorso appare sul punto meritevole di accoglimento;

4. l’ottavo e nono motivo appaiono manifestamente infondati, in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia del lavoro; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411; 2008/6898);

5. appaiono assorbite le censure in ordine alla liquidazione delle spese processuali, dovendosi comunque procedere ad una nuova liquidazione delle medesime in conseguenza del prospettato accoglimento parziale del ricorso;

6. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione ai punti 2 e 4, mentre, con riferimento al punto 3 e diversamente da quanto osservato nella relazione, le censure mosse nei motivi da due a sette appaiono infondate, in quanto la misura dell’indennizzo determinata dalla Corte d’appello in Euro 75 al mese, pari ad Euro 900 ad anno, è sostanzialmente conforme ai parametri elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di Cassazione;

ritenuta altresì l’infondatezza della doglianza svolta dalla ricorrente nei motivi dieci e undici in ordine alla parziale compensazione delle spese disposta dalla Corte d’appello, in quanto, per effetto del richiamo operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, nel giudizio per l’equa riparazione della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo trovano applicazione le norme del codice di rito (Cass. 2004/23789; 2007/14053) e a norma dell’art. 92 c.p.c. il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione; nella specie, la Corte di merito ha motivato congruamente la compensazione parziale delle spese processuali, facendo riferimento anche al consistente divario tra la somma richiesta e quella liquidata;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del Ministero del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

Sommario

IntestazioneFattoP.Q.M.

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