Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18152 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Balivi

n. 8, presso lo studio dell’avv. BROZZI Alessandro, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, sez. 28^, n. 177, Tributaria Regionale del

Lazio, depositata il 18 settembre 2008;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

udito, per il contribuente l’avv. Alessandro Brozzi;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale PRATIS

Pierfelice che ha concluso, in adesione alla relazione, per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che il contribuente propose ricorsi avverso avvisi di accertamento per irpef, iva ed irap relative agli anni dal 1999 al 2001, motivati in funzione del rilievo che i bassi redditi dichiarati contrastavano con la logica d’impresa, in considerazione del. fatto che gli stessi non apparivano conferenti in riferimento alla retribuzione media lorda di un addetto dipendente del settore, ed, altresi’, con la capacita’ di consumo manifestate dal contribuente attraverso la disponibilita’ di due autovetture e l’acquisto di un appartamento;

– che l’adita commissione tributaria, riunitili, respinse i ricorsi, con sentenza confermata, in esito all’appello del contribuente dalla commissione regionale;

rilevato:

che, avverso la decisione di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi;

– che l’Agenzia ha resistito con controricorso;

osservato:

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente ha dedotto “nullita’ della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) in combinato disposto con gli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c.; nullita’ della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per insufficienza, della motivazione su punto decisivo della controversia” ed ha posto il seguente quesito di diritto “…

se, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) in presenza di dichiarazioni fiscali e contabilita’ del contribuente non verificata e non contestata dall’Ufficio, legittimi l’accertamento Induttivo di attivita’ non dichiarate e quindi di maggiori redditi d’impresa, in difetto di presunzioni di accertamento fiscale, eseguito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, ultima parte, lett. d), la prova di maggior reddito per anni diversi da quello in cui sia stata accertata e contestata una violazione fiscale nei confronti del contribuente, per presunzioni gravi, precise e concordanti, possa dirsi formata, nell’ipotesi in cui, l’Agenzia delle Entrate contesti al contribuente, a fronte di un reddito dichiarato e dall’Ufficio ritenuto non veritiero, esclusivamente il possesso della prima casa di abitazione e di un’autovettura, entrambi beni di modesto valore;

considerato:

– che la doglianza non ottempera alle prescrizioni imposte, a pena d’inammissibilita’, dall’art. 366 bis c.p.c.;

– che – in disparte la questione della legittimita’ di un unico motivo di ricorso articolato in una pluralita’ di quesiti – deve, infatti, osservarsi che le SS.UU. di questa Corte sono chiaramente orientate a ritenere che ognuno dei quesiti formulati, per ciascun motivo di ricorso, deve consentire l’individuazione del principio di diritto che e’ alla base del provvedimento impugnato e, correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di-Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso (giacche’, in mancanza di tale articolazione logico- giuridica, il quesito si risolverebbe in un’ astratta petizione di principio, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio ad opera della Corte, in funzione nomofilattica); e, dall’esposta premessa, inferiscono che il quesito non puo’ consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero (come nel caso di specie) nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura cosi’ come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve risolversi in sintesi logico – giuridica della questione idonea a far comprendere alla Corte l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare, sicche’ – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non puo’ essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08);

– che la doglianza e’, peraltro, infondata, posto che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte da cui non vi e’ motivo di discostarsi, la rettifica della dichiarazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e’ consentita (con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente), pure in presenza di’ contabilita’ regolare, giacche’ la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti (specificamente: la gestione antieconomica dell’impresa e la capacita’ di consumo del contribuente) che facciano dubitare della completezzza e fedelta’ della contabilita’ esaminata (cfr. 951/09, 21536/07, 24532/07);

osservato:

che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente ha dedotto “nullita’ della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per error in procedendo e violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sui motivi del ricorso in appello. Nullita’ della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 per violazione del D.P.R. n 600 del 1972, art. 42 in combinato disposto con il D.P.R. n. 212 del 2000, art. 7 e con il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38; per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55; per violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 18” ed ha posto il seguente quesito: “…se sia ravvisatile la violazione dell’art. 112 c.p.c. nell’ipotesi in cui la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che definisce il giudizio di appello, ometta di esaminare ognuno dei motivi di ricorso proposti dal ricorrente, ed invece di fornire la motivazione del rigetto di ciascun motivo di ricorso, dichiari infondato il gravame con motivazione unica, generica e non riferibile ai singoli specifici motivi di impugnazione”;

considerato:

che – in disparte carenze sul piano dell’autosufficienza attesa la genericita’ della censura – esso non ottempera alle prescrizioni di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, stabilisce che “insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilita’: … d) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali .il ricorso si fonda” (nella specie: l’atto di appello recante i motivi d’impugnazione asseritamente non esaminati), imponendo un onere che questa Corte ha evidenziato dover essere necessariamente osservato entro quello stesso termine (di venti giorni dalla notificazione del ricorso alle controparti), che l’art. 369 c.p.c., comma 1, fissa per il deposito del ricorso in Cancelleria (cfr. Cass. ss. uu. 24747/09, 24940/09, 2855/09, 28547/08 e 21080/08);

ritenuto:

– che, pertanto, il ricorso del contribuente si rivela manifestamente infondato, sicche’ va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 600,00 (di cui Euro 500,00 per onorari oltre spese generali, contributo unificato ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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