Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18158 del 05/08/2010

Cassazione civile sez. III, 05/08/2010, (ud. 09/04/2010, dep. 05/08/2010), n.18158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE di ALCAMO in persona del Sindaco pro tempore S.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VERONA 9,

presso lo studio dell’avvocato RICCARDO STEFANIA ANNA, rappresentato

e difeso dall’avvocato PITRUZZELLA GIOVANNI con delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

TRE M COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante Sig. D.

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PASUBIO 4, presso lo studio dell’avvocato D’ERRICO CARLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIRITORE ACHILLE con delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 692/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Terza Sezione Civile, emessa il 20/05/2005; depositata il 30/06/2005;

R.G.N.184/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/04/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato PENNISI VINCENZO (per delega Avvocato PITRUZZELLA

GIOVANNI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto con condanna

alle spese.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 30 giugno 2005 la Corte di appello di Palermo ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal Comune di Alcamo contro la sentenza del Tribunale di Palermo – sezione distaccata di Alcamo – del 20 ottobre 2004 e ha dichiarato la inefficacia dell’appello incidentale della TRE M. Costruzioni s.r.l. nel giudizio vertente tra le parti ed avente ad oggetto lo sfratto per morosita’ intimato dalla TRE M. al Comune per mancato pagamento di parte dei canoni dovuti per l’anno 2000 e nel corso del 2001, per l’importo complessivo di L. 292.921.620.

Avverso siffatta decisione, che dichiarava la inammissibilita’ dell’appello per difetto nella procura alle liti rilasciata dal Sindaco della autorizzazione della Giunta comunale, insorge il Comune affidandosi ad un unico articolato motivo, mentre gli altri motivi trascritti riguardano le censure svolte in appello sul merito della controversia.

Resiste con controricorso la TRE M. Costruzioni s.r.l..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va premesso che il presente ricorso non necessita dei quesiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., perche’ la sentenza impugnata e’ anteriore al 2 marzo 2006.

Nell’unico motivo, articolato in quattro profili, il Comune di Alcamo mostra di non condividere l’orientamento espresso da S.U. n. 10970/01 (ma gia’ S.U. n. 11064/92; S.U. n. 1325/96; S.U. n. 186/01), su cui si fonda la decisione impugnata e pone in rilievo che di recente le stesse Sezioni Unite, rivisitando il precedente indirizzo hanno statuito per la non necessita’ dell’autorizzazione della Giunta comunale al rilascio della procura alle liti da parte del Sindaco (p. 7 – 9 ricorso).

Al riguardo, osserva il Collegio che con le sentenze dal n. 12868/05 al 12872/05 le Sezioni Unite di questa Corte hanno risolto le questioni, considerate di particolare importanza, riguardanti la rappresentanza processuale dei comuni alla luce del nuovo ordinamento delle autonomie locali.

Le decisioni segnano un renvirement dell’orientamento precedente, fino ad allora prevalente e sono state seguite da Cass. n. 15228/06;

Cass. n. 29837/08.

Il problema, di cui le Sezioni Unite si sono occupate, concerneva:

a) se nel nuovo ordinamento delle autonomie locali la rappresentanza processuale del comune competa in via, L’esclusiva al sindaco per scelta inderogabile del legislatore statale e, piu’ specificamente, se lo statuto dell’ente locale possa prevedere, nel disciplinare i modi di esercizio della rappresentanza in giudizio dell’ente, che i poteri di rappresentanza processuale spettino in luogo del sindaco ai dirigenti o ad altri esponenti della struttura burocratico – amministrativa del comune;

b) se lo statuto rientri nel patrimonio di conoscenza legale da parte del giudice;

c) se l’autorizzazione della giunta comunale costituisca condizione di efficacia della costituzione in giudizio del comune.

Le risposte delle Sezioni Unite sono state nel senso che nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali lo statuto del comune – ed anche il regolamento se ad esso fa espresso rinvio lo statuto – puo’ legittimamente affidare la rappresentanza in giudizio ai dirigenti, nell’ambito del settore di loro competenza, in quanto espressione del potere di gestione loro spettante o anche ai dirigenti apicali dell’apparato burocratico – amministrativo.

