Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18145 del 15/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 15/09/2016, (ud. 22/04/2016, dep. 15/09/2016), n.18145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7147/2015 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 43,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 50802/11 della CORTE D’APPELLO di ROMA

dell’01/12/2014, depositato il 30/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato il 1 febbraio 2011, dinanzi alla Corte d’appello di Roma, P.D. chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per la irragionevole durata del giudizio amministrativo promosso dinanzi al TAR Campania – sez. di Napoli, introdotto il 7 ottobre 1993, nel quale non era stata presentata istanza di prelievo, e che si era concluso in primo grado con pronuncia del 17 gennaio 2001, e in appello con decreto di perenzione del 9 novembre 2010;

che la Corte d’appello riteneva improponibile la domanda di equa riparazione per mancata presentazione, nel giudizio amministrativo presupposto, dell’istanza di prelievo, che ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, come modificato del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 3, comma 23, all. 4, costituiva condizione di proponibilità della domanda di equa riparazione per i giudizi amministrativi pendenti alla data del 16 settembre 2010, anche per il periodo anteriore alla presentazione;

che per la cassazione del decreto P.D. ha proposto ricorso sulla base di due motivi;

che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, della L. n. 89 del 2001, art. 2, della L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, assumendosi che, il giudizio presupposto si era in realtà esaurito prima del 16 settembre 2010, con l’avviso di perenzione del 12 luglio 2010, al quale non aveva fatto seguito l’istanza di fissazione d’udienza;

che con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 91 e 92 c.p.c. e si contesta la condanna del ricorrente alle spese, in considerazione del comportamento processuale della parte, e della inerzia del giudice adito nel giudizio presupposto;

che le doglianze sono infondate in quanto l’avviso di perenzione non conclude il giudizio amministrativo, essendo evidente dalla stessa definizione di “avviso” che si tratta di atto intermedio, la cui funzione consiste nel richiamare l’attenzione delle parti sull’attualità dell’interesse alla decisione e di manifestarlo (ex plurimis, Cass., sez. 1, sentenza n. 6619 del 2010);

che, venuta meno tale argomentazione, risulta immune da censure la decisione della Corte d’appello, che ha dichiarato improponibile la domanda di equa riparazione per mancata presentazione dell’istanza di prelievo, in quanto alla data del 16 settembre 2010 il giudizio amministrativo presupposto non era ancora concluso (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sentenza n. 3740 del 2013);

che la statuizione di condanna alle spese è pienamente giustificata dall’esito della lite, che ha visto la soccombenza del ricorrente;

che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;

che risulta dagli atti che il processo è esente dal pagamento del contributo unificato, e pertanto non trova applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 500,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2016

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