Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18152 del 26/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18152 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ha pronunciato la seguente

già demaniale

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g.19677/11 proposto da:

Regione Autonoma della Sardegna ( c.f. 80002870923);
in persona del Presidente pro tempore Ugo Cappellacci; rappresentata e difesa dall’avv.
Alessandra Camba e dall’avv. Sandra Trincas; elettivamente domiciliata presso l’ufficio di
rappresentanza della Regione Sarda in Roma, via Lucullo n. 24, giusta procura a margine
del ricorso
– Ricorrente Contro

– Manuela UCCHEDDU ( c.f. CCH MNL 63E42 B354V);
– Maria Giuseppa SAU ( c.f. SAU MGS 41H49 L154U)
entrambe eredi di Pierino UCCHEDDU e la seconda già in giudizio in proprio
parti rappresentate e difese dagli avvii Massimo Ledda e Valentina Manca ed
elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avv. Stefano di Meo in Roma, via G.
Pisanelli n. 2, in forza di procura a margine del ricorso.
-Controricorrenti —

Data pubblicazione: 26/07/2013

Nonché nei confronti di:

-s.r.l. INIZIATIVE COIMPRESA ( c.f.
-Intimata —

avverso la sentenza n. 97/2011 della Corte di Appello di Cagliari, depositata il 21

Il Consigliere designato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio
redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:

“1 — PierMo Uccheddu e Maria Giuseppina Sau citarono innanzi al Tribunale di Cagliari
la Regione Autonoma della Sardegna e la s.r.l. Iniziative Coimpresa chiedendo che
venisse accertata e dichiarata acquisita per usucapione la proprietà di un fabbricato di
circa 129 mq sito in Cagliari e del circostante giardino pertinenziale, di circa 1000 mq,
insistente su terreni catastalmente intestati alla Regione ed alla società Iniziative
Coimp re s a.

2 – Contumace detta società, si costituì la Regione che eccepì la indeterminatezza
dell’oggetto della domanda e la sua infondatezza.

3 – L’adito Tribunale, con sentenza del 22 marzo 2005, respinse la domanda; la Corte di
Appello di Cagliari l’accolse, così riformando sul punto la gravata decisione, osservando:
che erroneamente il primo giudice aveva, dapprima ritenuto infondata l’eccezione di
nullità della domanda per indeterminatezza dell’oggetto — ritenendo gli immobili ben
individuati dalla documentazione prodotta e non dando di conseguenza ingresso ai mezzi
istruttori articolati per contrastare detta eccezione – , per poi accoglierla in sentenza ; che
del pari erroneamente era stato ritenuto che il rapporto dei coniugi Uccheddu con
l’immobile fosse iniziato come detenzione, basandosi il Tribunale sulla circostanza che
gli stessi, subentrati al precedente affittuario dell’immobile -di proprietà un tempo della
Marina Militare- avevano effettuato un mutamento dell’intestazione delle utenze
domestiche a proprio nome, non considerando però che la detta intestazione non
dimostrava affatto ed in modo univoco il riconoscimento del poziore diritto altrui alla

marzo 2011 e notificata il 13 maggio 2011.

luce, da un lato, della richiesta in nome proprio, dell’allaccio ad altre utenze e, dall’altro,
delle univoche risultanze delle prove testimoniali in merito ai lavori effettuati per la
manutenzione e ristrutturazione della casa e del giardino.
4 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Regione autonoma sulla base

madre, del defunto Pierino Uccheddu; la società Iniziative Coimpresa non ha svolto
difese.

IN DIRITTO
5 – Con il primo motivo viene denunziata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 164
cpc, sostenendosi che la sentenza del Tribunale, contrariamente all’assunto della Corte di
Appello, non aveva erroneamente identificato i confini applicativi della suddetta
disposizione, giudicando nulla la domanda per indeterminatezza dell’oggetto mediato: ciò,
sia perché non sarebbe stato vero che la decisione del primo giudice sarebbe stata
adottata sorprendendo le difese di controparte, pregiudicandole, atteso che i coniugi
Uccheddu avevano avuto il tempo di articolare i propri mezzi difensivi nelle note
autorizzate su detta eccezione; sia perchè, la contestazione di genericità — riguardante il
giardino- non poteva dirsi superata dai documenti prodotti, essendovi un contrasto tra i
dati catastali — oltretutto derivati da un’ unilaterale denunzia di variazione degli allora
attori- e la reale consistenza degli immobili, nonchè le dichiarazioni rese dall’Uccheddu in
udienza.