Qualora tale previsione non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarita’ del potere di rappresentanza processuale, in base al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50 T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali approvato con il (p. 10 e p. 13 sent. n. 12868/05 cit.).

La conoscenza dello statuto del comune, il quale ha valore di atto normativo fondamentale dell’organizzazione dell’ente lente locale, che non incontra limiti se non nei principi espressamente connotati da inderogabilita’ (p. 11in motivazione sent. n. 12868/05 cit.) ed e’, quindi, atto a contenuto normativo di rango paraprimario o sub primario, essendo fornito della triplice forma di pubblicita’, entra a far parte della scienza ufficiale del giudice, il quale, applicando il principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., deve disporne l’acquisizione anche di ufficio e deve applicarlo nella fattispecie sottoposta al suo scrutinio, pur prescindendo dalle prospettazioni delle parti (p. 12 – 13, in motivazione sent. n. 12868/05 cit.).

Infine, in questo nuovo quadro delle autonomie locali, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce piu’ in linea generale atto necessario per proporre o resistere all’azione, a meno che lo statuto comunale, che e’ atto idoneo a stabilire le modalita’ di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (v. art. 6, comma 2 del T.U.) non preveda l’autorizzazione della giunta o non richieda una preventiva determinazione del competente dirigente o, ancora, di proporre l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia (p. 9 sent. n. 12868/05 cit., in motivazione).

Solo se la normativa autonoma statutaria contempli ipotesi del genere, allora l’autorizzazione della giunta comunale o la determinazione dirigenziale vanno qualificati e ritenuti atti necessari, stante la stessa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza (p. 16 – 17, sent. n. 12868/05, cit., in motivazione).

Applicando questi principi al caso in esame, si puo’ affermare che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Palermo in diversa composizione.

Infatti, la motivazione della decisione de qua e’ fondata sulla ritenuta necessita’ della autorizzazione della giunta comunale e sulla inesistenza in atti della copia dello statuto comunale (p. 2 sentenza impugnata).

Entrambi questi elementi, che hanno indotto il giudice dell’appello sulla base della superata giurisprudenza a dichiarare inammissibile l’appello, ora devono essere tenuti presenti e considerati, nel senso che, per quanto precisato dalle Sezioni Unite, il giudice del merito ( in questo caso, del rinvio) dovra’ acquisire di ufficio lo statuto comunale e, solo se in esso non e’ prevista alcuna autorizzazione della giunta comunale, dovra’ ritenere il sindaco titolare della rappresentanza processuale del Comune ed, in quanto tale, unico organo legittimato, nel caso in esame, a conferire la procura alle liti per il giudizio di appello.

Ne consegue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione si atterra’ al seguente principio di diritto:

“Nel nuovo quadro istituzionale e costituzionale delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non e’ atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, a meno che lo statuto comunale, che ha valore di norma fondamentale dell’ente locale e, in quanto tale, competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio, cosi’ come previsto dal testo unico delle leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 6, comma 2 non preveda l’autorizzazione della giunta.

Il detto statuto, che per le forme di pubblicita’, cui e’ sottoposto, a livello locale, affissione all’albo pretorio del Comune per trenta giorni consecutivi; a livello regionale con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regionale; a livello nazionale, con l’inserzione nella raccolta ufficiale degli statuti curata dal Ministero dell’Interno, che ne cura anche adeguate forme di ulteriore pubblicita’ D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 6, commi 5 e 6 T.U.) rientra nella scienza ufficiale del giudice, puo’ essere acquisito anche di ufficio dal giudice e se l’autonomia statutaria si sia indirizzata nel senso di prevedere l’autorizzazione della giunta comunale, questa autorizzazione e’ da considerare atto necessario, per espressa scelta statutaria ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza”.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2010

 

 

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