Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18155 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in Roma, via Lucrezio

Caro n. 62, presso lo studio dell’avv. CICCOTTI Simone, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, sez. 35^, n. 137 depositata il 19.2.2007;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che il contribuente propose ricorso contro l’avviso di accertamento irpef, con cui l’Ufficio, in relazione all’annualita’ 1998, aveva rettificato la plusvalenza riferibile a cessione di azienda, rideterminandola in funzione del valore venale del bene, all’atto della vendita, come definito nei confronti dell’acquirente ai fini dell’imposta di registro;

– che l’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello del contribuente, dalla commissione regionale;

– che, nel suo nucleo essenziale, la decisione dei giudici di appello e’ cosi’ motivata: “… il valore determinato dalla parte acquirente con l’Ufficio del Registro di Mestre, pur non avendo le caratteristiche di. atto esecutivo, ha tuttavia valenza di definitivita’ anche nei confronti della parte cedente, costituendo di conseguenza punto di riferimento di cui non si puo’ non tener conto nella determinazione del valore di cessione dell’azienda. In tale senso si e’ correttamente pronunciato il Primo Giudice con la sentenza qui impugnata.. .”;

rilevato:

che, avverso la sentenza di appello il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, deducendo “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 nonche’ del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 86, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 1 e 2 e art. 1309 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) nonche’ “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)”;

– che l’Agenzia ha resistito con controricorso;

osservato:

– che il primo motivo di ricorso e’ inammissibile, posto che la censura denunziata ed il quesito formulato non sono coerenti con il contenuto della doglianza, incentrata sulla mancata considerazione di vari rilievi posti a fondamento dell’impugnazione e, quindi, su vizio motivazionale censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– che il mezzo e’, peraltro, infondato, posto che la decisione impugnata (secondo cui il valore del bene definito con riguardo all’imposta di registro costituisce “punto di riferimento di cui non si puo’ non tener conto” ai fini considerati) non si pone in contrasto con il consolidato criterio secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria e’ legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale, realizzata a seguito di cessione immobiliare, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, e che e’ onere probatorio del contribuente superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di’ applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore (v.

Cass. 4057/07, 21055/05, 14448/00);

– che anche attraverso il secondo motivo vengono denunciate violazioni di legge, laddove si censurano, in concreto, asseriti vizi motivazionali e, peraltro, indebitamente sollecitando questa Corte ad un’inammissibile rivalutazione dei fatti di causa;

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c. (nonostante il diverso tenore della relazione:

cfr. Cass. 7433/09, 5464/09);

che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessi Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

 

 

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