5.a — Detto mezzo non appare, a giudizio del relatore, fondato in quanto la valutazione
della completezza ed articolazione della domanda esposta in citazione rispetto ai canoni
di specificità indicati nell’art. 163 n.3 cpc costituisce oggetto di delibazione esclusiva del
giudice del merito che non è suscettibile di ulteriore scrutinio se partitamente esaminata e
congruamente valutata, come accaduto nel caso di specie; va altresì messo in evidenza che
il motivo in esame non fa valere un vizio del ragionamento del giudice di appello, a’ sensi
dell’art. 360, I comma n.5 cpc.

di due motivi; hanno resistito la Sau e la figlia Manuela Uccheddu, erede, al pari della

6— Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione “degli artt.
1158 e segg. coc. civ.” lamentando che gli Uccheddu fossero riusciti a provare la
interversione del possesso ; al contrario parte ricorrente sostiene che non sarebbe stata
data dimostrazione della manifestazione nei confronti del proprietario del mutamento di

situazione di vantaggio determinata dalla materia disponibilità dei beni ed una particolare
volizione interna al riguardo.
6.a — A supporto argomentativo del mezzo la Regione fa rilevare, da un lato, l’ambigua
valenza della domanda di voltura delle utenze idriche e la non affidabilità delle
testimonianze , dall’altra la inutilizzabilità -al fine di dimostrare la condotta, anche
formalmente oppositiva, valevole per l’instaurarsi di una situazione di possesso – del
frazionamento operato dai medesimi attori su propria domanda e, per altro verso, la
conclusione, contraria all’assunto degli attori, che sarebbe stata da trarre dalla richiesta di
concessione di una utenza idrica fatta al Comune di Cagliari, in cui espressamente si
affermava che l’immobile era della Marina Militare.
6.b — Il motivo, a giudizio del relatore, non può dirsi idoneo a commettere alla Corte il
riscontro del vizio di cui all’art. 360, comma I n.3 cpc, in quanto, sotto la denunziata
violazione di legge, in realtà si fa valere un vizio di motivazione in quanto si chiede in
sostanza che, in sede di legittimità, venga esperito un novellato esame delle stesse
emergenze istruttorie che avevano formato oggetto di analisi da parte del giudice
dell’appello, senza dunque sindacare la sufficienza, o la concludenza rispetto alle
premesse, del procedimento logico seguito dal giudice dell’appello; se ne deve concludere
che non sono stati offerti spunti di riflessione critica per abbandonare l’indirizzo
interpretativo di questa Corte in forza del quale spetta solo al giudice di merito
individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee
a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova,

gestione degli immobili , dovendo, al più, dirsi provata una situazione di abuso della

mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare
autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo
logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice
del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti ( così Cass. Sez. I n. 10657/2010)

Se verranno condivise le suesposte argomentazioni, il ricorso è idoneo ad esser

trattato in camera di consiglio per esser quivi dichiarato manifestamente infondato.”

8

La suddetta relazione è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero;

ritiene il Collegio di poter aderire alle conclusioni esposte in essa, non essendo state
articolate successive difese — mediante memorie illustrative- né esposte in sede di
adunanza collegiale del 6 giugno 2013 — alla quale la ricorrente non ha partecipatodifferenti valutazioni che potessero fornire spunti per una diversa decisione.

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La ripartizione delle spese segue la regola della soccombenza secondo la

quantificazione indicata in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese in favore delle
controricorrenti, liquidandole in complessive 2.700,00 di cui curo 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 06/06/2013, nella camera di consiglio della VI sezione della
Suprema Corte di Cassazione.

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