Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18148 del 26/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18148 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PICCIALLI LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso 15275-2011 proposto da:
PUPPO ROBERTO PPPRRT51C09Z514X, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA RIBOTY 26, presso lo studio dell’avvocato
MIRAGLIA ANNA CATERINA, rappresentato e difeso
dall’avvocato TREZZA GIUSEPPE, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
FALLIMENTO EREDI DI SALVATORE PICCOLO SNC DI
PICCOLO FRANCESCO E PICCOLO MARIA & C.
– intimato avverso il provvedimento R.G. 195/2010 del TRIBUNALE di
LAGONEGRO, depositato il 05/05/2011;

Q-34

Data pubblicazione: 26/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Giuseppe Trezza che si riporta agli
scritti e chiede la decisione anche nel merito.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SERGIO

DEL CORE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 15275 sez. M2 – ud. 06-06-2013
-2-

r.g. 15275.11

FATTO E DIRITTO
Si riporta di seguito la relazione preliminare ex art. 380 bis c.p.c.
“L ‘avv. Roberto Puppo, avendo difeso il fallimento in epigrafe in una causa di opposizione
allo stato passivo,proposta dalla società S.Paolo Banco di Napoli s.p.a.,che aveva contestato

sentenza n. 48/2010 del Tribunale di Lagonegro, con condanna del ‘opponente al pagamento
della metà delle spese,per tale quota liquidate in 1.589,50 per diritti + 6 2.070,00 per
onorari ,oltre accessori di legge ,e per il resto compensate),chiese,per il tramite del
curatore, al giudice delegato al fallimento la liquidazione delle proprie spettanze, che con
decreto in data 7.10.10,a fronte di una richiesta di gran lunga superiore correlata al valore
della rigettata domanda,furono liquidate nella medesima misura di cui alla citata sentenza.
A seguito ed in parziale accoglimento del reclamo ex art. 26 L. F. dell’avv. Puppo il suddetto
Tribunale, con decreto del 5 maggio 2011, liquidò al professionista la somma di complessivi
64.430,35 (di cui 1.976,00 per diritti e 2.440,00 per onorari), oltre spese generali,I.V.A e
C.A.,tra l ‘altro e per quanto ancora rileva in questa sede, ritenendo la controversia di valore
indeterminabile,anziché determinato in relazione all’importo della domanda, in
considerazione sia della totale reiezione della stessa,sia della circostanza che il C.TU,come
rifèrito in una comparsa conclusionale, aveva “rilevato l’esistenza di un credito del debitore
di €230.567,64”.
L ‘avv. Puppo ricorre contro tale provvedimento con due motivi,deducenti violazione degli
artt. 6 della tariffa forense di cui al D.M n 585/04,dell’art. 10 c.p.c. e contraddittorietà della
motivazione.
Non resiste la curatela del fallimento intimato.
Ad avviso del relatore il ricorso è manifestamente fondato.

1

la mancata ammissione di un proprio credito di e 349.149,23 (opposizione rigettata con

Premesso che una controversia può ritenersi di valore indeterminabile soltanto nei casi in
cui il bene o le prestazioni oggetto della domanda non si prestino ad una valutazione
economica (v. Cass. nn. 3024:11,7757.98),mentre ai fini della determinazione del valore
nelle cause ad oggetto di crediti deve aversi riguardo all’importo dichiarato degli stessi
(v.,tra le altre,Cass.n. 16318.11) e che il ridimensionamento del valore della

6 co. 2 e 4 della tariffa giudiziale civile di cui al D.M 585/94,è consentito al giudice soltanto
nei casi in cui esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di
procedura civile, tenuto conto dei valori dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle
parti,palesemente illogici o, comunque, incomprensibili risultano i criteri al riguardo seguiti
dal tribunale,considerato:a) che la domanda di ammissione al passivo era di importo ben
preciso, b) che,quand’anche il valore effettivo della controversia fosse stato minore, in
quanto corrispondente a quello indicato dal C.TU e riferito nella comparsa conclusionale
,si sarebbe trattato comunque di una causa di valore determinabile, in concreto nella minore
misura accertata, ipotesi che avrebbe dovuto semmai condurre all’applicazione dello
scaglione immediatamente inferiore a quello dedotto dal professionista sulla base del
petitum c) che la totale reiezione della domanda, di per sé sola ed in assenza di alcun
concreto elemento desumibile dalla comparazione degli opposti interessi delle parti, non
può costituire un elemento per il ridimensionamento del valore della stessa ai sensi dell’art.
6 co. 4 cit.
Si propone,conclusivamente,l’accoglimento del ricorso.
Roma 30.7.2012
Tanto premesso,i1 collegio,dato atto della mancanza di osservazioni di parte o del P.G.,ritiene
pienamente condivisibili le argomentazioni esposte dal relatore e,tuttavia,l’impossibilità di
poter accedere alla richiesta del difensore di parte ricorrente di provvedere nel merito in
questa sede ex art. 384 co.II u. p.c.p.c.,tenuto conto dei margini discrezionali di liquidazione
2

controversia, agli effetti della liquidazione degli onorari a carico del cliente, ai sensi dell’art.

delle spettanze,pur nell’ambito degli scaglioni tariffari di valore,implicanti l’esercizio di un
potere riservato al giudice di merito.
Il ricorso va,pertanto,accolto,cassandosi l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di
provenienza,in diversa composizione,cui si demanda anche il regolamento delle spese del
presente giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il ricorso,cassa l’ordinanza impugnata e rinvia,anche per le spese del
presente giudizio,a1 Tribunale di Lagonegro,in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2013.

P.Q,M

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